Un percorso virtuoso che consente di prendere in carico e curare al meglio pazienti con frattura di femore. E’ quello attuato e consolidato negli ultimi anni all’ospedale “Versilia”, con la presenza del geriatra non come semplice consulente ma come presenza attiva, che lavora insieme all’ortopedico per la corretta gestione della persona ricoverata, insieme anche ad altri professionisti che completano il quadro delle attività rivolte in maniera specifica ad anziani e grandi anziani.
L’Ortogeriatra non è, infatti, soltanto un’espressione sempre più diffusa in sanità ma un modus operandi che all’ospedale Versilia è stato avviato da tempo ed è divenuto ormai indispensabile nel processo di cura, visto che permette – dati alla mano – di ridurre mortalità e morbilità, che è poi l’obiettivo e il senso proprio del trattamento di questi pazienti difficili e fragili. Si tratta di un modello organizzativo complesso perché vede in campo molti specialisti e varie figure professionali nelle varie fasi, che si succedono e si integrano, dall’ingresso in Pronto soccorso alla dimissione e al ritorno dei pazienti al proprio domicilio, ma i risultati di questo sforzo di tutta la struttura ospedaliera si vedono, nei dati ma anche e soprattutto nella soddisfazione di molte famiglie per l’esito positivo del ricovero e, spesso, anche per il recupero delle capacità motorie del proprio caro sottoposto a intervento chirurgico per frattura di femore.
“Nell’ambito territoriale della Versilia, che conta circa 170.000 abitanti – spiega Mario Manca, direttore dell’unità operativa di Ortopedia dell’ospedale Versilia – trattiamo ogni anno chirurgicamente circa 350 pazienti con questo tipo di frattura, più frequente nelle donne. Questi casi rappresentano, in ogni unità di Ortopedia, il 30% di tutta l’attività traumatologica. Le fratture del femore prossimale, note alla popolazione genericamente come ‘fratture del collo del femore’, sono quindi assai frequenti. Sono gravate, purtroppo, da un alto tasso di mortalità a un anno che oscilla fra il 16% ed il 30%. Il motivo di questa elevata mortalità è legata anche all’età: il 76% dei pazienti fratturati ha più di 80 anni e una larga percentuale di questi più di 90 anni. A causa dell’età, il 95% di queste persone presenta, al momento del ricovero per frattura, almeno una comorbilità maggiore, cioè è affetto da una malattia generale di un organo o apparato (problemi cardiaci, polmonari, renali, neurologici etc). Sono quindi pazienti fragili da un punto di vista organico generale e, a causa dell’osteoporosi, presentano ossa fragili. Per questo motivo si fratturano per traumi modesti”.
“Le ossa fragili – prosegue il dottor Manca – fanno sì che, in una percentuale che oscilla fra il 12% ed il 24%, gli interventi finalizzati a ‘metterle a posto’ con placche, chiodi, viti, vadano incontro a fallimenti meccanici entro i tre mesi dall’intervento stesso. Questa problematica è legata sia all’età sia a problematiche ossee correlate. Si stima, tra l’altro, che nel mondo ci sia una frattura da osteoporosi ogni 3 secondi. Purtroppo non operare questi pazienti comporta una percentuale di mortalità e comorbilità (complicanze generali di organi ed apparati) che arriva all’84%. Li operiamo, quindi, per ridurre la mortalità, che avrebbero queste fratture se lasciate al loro destino, e le complicanze correlate”.
Come affrontare quindi la problematica?
“Per ottenere risultati migliori – spiega il dottor Manca – , ce lo dice anche la letteratura, sono fondamentali il trattamento precoce e l’approccio multidisciplinare e multi professionale, cioè il lavoro di più specialisti che coagulano le loro esperienze e la loro cultura e che si alternano al letto del paziente, dal trauma fino al suo rientro al domicilio. Gli stessi dati epidemiologici ci dicono “cosa fare” e ogni Paese ha precise linee guida di comportamento nel trattamento di tali pazienti fragili.
