Ecco la squadra dell’ANPAS Croce Verde di Viareggio che, non appena ricevuto il codice rosso di partenza per intervenire sull’alluvione dell’Emilia-Romagna, è partita in direzione di Forlì: Luca Signorini, Francesco Sibilla e Andrea Tarantino: due uomini e una donna, fra l’altro laureata in infermieristica. Una squadra molto affiatata per i numerosi e diversificati interventi effettuati nei numerosi eventi calamitosi effettuati in Italia. con un autovettura di appoggio ed un pick-up attrezzato con un modulo antincendio boschivo che il 27 maggio sono partiti con destinazione Forlì. Supportati ovviamente anche da un modulo AOB per spargere acqua.
E questa è la prima domanda che gli abbiamo rivolto: perché spargere acqua dove ce ne è anche troppa per lo straripamento di fiumi e torrenti?
“Può sembrare strano che su un’alluvione si debba intervenire anche con un modulo AOB progettato per spargere acqua – è la risposta di Luca Signorini – ma questo serve per far sciogliere e togliere il fango che seccandosi assume la consistenza e la durezza del cemento, intasando e bloccando anche le condutture fognarie ed i tombini di scarico delle strade, oltre che i pavimenti di case, negozi e aziende”.
Esaudita la nostra curiosità, quale è stato il primo impatto con una realtà sconvolta come quella di Forlì?
“La nostra destinazione è stata il complesso del ‘Palafiere’ di Forlì e qui abbiamo montato le brandine per dormire e per fortuna abbiamo potuto contare su un vero tetto che, al contrario delle tende, ci ha assicurato di mangiare e dormire protetti dalle intemperie e all’asciutto. Ma quasi subito ci è stato comunicato di intervenire immediatamente presso la Biblioteca Comunale perché devastata dall’acqua con i libri sepolti sotto uno spesso strato di fango che addirittura li ha ‘incollati ed inglobati’ rendendo difficilissimo il loro recupero date le condizioni in cui sono stati ridotti”.
Quindi un intervento quanto mai gravoso e addirittura inedito per una squadra di Protezione Civile per tradizione impegnata in ben altre situazioni emergenziali.
Come si è svolto il vostro lavoro in una situazione del genere?
“In questo caso i rischi sono molteplici, tanto è vero che ci hanno impedito di svolgerlo con quella velocità che sarebbe stata necessaria. Sotto il fango, infatti, potevano esserci nascosti molti tipi di oggetti pericolosi che ci potevano ferire e poi perché lo stesso fango era contaminato da liquami di tutti i tipi, mentre l’odore di marcio ci attanagliava la gola e ci toglieva il respiro. Per proteggerci da questa situazione abbiamo indossato, oltre alla divisa di protezione civile, stivali con puntale rinforzato e lamina antiperforazione, doppi guanti per uso pesante, occhiali protettivi e un’ulteriore tuta protettiva che ci copriva dalla testa ai piedi, oltre alla mascherina FFP2. Tutto ciò, però, oltre a proteggerci ci toglieva quella facilità di respirazione di cui invece avevamo tanto bisogno”.
“Al termine della giornata – ha proseguito il nostro interlocutore – siamo rientrati al ‘Palafiere’ di Forlì dove abbiamo potuto fare una doccia calda e degustare il cibo che i nostri colleghi volontari avevano preparato e cotto nelle strutture professionali mobili di cui sono dotati. Terminata questa impegnativa e pericolosa esperienza, nei giorni a seguire abbiamo ripulito il fango, spostato mobili e quant’altro necessario sia nelle abitazioni civili che nel complesso ricreativo/abitativo di una grossa comunità religiosa”.
Un’ultima domanda. Come sono stati i rapporti con la popolazione?
“Sono stati bellissimi, anche perché abbiamo incontrato persone impegnate a risistemare non solo la propria casa, ma pure quelle vicine, magari perché abitate da persone anziane o sole. Non ci è mai mancata una parola di gratitudine, un sorriso, un bicchiere d’ acqua da bere. E noi abbiamo cercato di contraccambiare portando non solo il nostro lavoro e le nostre attrezzature, ma anche un poco di speranza nel futuro. Di più non saprei dire”.
Mario Pellegrini