Si torna a parlare di provvedimenti da parte del Governo in merito al cosiddetto cuneo fiscale. Sulla vicenda riceviamo e pubblichiamo un intervento di Daniele Matteini, presidente di Confindustria Toscana Nord.
“Forse mai come adesso il cuneo fiscale italiano appare incongruo. Con l’inflazione che sale, i consumi che ristagnano e le bollette maggiorate delle famiglie, oltre che delle imprese, aumentare le risorse economiche dei lavoratori sarebbe più che utile: sarebbe – anzi, è – necessario e doveroso. Raggiungere questo obiettivo riducendo il cuneo fiscale è la strada più efficace e relativamente semplice, anche perché quello che da una simile operazione le finanze nazionali perderebbero in gettito fiscale verrebbe recuperato in gran parte, indirettamente, grazie al maggior potere di acquisto dei lavoratori.
Ricordo che quando si parla di cuneo fiscale si intende la differenza tra i costi per il datore di lavoro e la corrispondente retribuzione netta del lavoratore; fra i due valori stanno l’imposta sul reddito delle persone fisiche, a totale carico del lavoratore, e i contributi previdenziali, a carico in parte del lavoratore e in parte del datore di lavoro. Il cuneo fiscale italiano è fra i più elevati fra i paesi dell’OCSE, che nel suo rapporto ‘Taxing Wages 2022′, riferito all’anno 2021, lo colloca al quinto posto (dopo il Belgio, unico paese che supera il 50% di incidenza sul totale del costo aziendale, e poi Germania, Austria e Francia) a quota 46,5%, di cui 15,3% imposte personali sul reddito e 31,2% contributi previdenziali, che ricadono sul lavoratore per il 7,2% e sul datore di lavoro per il 24%. In altre parole, perché un lavoratore si trovi in busta paga 1.500 euro netti di stipendio mensile, i costi a carico dell’impresa superano i 2.700 euro; nel caso dei contratti a tempo determinato a questi va sommata anche una quota non deducibile di Irap. E’ forse utile sottolineare che i costi a carico dell’impresa non sono soltanto quelli desumibili dal lordo in busta paga, ma che a questi si aggiungono consistenti oneri ulteriori.
Per citare dei confronti significativi, il cuneo fiscale di paesi come Spagna e Turchia non raggiunge il 40%, mentre il Regno Unito e gli Stati Uniti sono rispettivamente poco al di sopra e nettamente al di sotto del 30%.
Confindustria, che da decenni solleva il problema, propone che venga applicato un consistente taglio del cuneo fiscale, a vantaggio per due terzi del lavoratore e per un terzo delle imprese. Il Governo ha fatto delle aperture, parlando di un taglio graduale: a maggior ragione, si cominci ad applicarlo subito, senza indugi. Nel momento in cui il Governo stesso si accinge ad ampliare il limite di reddito per l’applicazione della flat tax per i lavoratori autonomi, sarebbe auspicabile che al taglio del cuneo venisse prestata almeno la stessa attenzione. E’ uno dei provvedimenti più urgenti da realizzare”.