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sabato, Novembre 23, 2024

Per un digitale sempre più umano. Un’analisi della nuova normalità creata dal dialogo fra uomo e tecnologia

La tecnologia non è un prodotto fine a se stesso, ma l’origine di una serie di cambiamenti che toccano uno spettro ampio della società. Occorre quindi guardare alla tecnologia non come un serie di processi pericolosi ma come una possibilità, il cui impatto nel nostro quotidiano dipende dalla nostra capacità di saperla gestire, padroneggiare, vivere. La problematica viene affrontata sul  prossimo numero di “Leasing Time Magazine”, il mensile di economia, finanza e cultura diretto da Gianfranco Antognoli.  Nell’articolo – intitolato “Per un digitale sempre più umano. Un’analisi della nuova normalità che ci attende, una normalità in cui salute, lavoro e benessere personale sono sempre più frutto del dialogo sano tra uomo e tecnologia” – Francesco Tamagni e Virginia Ghisani spiegano come uomo e digitale possano avvicinarsi, ibridarsi e crescere.   

La nuova quotidianità che ci troviamo a vivere – nuova perché frutto di fenomeni inattesi – rende necessario un sostanziale cambio di approccio rispetto ai temi del digitale e ai processi di digital transformation. Sotto certi punti di vista, ritornare su questi argomenti potrebbe risultare controproducente: troppo è stato detto e scritto, sotto ogni luce, in ogni contesto, e molto è stato fatto, con esiti però non sempre coerenti o soddisfacenti. Cosa potremmo aggiungere? I cambiamenti imposti dalla pandemia, la rapida ripresa che ha fatto seguito e poi oggi le preoccupazioni e l’incertezza legati al conflitto russo-ucraino hanno già riparametrato (e lo stanno facendo ancora) la scala gerarchica delle nostre priorità, restituendo alle persone un nuovo panorama in cui vita, lavoro, interessi personali e legami sociali sono da riscoprire quando non da ricostruire secondo prospettive finora inedite. In questo scenario diventa evidente come una contrapposizione, o anche solo un’alternanza, tra “digitale” e “umano” vada velocemente superata a fronte di un’integrazione strutturale dei due concetti che devono necessariamente trovare una sintesi, una fusione che colga il meglio di queste due sfere, aprendo la strada di un modo diverso di interagire con il mondo e la società in cui viviamo.

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Ma come ce lo immaginiamo, questo futuro? Potrebbe essere un luogo in cui siamo al tempo stesso attori e spettatori del cambiamento in atto, in cui bilanciare la necessità delle persone di ritrovare il contatto fisico ma rispettando al contempo quello spazio sempre più privato creatosi negli ultimi due anni. Le persone al centro ma in un dialogo con la tecnologia non più faticoso e tormentato, quanto necessario e proficuo, di crescita. Un dialogo a cui certo le aziende non possono assistere passivamente, anzi. Sono proprio queste ultime a dover veicolare in qualche modo il sempre più fitto dialogo tra spazio privato e pubblico, tra umano e tecnologico. Se prima l’interazione tra sfera umana e tech era intangibile, ora possiamo vedere chiaramente i contorni e l’influenza che questo rapporto ha sulle nostre vite.

In questo panorama acquisiscono, come detto, sempre maggiore importanza i miglioramenti tecnologici che toccano tanto la realtà virtuale quanto l’intelligenza artificiale; entrambi gli aspetti possono concorrere alla costruzione di vite maggiormente “smart”, sicure e produttive, ma sempre salvaguardando la salute delle persone. Certo, non tutti hanno previsioni positive rispetto al progresso che ci attende, ma tanto i più negativi tra gli esperti quanto i fautori di un cambiamento dal volto felice concordano, in larga maggioranza (parliamo di circa l’86% dei presi in considerazione), che l’evoluzione digitale continuerà a crescere come la linea impercettibile che unisce lo yin e lo yang.

