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venerdì, Aprile 19, 2024

La storia di don Luigi e della nascita del museo etnografico di S. Pellegrino diventa uno spettacolo teatrale

A Forte dei Marmi, sabato 6 agosto alle 21.15 nel Parco delle Suore Canossiane, ritorna “Il Teatro racconta la Spiritualità” con la rappresentazione dello spettacolo “Un prete, due santi, un confine e 4000 pezzi unici storia di un museo etnografico” di e con Elisabetta Salvatori. Ingresso libero. Durante la serata saranno raccolte offerte per l’associazione Auser Verde Soccorso Argento di Forte dei Marmi che collabora con il Comune per tutte le attività rivolte alle famiglie più bisognose.

Il progetto, giunto alla quarta edizione, dedicato al tema del sacro e della spiritualità è organizzato dall’amministrazione comunale con il fine di invitare cittadini e turisti a riflettere, attraverso il linguaggio teatrale su questi importanti temi ha ricevuto negli anni passati un importante gradimento da parte del pubblico.

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“‘Un prete, due santi, un confine e 4000 pezzi unici storia di un museo etnografico’ è una storia dove si incastrano tante storie: destini, mestieri, misteri, voci, viaggi. Tutto il racconto ruota intorno al tema della memoria di San Pellegrino in Alpe, un paese in Garfagnana dell’appennino tosco emiliano, ma soprattutto di un epoca, gli anni ’60 e del cambiamento che percorse e riguardò tutti i paesi. Poche case, su un unica strada. Non c’è quasi niente oltre il verde e la natura, solo un grande edificio scarno che è lì dal medio evo. E’ il santuario dove riposano due santi: san Pellegrino e san Bianco. Nel dopo guerra un giovane prete venne mandato lassù, ha la stessa età e la stessa testa dura di don Milani. Due preti che non stanno chiusi in sacrestia. Uno sui monti, nel nulla, ci fece una scuola, l’altro un museo”.

Don Luigi Pellegrini, parroco di San Pellegrino dal 1948 al 1990 e dal 1964 anche del vicino paese di Chiozza, con tanta modestia e coraggio e con il solo aiuto di alcuni giovani del territorio, raccolse oggetti di cultura materiale del Centro Italia, che coprono un arco di tempo che va dall’inizio del XIX ad oggi, allo scopo di testimoniare aspetti ormai quasi completamente scomparsi della civiltà rurale della Valle del Serchio e dell’Appennino tosco-emiliano.

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