Martedì scorso si è svolta l’assemblea generale annuale dei delegati della Confartigianato Imprese Lucca, presso la sala riunioni dell’associazione a Lucca. Nei loro interventi la presidente Michela Fucile e il direttore Roberto Favilla hanno analizzato la congiuntura che stanno affrontando le piccole e medie imprese, evidenziando le problematiche e indicando le possibili strade da seguire.
A livello locale entrambi si sono soffermati sul ballottaggio di domenica per eleggere il nuovo sindaco di Lucca. Michela Fucile ha chiesto che chi vincerà “si faccia carico di rilanciare l’economia della nostra provincia avendo un occhio di riguardo per coloro che rappresentano la spina dorsale del nostro Paese, le piccole imprese”. Invece Favilla ha invocato una serie di provvedimenti: “Semplificazione per chi vuole intraprendere una nuova attività con controllo ex post invece che ex ante; rivedere le aliquote per l’applicazione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti che grava troppo sulle imprese; consultare e ascoltare con maggiore frequenza le associazioni di categoria su problemi che riguardano le aziende direttamente, ma anche indirettamente; trasformare il Comune, sentito da molti come controparte, in ‘casa del cittadino’ dove chi ci lavora ti aiuta anche a trovare le soluzioni alle esigenze manifestate; riavvicinare i cittadini alla politica dando evidenza degli atti adottati dall’Amministrazione che devono essere presi con la massima trasparenza valutando gli effetti che questi possono avere sulle persone, ma anche sulle imprese”.
“In questo periodo – ha affermato nella sua relazione la presidente, Michela Fucile – , lungo ed inaspettato di grande incertezza per il presente ed il futuro, la coesione del Paese si deve in gran parte al fatto che le migliaia di comunità territoriali sono state tenute assieme anche grazie alla presenza ed al contributo della piccola impresa diffusa e dei sistemi associativi. E questo ci è riconosciuto. Le imprese a conduzione femminile hanno sofferto più delle altre le conseguenze economiche della crisi pandemica, per le difficoltà di conciliare impresa e famiglia. In questo senso vanno adeguatamente sostenute anche creando le condizioni per una reale condivisione dei ‘lavori di cura’. La sfida è evitare di costruire un mondo ancora più verticalizzato, in cui l’artigianato e la micro e piccola impresa vengano visti come un passato che non vuole passare”.
Quanto all’associazione, “vogliamo essere la ‘Confartigianato delle Imprese Sostenibili’. Prima di tutto come protagoniste dell’Economia circolare, nella quale la piccola impresa ha il primato, sia numerico, sia culturale. Il 66% delle piccole imprese italiane sono da tempo impegnate in azioni green finalizzate a ridurre l’impatto ambientale delle loro attività. Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza abbiamo l’occasione, imperdibile e irripetibile, di cambiare ciò che non va e dare sviluppo al Paese. Chiediamo di fare leva sui punti di forza del sistema Italia, puntando sulle micro e piccole imprese che rappresentano il 94% del sistema produttivo e di cui vanno sostenute la vitalità e la capacità di produrre valore, considerando che contribuiscono a fare dell’Italia la seconda manifattura d’Europa dopo la Germania. Paghiamo troppe tasse, quasi 18 miliardi in più rispetto alla media dell’Eurozona, e in modo troppo complicato. Abbiamo una pressione fiscale più alta di 1 punto di PIL rispetto all’Europa. La tassazione sul lavoro è del 43,8%, quasi sei punti in più in confronto alla media europea. Eliminare adempimenti oggi è possibile – ha concluso la presidente – : con la fatturazione elettronica il fisco ha perfetta conoscenza delle relazioni economiche e possibilità di controllo, quasi in tempo reale, sulle imprese”.
“La rete dati nel nostro Paese è penosa, va un po’ meglio al Nord ove è più performante – ha evidenziato il direttore Roberto Favilla – . Per far questo occorre sostenere le aziende che devono dotarsi di capacità informatiche ed ICT, software e hardware e per tante imprese saranno investimenti pesanti per cui è necessario aiutarle. Strettamente collegata a questi passaggi, c’è la necessità di assumere laureati che si occupino di queste tematiche. Ecco dunque la necessità di supportare quelle imprese che sono disposte a rischiare qualcosa per rendere meno gravoso il cambiamento e questo è il fulcro del Pnrr: venire incontro alle imprese nell’investire in un processo di transizione digitale sovvenzionando una parte del costo perché non tutto gravi sulle loro spalle. Guardate che con il Pnrr tutti sono coinvolti, le stesse Università con la formazione delle persone anche se saranno maggiormente interessati i corsi di laurea ad indirizzo tecnologico/scientifico. Saranno questi i soggetti che aiuteranno le imprese nella riconversione del personale”.
“Certo – ha proseguito Favilla – , gli effetti non si vedranno subito, ma nel medio lungo termine. Questa è la strada che le nostre imprese dovranno percorrere per affrontare le sfide dei nuovi mercati ed evitare ‘l’invecchiamento’ dei macchinari e delle persone. Naturalmente non ci riferiamo ad un invecchiamento anagrafico, ma al rimanere ancorati a modelli produttivi superati, alla mancanza di aggiornamenti sull’impiego dei macchinari”.
Il direttore si è poi soffermato sugli scenari dell’economia: “Il conflitto russo-ucraino ha sensibilmente aumentato la criticità delle forniture già manifestatesi durante la pandemia, con forti aumenti dei prezzi di alcune materie prime e con crescenti ritardi nella logistica delle merci che ostacolano la regolare operatività delle imprese. Ma le ripercussioni economiche non sono certo limitate a questo fattore o alla contrazione delle esportazioni verso i paesi dell’Est. Ci sono le problematiche legate all’approvvigionamento di petrolio, del gas con rincari del 100% delle bollette. In alcuni casi sono aumenti ingiustificati ma che impattano, pesantemente, sulla gestione delle nostre imprese. Insomma la guerra ha aggravato una situazione di per sé già critica anche se, dopo l’emergenza covid si intravedevano segnali di ripresa e di aumento del PIL. Ciò ha fatto sì che molte nostre imprese hanno la concreta paura di dover cessare l’attività lavorativa. Si è in sostanza instaurato un clima di incertezza. Ma gli artigiani non vogliono come è stato fatto l’anno passato, ‘ristori’, perché la loro attività è stata chiusa per un certo periodo, in quanto questi sono interventi spot, mentre per un vero rilancio dell’Artigianato occorrono interventi strutturali, di più largo respiro”.