In particolare vengono raccomandati:
- rapido ricovero,
- rapida valutazione anestesiologica e ortopedica,
- buona pratica chirurgica,
- geriatri coinvolti nei processi di cura,
- rapida riabilitazione sia in ospedale sia al rientro a domicilio
- continua costante comunicazione fra i professionisti coinvolti.
Nonostante questo, molte organizzazioni sanitarie maggiori considerano la frattura del femore prossimale un ‘evento avverso in ambiente non preparato’ e per tutti il modello organizzativo per il trattamento di queste fratture è una sfida, al punto che è diventato un importante indicatore di performance degli ospedali e viene monitorato dalle varie agenzie nazionali e regionali, oltre che dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa”.
Ma qual è il percorso tipo?
Il paziente arriva al Pronto soccorso, dove viene valutato dai medici, i quali, laddove sia necessario, stabilizzano eventuali problemi di natura non ortopedica (stato di insufficienza respiratoria, cardiaca e via dicendo). Vengono quindi eseguite le radiografie e il radiologo stesso, se diagnostica la frattura del femore, immediatamente esegue una radiografia del torace, indispensabile per l’arruolamento per l’intervento. Il Pronto soccorso esegue immediato prelievo per i necessari esami di laboratorio ed esegue l’elettrocardiogramma.
Dopo il ricovero, l’ortopedico imposta sia la terapia del dolore sia, secondo precisi schemi condivisi, la correzione di possibili squilibri presenti in base agli esami eseguiti. Il paziente è valutato anche dall’anestesista, che corregge ulteriormente eventuali problemi riscontrati o, in rari casi, richiede la valutazione da altri professionisti prima dell’arruolamento per l’intervento.
Viene quindi eseguito l’intervento chirurgico mettendo a posto la frattura con placche, chiodi o viti, oppure, dove indicato, posizionando una protesi d’anca, simile a quella che si utilizza nell’artrosi dell’anca. Il giorno dopo il paziente viene preso in carico dai terapisti con esercizi di messa in carico, in base alle sue condizioni, e – appena le condizioni generali lo permettono – viene fatto camminare, prima nella stanza poi nel corridoio del reparto. C’è quindi una tempestiva presa in carico da parte del fisiatra che, sulla base delle condizioni articolari, generali e sociali assegna una tipologia di riabilitazione: ambulatoriale, o a domicilio del paziente o in strutture dedicate.
L’esperienza del Versilia
“Nel 2007, quando ci fu affidata l’unità operativa di Ortopedia del Versilia – continua il dottor Manca – la percentuale delle fratture di collo femore operate nelle 48 ore era del 17%, nel 2008 fu raggiunto il 33%, nel 2009 l’83%, poi il dato è costantemente cresciuto fino ad attestarsi al 93% delle fratture operate entro le 48 ore (sempre in base ai dati pubblicati dal Sant’Anna di Pisa). Questa gestione di trattamento rapido dei pazienti ha prodotto una riduzione della metà della mortalità intraospedaliera ed ha ridotto a un terzo la necessità di ricovero in altri reparti ad alta intensità (terapia intensiva o sub intensiva). I dati dell’Agenzia Regionale di Sanità ( ARS) mostravano però nel 2014 una mortalità a un mese del 5,4%, dimostrando che il trattamento precoce di questa patologia aveva prodotto dei buoni risultati ma che era necessario migliorare ulteriormente il percorso. Il geriatra era in quegli anni presente a consulenza, cioè su chiamata da parte dell’ortopedico sulla base dei possibili problemi dei pazienti. Si capì già allora che era indispensabile coinvolgere nel percorso di cura geriatri e internisti ma non a “consulenza” bensì in maniera diretta e attiva”.
“All’interno dell’unità operativa di Medicina del Versilia fu così organizzata – racconta ancora il dottor Manca – , a isorisorse, l’assistenza continua con presenza del geriatra o dell’internista 3 volte alla settimana, oltre, naturalmente alle consulenze ove necessario. Un vero percorso ortogeriatrico integrato, che affronta le complessità del paziente anziano con frattura da fragilità garantendo una presa in carico multidisciplinare, anche tenendo conto della eterogenea popolazione anziana con frattura. La mortalità, già nel 2016, si ridusse dal 5,4% al 4% e questo percorso clinico-assistenziale continua a crescere. Dopo le difficoltà legate all’emergenza Covid, che rendeva più problematica la presenza contemporanea di più professionisti, abbiamo ripreso a garantire questa attività in stretta collaborazione con i geriatri, grazie alla grande disponibilità del responsabile del settore, dottor Fascetti”.
