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sabato, Novembre 23, 2024

La sindrome dei monelli. Cos’è l’ADHD, disturbo che colpisce fino al 20% dei bambini nelle forme lievi

Riceviamo e pubblichiamo un articolo sulla sindrome ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder), pubblicato sull’ultimo numero del periodico “Amici del Cervello News”, organo Ufficiale di ARNo, l’Associazione Ricerca Neurologica presieduta da Gianfranco Antognoli e il cui direttore scientifico è il professor Ubaldo Bonuccelli. L’autrice dell’articolo è la dr.ssa Chiara Pfanner: psichiatra, Dottore di Ricerca in Neuropsicofarmacologia Clinica, è Responsabile del Centro di Riferimento Regionale per la diagnosi e trattamento dei
bambini e adolescenti ADHD, presso IRCCS Stella Maris, Università di Pisa. E’ docente in vari ambiti e autrice di numerose pubblicazioni e capitoli di libri.

In età prescolare molti bambini vivaci, creativi ed intelligenti sono instabili, non riescono a star fermi né a seguire un compito cognitivo protratto, impulsivi ed a volte spericolati. Siamo ancora nella fase di sviluppo fisiologico di una parte del cervello, la corteccia prefrontale, sede del controllo su motricità e attenzione, base per le attività cognitive. Di questi bambini la maggior parte matura a 5/6 anni per avviare un percorso scolastico
perfettamente normale. Per altri bambini si amplificano le caratteristiche di iperattività, impulsività, distraibilità, che impediscono l’adattamento scolastico regolare e l’apprendimento.

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In questi casi si parla di un disturbo vero e proprio del neurosviluppo definito ‘ADHD’
(Attention Deficit Hyperactivity Disorder) disturbo eterogeneo, tra i più frequenti dell’età evolutiva, in media 6-7 % fino al 20% nelle forme sotto soglia (le forme più lievi). Il disturbo interferisce con la vita scolastica, familiare e sociale del bambino. La cosiddetta ‘sindrome dei monelli’ ha numerosi riferimenti nella cultura letteraria e popolare: Pinocchio, Gian Burrasca, Pippi Calzelunghe sono gli esempi più famosi di ragazzini intelligenti, creativi e anticonformisti che mettono in crisi insegnanti e genitori, ma che non combinano niente a scuola.

I maschi sono i più colpiti (2:1); nelle femmine si riscontra più frequentemente la presentazione inattentiva: bambine distratte, rallentate, sognatrici, con la ‘testa fra le nuvole’, poco motivate e indolenti, affaticabili e talmente disorganizzate da non riuscire a scuola o nello sport. I maschi invece si presentano iperattivi con livelli di energia elevati ed incapacità a stare fermi ‘come mossi da un motorino’, difficoltà a rimanere seduti, giocherellano con le mani, logorroici, disturbano durante attività che dovrebbero comportare calma come ad esempio a tavola o a scuola, passando da un gioco all’altro; distraibili, con difficoltà di concentrazione e memorizzazione, disorganizzazione, scarsa autonomia nei compiti e nel metodo di studio, tendenza a perdere e di dimenticare oggetti e impegni; impulsivi, frettolosi nelle risposte, impazienti, con difficoltà ad attendere, si intromettono nelle conversazioni, ribelli e intolleranti alle regole, sensibili alla noia; nell’adolescenza poi risultano spericolati con comportamenti a rischio, ricerca di sensazioni forti mediante dipendenze comportamentali o da sostanze.

Le difficoltà scolastiche e sociali e i continui rimproveri da parte delle figure adulte di riferimento inducono ad una riduzione dell’autostima con sintomi di demoralizzazione o bisogno di rivestire il ruolo di ‘buffone’ e di ribelle. Spesso si associa una disregolazione emotiva, con eccitabilità, sensibilità alla frustrazione, crisi di rabbia e disturbi del ritmo sonno veglia.

La dr.ssa Chiara Pfanner

La diagnosi è clinica e si effettua nei primi anni di scuola elementare ed è di pertinenza del neuropsichiatra infantile, specialista che sa discriminare l’iperattività fisiologica da quella patologica e valuta i disturbi spesso concomitanti l’ADHD, quali i disturbi di comportamento, umore, ansia, tic. Lo psicologo integra con test neuropsicologici per la misurazione della gravità dei sintomi e per l’individuazione di caratteristiche cognitive del bambino che indirizzino il trattamento pedagogico.

Non esistono al momento markers biologici specifici per la diagnosi; importante valutare fattori di rischio quali familiarità, basso peso alla nascita, ipossia perinatale, sindromi malformative genetiche, uso di sostanze in gravidanza. Alla base di questo disturbo del neurosviluppo sono stati individuati fattori genetici, neurobiologici e ambientali che interagendo con il normale sviluppo cerebrale provocherebbero un malfunzionamento dei collegamenti neuronali. Se il disturbo non viene diagnosticato nè trattato precocemente evolve sino all’età adolescenziale-adulta in complicanze quali depressione, abbandono scolare, condotte a rischio fino a dipendenze comportamentali e/o da sostanze.

La cura dell’ADHD è complessa combinando trattamenti psicologici e pedagogici a base di training per la memoria, tutoraggio per i compiti e per migliorare l’organizzazione e il controllo impulsivo, corsi educativi per i genitori ed in molti casi interventi farmacologici con farmaci psicostimolanti come il metilfenidato, molto efficaci sui sintomi più importanti e capaci di rendere il bambino più sensibile agli interventi psicopedagogici.

Per consentire un adeguato monitoraggio farmacologico in Italia sono stati istituiti da parte del Ministero i Centri di Riferimento Regionali per la terapia farmacologica e la diagnosi. Coinvolta nel trattamento è anche la scuola con suggerimenti per gli insegnanti e misure compensative specifiche per l’alunno regolate da una circolare ministeriale specifica che prevede un ‘piano didattico personalizzato’ individualizzato in base ai suoi punti di forza e di fragilità.

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