Di Antonio Possenti ce n’è stato uno solo, e non solo nel panorama artistico-figurativo lucchese ma addirittura italiano ed europeo a cavallo fra il ‘900 ed il 2000.
La sua notorietà, infatti, ebbe inizio quando Arrigo Benedetti – lucchese anche lui e all’epoca direttore de “Il mondo” – gli pubblicò addirittura in prima pagina sul suo settimanale una vignetta che fece epoca: “Dacci oggi il nostro cracker quotidiano”. Vignetta di grande attualità perché da poco i cracker’s erano stati messi in vendita.
A novant’anni della sua nascita, avvenuta l’11 settembre 1933, lo vogliamo ricordare non tanto come pittore famoso, prima come amico studente e poi come interlocutore in accese discussioni sulla validità artistica del cinema in quanto fondatori e dirigenti dell’allora “Circolo del cinema”. Lui, convinto difensore dell’espressionismo tedesco post prima guerra mondiale, noi ammiratori del neo-realismo italiano dei Rossellini e De Sica e quindi del grande Luchino Visconti. Ed è con tutta probabilità che è da questa infatuazione giovanile che nacque il suo inconfondibile stile pittorico, unico e irripetibile.
“Se c’è una cosa che proprio mi fa dispiacere è che la mia pittura venga spesso fraintesa, non valutata nel suo giusto significato che, malgrado tutto, ritengo abbastanza scoperto e palese. Sono perfettamente d’accordo con coloro che reputano i miei quadri complessi e difficili, ma da qui ad affermare che le mie raffigurazioni esprimono un concetto ironico della vita, quando non sono altro che la più diretta espressione della sua tragicità, il passo mi sembra alquanto lungo e sforzato”. Questo un passo quanto mai esaustivo dell’introduzione scritta da Antonio Possenti alla presentazione di un ciclo sul cinema espressionista tedesca, appunto, al “Circolo del Cinema”, che ebbe inizio con la presentazione del film “Metropolis”. Questa infine la conclusione: “Se avessi dato retta a me stesso avrei dipinto un solo quadro che non sarebbe ancora ultimato; ma per fortuna mi stanco presto e per rigenerare le forze è necessario che inizi sempre dei nuovi lavori nei quali spero di realizzare ciò che non mi è riuscito in precedenza, o mi è riuscito solo in parte”.
A prescindere dall’eccezionale esposizione di dipinti sulla presenza di Lodovico Ariosto in Garfagnana, svoltasi nella Rocca Ariostesca in occasione del 500° anniversario della morte di colui che vi fu governatore per gli Estensi di Ferrara, l’ultimo contatto pubblico con Antonio Possenti lo avemmo nella “Sala degli Staffieri” e nella “Sala Ademollo” di Palazzo Ducale quando, a cura della Provincia, che già l’aveva insignito della “Pantera d’oro”, venne inaugurata la mostra “Vademecum per il viaggiatore visionario”. Una cinquantina di lavori che, se nominalmente destinati ad un “viaggiatore visionario”, costituivano soprattutto la “visionarietà” del loro autore. Perché se i fatti ed i luoghi sono reali ed i personaggi esistiti, la loro raffigurazione apparteneva solo ed esclusivamente al discorso pittorico che l’autore dove realtà e fantasia si intrecciavano senza contrasti, facendo apparire reale ciò che è e viceversa.
Nipote dell’on. Augusto Mancini, già Rettore dell’Università di Pisa, perché figlio della figlia Augusta, Antonio Possenti già dipingeva quando si laureò in legge, tanto da insegnare “diritto” per qualche tempo al “Carlo Piaggia” di Viareggio. Ciò che ci permise di riallacciare un rapporto interrotto per cause di lavoro e che avvenne nelle sale dello scomparso “Garibaldino” in via Fratti, dove ci incontravamo il sabato per una frittura di paranza o di calamari. Poi l’abbiamo incontrato, sempre a Viareggio, in occasione del Carnevale e per il presepio da lui ideato in piazza Mazzini. L’ultima volta, invece, è stato a Lucca in piazza San Martino durante una “fiera dell’antiquariato” quando, seduto su una carrozzella elettrica, girovagava da un banco all’altro. Fu un incontro brevissimo e fatto di sguardi. Forse perché non avevamo più niente da dirci. Morì infatti poco dopo, era il 23 luglio del 2016.
Mario Pellegrini