Per la prima volta, a Pietrasanta, un accademico dei Lincei introdurrà una mostra di scultura contermporanea: è “Il silenzio del Limen – Dal divenire all’essere”, progetto d’arte che, dal 7 al 28 maggio, unirà Adriano Tolomei, affermato designer nel settore del mobile e dell’arredamento e scultore di ceramiche e bronzi, e l’antropologo Francesco Remotti, professore emerito dell’Università di Torino, noto per le ricerche etno-storiche svolte dagli anni ’80 sui regni dell’Africa pre coloniale e per aver diretto la missione etnologica italiana nella Repubblica Democratica del Congo.
L’inedito binomio culturale, presentato in conferenza stampa in Municipio, è stato “cucito” da Giovanni Bovecchi in collaborazione con l’amministrazione comunale, la sezione “Versilia Storica” dell’Istituto Storico Lucchese e il patrocinio della Regione Toscana, supportato dalla Banca della Versilia, Lunigiana e Garfagnana.
Un “dialogo” che, come ha spiegato Bovecchi, “si svilupperà in due momenti: una conferenza in sala dell’Annunziata, domenica 7 maggio alle 10,30, dove il professor Remotti entrerà nella visione critica della scultura di Tolomei, indagandone gli aspetti più legati alla natura umana; a seguire, l’apertura della mostra in sala delle Grasce, con una selezione di opere che saranno, per i visitatori, come la prosecuzione di queste riflessioni”.
“Questo lavoro – ha continuato Francesco Remotti – ha rappresentato per me una sfida: se dovessi affrontare l’esposizione di Tolomei dal punto di vista antropologico la riassumerei nell’esigenza di sottrarre, dall’uso e dall’usura quotidiana, oggetti che vogliono durare nel tempo, evidenziando come lo scultore ricerchi forme sempre nuove e particolari per le sue opere a testimonianza di questa precisa volontà”.
“Ricordo le parole di mio padre – ha proseguito Adriano Tolomei – che mi chiedeva sempre cosa stessi facendo, mentre lavoravo, anche se, qualunque cosa fosse, gli piaceva moltissimo. E’ difficile, per me, raccontare a parole quello che creano le mie mani: avere una personalità di così alto prestigio come il professor Remotti che lo farà per me in occasione della mia prima mostra che presenterò proprio a Pietrasanta, uno dei più rinomati centri culturali d’Italia, è un onore e un’emozione grandissima”.
“Riposizionare l’uomo al suo posto, nella Natura – ha concluso Luigi Santini, direttore della sezione “Versilia Storica”, il suo commento al lavoro dell’artista – è un’esigenza che ha bisogno, oggi più che mai, di essere compresa e seguita. Credo sia questo, ciò che esprimono le opere di Adriano Tolomei”.
Biografie e curriculum
Adriano Tolomei ha frequentato l’Istituto d’Arte A. Passaglia di Lucca e si è diplomato Maestro d’Arte all’Istituto statale d’arte di Firenze nel 1960. Ha iniziato subito la sua attività artistica nell’azienda di famiglia creando modelli di articoli di arte religiosa, in particolare personaggi di presepe, di articoli da regalo e di articoli di ornamento della casa.
Ai primi degli anni ’70, grazie alla disponibilità di nuovi materiali sviluppati dall’industria chimica e affascinato dalle capacità di espressione artistica loro inerenti, dette inizio ad una nuova attività. Messe a punto tecniche appropriate di lavorazione che gli permettessero di sfruttare adeguatamente le proprietà di questi materiali, realizzò numerose forme in resina colorata e trasparente. Queste ebbero successo per la loro bellezza e modernità.
A partire dagli anni ’80 diversificò i suoi interessi ed iniziò l’attività di designer nel settore del mobile e dell’arredamento. La creazione di vari oggetti, sempre sfruttando con sensibilità nuovi materiali, lo ha portato nel 2003 nel novero dei vincitori del concorso Top Ten di Udine, con la sedia Baba, tuttora un successo sul mercato tanto che Riddley Scott la preferì per l’habitat cosmonautico della consolle dell’astronave nel film The Martian – Il sopravvissuto.