A titolo di esempio potremmo citare l’emergere di fenomeni come l’IoMT (Internet of Medical Things) che attraverso wearable devices dotati di sensori permettono un monitoraggio in real time della salute dei pazienti, intervenendo su abitudini alimentari e stili di vita. In questo contesto umano/tecnologico un ruolo centrale viene acquisito dalle aziende, queste ultime hanno il compito di porre attenzione alle necessità delle proprie persone, possibilmente lavorando sui dati senza dimenticare gli aspetti legati alla sostenibilità. Secondo uno studio del Pew Research Center la nostra prossima normalità sarà sempre più data driven, con enormi sfide da affrontare che vanno dal radicale cambiamento nelle relazioni sociali, a nuove forme di servizi alla persona, fino a nuove professionalità e modalità di apprendimento. Anche a livello istituzionale, una parte importante di esperti e addetti ai lavori sostiene che gli anni che ci attendono saranno segnati da nuove riforme volte ad adeguare gli standard normativi in materia di giustizia razziale e di equità sociale, con una qualità della vita delle famiglie e dei lavoratori sempre più legata alla flessibilità sul luogo di lavoro in termini di tempo e luoghi. Salute, lavoro, relazioni, sono soltanto alcuni dei campi in cui il dialogo tra scienze, tecnologia e sfera umana segna uno spazio d’evoluzione rinnovato.

Vorremmo soffermarci ora su due ambiti profondamente impattati da questo nuovo corso evoluzionistico: il lavoro (skill, ruoli, processi, ecc.) e la formazione, nella sua evoluzione sia accademica che professionale.

Il lavoro come non lo conoscevamo

Uno studio recente del McKinsey Global Institute (“The future of work after Covid-19”) rivela come il mondo del lavoro potrebbe virare verso forme ibride, fatte di mix di competenze che fondono tradizione e innovazione. Le aziende hanno necessità di avere al proprio interno persone con skills eterogenee, capaci di gestire le tecnologie avanzate adottate durante il periodo pandemico: una strada utile a ridurre costi e tempo. Se è vero, come riporta la ricerca, che due terzi dei dirigenti ha dichiarato di aver intensificato gli investimenti sull’Artificial Intelligence e sull’automazione, il risultato è quello di una profonda accelerazione e l’aumento di richieste di competenze trasversali che vanno dalla comunicazione all’organizzazione, dalla gestione delle relazioni aziendali fino al problem solving e alle capacità decisionali oltre che di leadership. Parliamo di figure professionali a cui è necessariamente richiesto un giusto mix di digital e soft skill. Sempre secondo il McKinsey Talks Talent emergono chiaramente le possibilità di supporto al mondo del recruiting che possono nascere grazie proprio all’Intelligenza Artificiale. Per quanto possa suonare controintuitivo, rendere le risorse umane maggiormente tecnologiche e digitali sarebbe l’unica strada da percorrere, soprattut to per favorire la tanto sbandierata inclusione nei processi di recruiting. Secondo alcuni studi accademici, ad esempio, donne e uomini tendono a rispondere ad annunci di lavoro strutturati in maniera diversa. L’utilizzo di dati e analytics favorisce la costruzione di offerte di lavoro capaci di attirare candidati di qualunque genere. È la tecnologia, quindi, a fare ancora una volta da guida. Anche i dati più recenti rivelano in maniera chiara quanto sia sempre più importante per i professionisti italiani avere un livello di preparazione adeguato in ambito tecnologico e STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Tra le competenze lavorative considerate fondamentali – già possedute o da raggiungere attraverso corsi di aggiornamento – sono largamente richieste sia quelle in ambito tecnologico e di coding (15%); nei social media (12%), nel web design (11%) e per tutto ciò che riguarda i data analyst (10%). Francesco Tamagni e Virginia Ghisani, Partner di Key2people hanno messo in luce alcune importanti evoluzioni nel perimetro delle competenze dei profili executive con cui normalmente si interfacciano e lavorano.

“Nell’ultimo periodo abbiamo osservato una significativa accelerazione nell’affermarsi di ruoli professionali capaci di convogliare nel loro perimetro le competenze tecniche, manageriali e un Digital Mindset molto evoluto per dare vita a percorsi di innovazione efficaci e concreti” commenta Francesco Tamagni, riferendosi ad un trend che interessa quasi tutti i settori e larga parte delle funzioni aziendali.