“Ovviamente – precisa il responsabile della struttura di Geriatria dell’ospedale Versilia Stefano Fascetti – la Geriatria non è solo Ortogeriatria che è un aspetto peculiare della disciplina che può essere estesa a tutti i pazienti ‘chirurgici’ anche in sede preoperatoria. Inoltre esiste in generale una Geriatria per acuti (reparto) con la possibilità teorica di presa in carico già a partire dal Pronto Soccorso. Fatta questa doverosa premessa, il percorso attivato e sviluppato al Versilia insieme ai colleghi ortopedici è davvero efficace ed è un tipo di integrazione non così frequente nelle strutture ospedaliere. La nostra presenza a fianco dell’ortopedico nella gestione di questi casi molto delicati e complessi – è infatti ormai costante e questo ci ha consentito di rendere davvero completa l’assistenza fornita ai pazienti anziani con frattura di femore. Ciò è stato reso possibile – sottolinea il dottor Fascetti – anche dalla fondamentale collaborazione dell’Università di Pisa che, attraverso il direttore della Geriatria professor Fabio Monzani, ha inviato costantemente uno specializzando in nostro supporto”
Dunque al Versilia il geriatra, anche attraverso la cartella elettronica consultabile da remoto, “prende in carico immediatamente ogni situazione di questo tipo e interviene immediatamente, correggendo terapie e problematiche evidenziate dagli esami pre-operatori. Stabilizza quindi i pazienti e li segue quotidianamente, con una valutazione in presenza. Mentre l’ortopedico opera e segue i pazienti per le problematiche chirurgiche, il geriatra, coadiuvato dall’infermiera di processo, segue ogni giorno in maniera diretta la loro evoluzione clinica e, ovviamente, la loro dimissione viene condivisa e concordata fra ortopedico e geriatra”.
“Con una percentuale di operati entro le 48 ore che è rimasta molto alta, intorno al 90% – conferma il dottor Fascetti – continua a diminuire il dato della mortalità a un mese (adesso si è attestato al 3,5% ) e riusciamo a garantire un servizio integrato e adeguato alle esigenze della popolazione”.
La soddisfazione dei dirigenti
Anche il direttore del presidio ospedaliero Versilia Lisanna Baroncelli esprime soddisfazione per questo percorso virtuoso: “L’esperienza del Versilia – sottolinea la dottoressa Baroncelli – conferma quanto indicato dalla letteratura scientifica: la Geriatria è diventata un elemento indispensabile, proprio come presenza attiva, nel processo di cura dei pazienti con frattura del collo del femore. Ringrazio quindi per l’impegno costante il dottor Manca, il dottor Fascetti e tutti i loro collaboratori, ma estendo il mio grazie a tutti gli specialisti coinvolti, a partire dal Pronto soccorso diretto dal dottor Pepe fino ai fisiatri e alla riabilitazione nel suo complesso, diretta dal dottor Posteraro”.
“Questa è infatti un’organizzazione complessa prosegue – , che vede in campo varie figure professionali, e sottolineo anche il ruolo insostituibile della componente infermieristica, che si succedono e si integrano nelle varie fasi, dall’ingresso alla dimissione e al ritorno del paziente al proprio domicilio: medici dell’Urgenza del 118 e Pronto soccorso, infermieri dell’Urgenza e del Pronto soccorso, infermieri dell’Ortopedia, OSS, ortopedici, radiologi, tecnici di Radiologia, medici e tecnici del Laboratorio, anestesisti, infermieri di sala operatoria, farmacisti, fisioterapisti e fisiatri, se necessario anche altri consulenti. Un grande lavoro di squadra – conclude la dottoressa Baroncelli – fondamentale per ridurre mortalità e morbilità legate al ricovero di questi pazienti”.