Negli anni seguenti ha creato e continua a creare oggi modelli in ceramica di vasi, di piatti e di oggetti per la casa, scegliendo materiali e tecnologie di avanguardia, ma si è dedicato sempre di più alla creazione di sculture in ceramica ed in bronzo.
Francesco Remotti (nato nel 1943) ha insegnato Antropologia culturale all’Università Statale di Milano (1976-1979) e all’Università degli Studi di Torino (1979-2013). Dal 1976 al 2013 ha intrapreso una serie di soggiorni presso i Banande del Nord Kivu (Repubblica Democratica del Congo), e dagli anni 80 ha svolto ricerche etno-storiche sui regni dell’Africa precoloniale. Dal 1979 al 2004 ha diretto la Missione Etnologica Italiana in Zaire (poi in Africa Equatoriale). I suoi scritti principali sui Banande sono raccolti nei volumi Etnografia nande I. Società, matrimoni, potere (Torino, Il Segnalibro, 1993), Etnografia nande II. Ecologia, cultura, simbolismo (1994), Etnografia nande III. Musica, danze, rituali (1996), oltre che in numerosi altri articoli successivi. Sui regni africani ha invece pubblicato Centri di potere. Capitali e città nell’Africa precoloniale (Torino, Trauben, 20142).
Un estratto del catalogo
Per la prima volta, come detto, a Pietrasanta l’antropologia entra nella visione critica della scultura contemporanea e a parlarne è uno dei massimi antropologi mondiali che ha altresì curato un testo introduttivo al catalogo dal titolo “Fare, divenire e le forme sottratte al tempo”. “Quando si vedono gli oggetti di Adriano Tolomei fermi e ordinati in una sala di esposizione o nelle pagine di un catalogo – scrive Remotti – , il senso della sottrazione al tempo e al divenire si precisa ulteriormente. Il filosofo del Settecento Johann Gottfried Herder aveva fatto notare che, mentre la pittura è – ovviamente – un’arte visiva, la scultura è un’arte il cui apprezzamento e valorizzazione richiederebbe non solo la vista, ma anche il tatto (come ben sanno del resto gli scultori). La nostra tradizione espositiva sacrifica completamente la possibilità della fruizione estetica delle sculture attraverso il tatto. Beninteso, sono del tutto comprensibili le norme che in un museo impediscono al pubblico di toccare le sculture esposte. Ma tutto questo non fa che confermare il principio che caratterizza buona parte delle nostre scelte, tradizioni e istituzioni estetiche: impedire l’esperienza del tatto significa sottrarre gli oggetti all’uso e all’usura (un’altra forma del divenire) e, nello stesso tempo, isolare, acuire, privilegiare la percezione visiva e intellettuale delle forme (paragonabili per questo aspetto alle idee platoniche, forme quant’altre mai sottratte al tempo)”.
Quanto all’opera di Tolomei “Il silenzio del Limen” che dà il titolo alla mostra, “Il limen fa pensare a uno spazio in qualche modo ‘sacro’, separato, a parte, proprio come aveva visto Arnold Van Gennep nel suo ‘I riti di passaggio’, un testo classico in antropologia, che risale al 1909. Lì egli aveva distinto nei riti – come loro struttura fondante – la tripartizione tra fase preliminare, fase liminare, fase postliminare. Il limen è la fase liminare, una fase di sospensione e di sottrazione alle attività della vita quotidiana e al divenire sociale. Il silenzio della liminarità accentua il carattere sacro delle forme sottratte al divenire, consegnate in qualche modo all’essere”.
Informazioni
La mostra, allestita nella Sala delle Grasce, sarà aperta, con ingresso libero e gratuito, tutti i giorni dalle 16 alle 19; sabato e domenica anche la mattina, dalle 10 alle 13.