Aggiunge Virginia Ghisani: “Stanno gradualmente emergendo dinamiche di valorizzazione degli elementi attitudinali della persona, come fattore di espressione di un reale talento che si realizza solo come convergenza tra la preparazione tecnica e sensibilità personale”.

Queste considerazioni mettono in evidenza non solo la centralità dell’individuo nell’evoluzione di quasi tutti i processi aziendali, ma soprattutto come il digitale e la tecnologia possano rappresentare fattori centrali nell’accelerazione del business, solo a condizione che incontrino sensibilità, attitudini e “soft skill” messe in gioco con intelligenza.

Educare e apprendere: la strada per crescere

Educazione al nuovo, quindi, a nuove strade digitali e nuove forme tecnologiche. Ma quando parliamo di educazione parliamo di un tema generale che ha bisogno di individuare una sfera precisa per ogni tipologia di apprendimento, apprendimento che varia a seconda delle fasi della vita di un essere umano. Un esempio concreto di educazione al digitale lo fornisce H-Farm, un hub internazionale in cui studenti, startupper, imprenditori e professionisti convivono e si contaminano l’un l’altro, puntando a comprendere i processi di trasformazione digitale in atto e diventare leader informati sui cambiamenti di domani. Il progetto di H-Farm nasce nel 2005 da Riccardo Donadon, imprenditore veneto che ha dato vita al progetto: “Ho pensato e costruzione delle iniziative imprenditoriali nell’ambito digitale. Iniziative che ci hanno consentito di capitalizzare la nostra esperienza e aiutare i ragazzi a ottenere ottimi risultati”.

Oggi, ad esempio, H-Farm offre una formazione completa ai propri studenti: dalla scuola primaria ai master universitari, coprendo appunto fasi diverse della vita delle persone, aiutandole a formarsi in maniera continua secondo il proprio range d’età. Perché apprendere è come uno sport che allena la mente, non si conclude con una fase precisa del nostro cammino, cambia e prosegue, piuttosto, con modalità di allenamento sempre differenti. Educare le odierne e future generazioni con questo tipo di approccio porta inevitabilmente a colmare il gap di competenze tra human e digital. Comprensione, dialogo, adattamento della tecnologia alle necessità della sfera umana si rivela il segreto per una convivenza proficua. Fiducia nei giovani, quindi, unita a una costanza nello studio e nell’aggiornamento necessari per rimanere al passo dei cambiamenti di un mondo sempre più veloce e rapido nel suo modificarsi.

Se in H-Farm “L’uomo è al centro di tutto”, con la H che sta per Human, perché sono le persone a fare la differenza molto di umano vive anche in quello che fa Key2people, che tra le proprie competenze e ruoli ricoperti nel settore d’impresa ha anche quello di accompagnare figure di alto profilo professionale nella gestione dei processi di cambiamento globale tramite diverse modalità di intervento formativo. Si tratta di percorsi di apprendimento che mirano per lo più ad aumentare la comprensione e la familiarità di programmi funzionali a che sarebbe stato interessante riuscire a costruire una piattaforma che potesse aiutare i giovani a cogliere tutte le opportunità che ci sono oggi nel digitale. Anzi, che c’erano in quel momento. Secondo Donadon “H-Farm, infatti, nasce con l’intento di favorire la nascita di nuove iniziative ponendo l’uomo al centro di ricerca e costruzione delle iniziative imprenditoriali nell’ambito digitale. Iniziative che ci hanno consentito di capitalizzare la nostra esperienza e aiutare i ragazzi a ottenere ottimi risultati”.

Oggi, ad esempio, H-Farm offre una formazione completa ai propri studenti: dalla scuola primaria ai master universitari, coprendo appunto fasi diverse della vita delle persone, aiutandole a formarsi in maniera continua secondo il proprio range d’età. Perché apprendere è come uno sport che allena la mente, non si conclude con una fase precisa del nostro cammino, cambia e prosegue, piuttosto, con modalità di allenamento sempre differenti. Educare le odierne e future generazioni con questo tipo di approccio porta inevitabilmente a colmare il gap di competenze tra human e digital. Comprensione, dialogo, adattamento della tecnologia alle necessità della sfera umana si rivela il segreto per una convivenza proficua. Fiducia nei giovani, quindi, unita a una costanza nello studio e nell’aggiornamento necessari per rimanere al passo dei cambiamenti di un mondo sempre più veloce e rapido nel suo modificarsi.

Se in H-Farm “L’uomo è al centro di tutto”, con la H che sta per Human, perché sono le persone a fare la differenza molto di umano vive anche in quello che fa Key2people, che tra le proprie competenze e ruoli ricoperti nel settore d’impresa ha anche quello di accompagnare figure di alto profilo professionale nella gestione dei processi di cambiamento globale tramite diverse modalità di intervento formativo. Si tratta di percorsi di apprendimento che mirano per lo più ad aumentare la comprensione e la familiarità di programmi funzionali a velocizzare la gestione aziendale e a conoscere alcune tra le realtà digitali maggiormente attente ai nuovi modelli di business e alle evoluzioni digitali.

Un nuovo approccio alla formazione professionale

“Per accompagnare manager e professionisti a sfruttare al meglio gli avanzamenti tecnologici è sempre più opportuno articolare percorsi formativi che prevedano un’alternanza di contenuti tecnici con interventi mirati a sostenere l’evoluzione delle skill manageriali e del Digital Mindset”. Così Virginia Ghisani segna concretamente il passo che occorre fare per aggiornare approccio, metodologia e impatto di questo importante capitolo.

”Allo stesso tempo – aggiunge Francesco Tamagni – si afferma come necessario un modello di progettazione degli interventi formativi realmente connessi al piano industriale, alle prospettive di sviluppo del business, alla struttura organizzativa sottostante, ma soprattutto alle caratteristiche proprie del modello di apprendimento della persona: alcuni manifestano chiare attitudini all’autosviluppo (agile self learning), mentre per altri la formazione passa esclusivamente attraverso un’interazione diretta con un docente o formatore”.

Questo allineamento sottende la possibilità di valorizzare tratti caratteriali e comportamentali della persona, accelerare il processo di apprendimento e generare una virtuosa convergenza tra interessi dell’individuo e obiettivi dell’azienda.

In questo scenario le competenze – anche le più basilari – che è possibile acquisire hanno sempre ricadute molto impattanti. A titolo di esempio basti pensare all’uso del pacchetto Office 365, nato come indispensabile strumento di lavoro da remoto, per poi affermarsi come modello di comunicazione in ambito scolastico, culturale, relazionale.

“In questo modo i lavoratori possono pareggiare le loro competenze con gli sviluppi esponenziali del mondo digitale, contribuendo a colmare il gap che investe la nostra società e diventando una risorsa umana indispensabile per i nuovi modelli di business che nascono in base al progresso”, spiega Virginia Ghisani. “In generale, è necessario trasmettere a chiunque senta la necessità di implementare le proprie competenze digital  la capacità di comprendere le vaste possibilità che si aprono con il padroneggiare sapientemente le nuove tecnologie, oltre che conoscerle in sé” aggiunge Francesco Tamagni, che chiude facendo notare come “tale percezione costituisce il punto di svolta per allenare la propria abilità di adattare la tecnologia ad azioni quotidiane, private e professionali, migliorando di conseguenza le proprie performance”.

In conclusione, dunque, possiamo guardare alla tecnologia non come un prodotto fine a se stesso, ma piuttosto come una serie di cambiamenti che toccano uno spettro ampio della società in cui viviamo. È sempre più necessario osservarla e scoprire le convergenze con la realtà di ogni singolo individuo. Guardare alla tecnologia non come un serie di processi pericolosi ma come una possibilità, il cui impatto nel nostro quotidiano dipende dalla nostra capacità di saperla gestire, padroneggiare, vivere. Solo in questo modo uomo e digitale possono avvicinarsi, ibridarsi e crescere.

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