Da lunedì 18 luglio a mercoledì 20 luglio dell’anno scorso un incendio vaste proporzioni devastò le colline sopra Massarosa fino ad interessare il versante lucchese. Poi ebbe inizio l’opera di bonifica perché 908 ettari di bosco, uliveto, vigne e terreno incolto andarono letteralmente in fumo, tanto è vero che la fuliggine trasportata dal vento raggiunse la costa fino a Livorno.
Ma la pericolosità di questo incendio – partito dalla zona di Bozzano (Massarosa) – non è venuta dalla sua estensione, bensì dalla presenza al suo interno di ben dieci località densamente popolate che si sono trovate al centro dei 19 Km/q interessati dal rogo. Nello specifico Massarosa, Bozzano, Pieve a Elici, Montigiano, Gualdo, Valpromaro, Piazzano, Fibbialla, Stabbiano e Chiatri.
Un rogo che mutava direzione a seconda del vento: un forte maestrale che, soprattutto alla sera, costringeva i quattro Canadair della flotta nazionale ed i quattro elicotteri della Regione Toscana, impiegati quando la situazione si stava facendo più critica, furono addirittura costretti a cambiare direzione all’ultimo momento. Un lavoro improbo che ha impegnato le squadre dei Vigili del Fuoco provenienti da tutta la Toscana, dall’Emilia-Romagna e addirittura dalla Lombardia e dal Veneto, i volontari della Protezione Civile, delle varie Misericordie, dell’ANPAS e dell’AIB non solo per arginare l’espandersi delle fiamme, ma anche per organizzare ed a procedere allo sfollamento delle oltre 500 persone le cui abitazioni si trovavano vicine alla linea del fuoco.
E questo è stato il lavoro più impegnativo perché oltre alla difesa dei dieci centri abitati c’era da intervenire presso le case isolate che si trovavano sulla fascia collinare che separa la Versilia dalla Piana di Lucca. E qui purtroppo, malgrado la presenza di centinaia di soccorritori, si è dovuto registrare l’incenerimento di ben sette cascinali che non si è riusciti a preservare dall’incendio. In sostanza tre giorni e tre notti da incubo che nella memoria collettiva delle persone interessate non passeranno tanto facilmente. Questo incendio, che è venuto dopo quello che ebbe a devastare negli anni scorsi i “monti per cui i pisan veder Lucca non ponno”, ha ovviamente riproposto la salvaguardia del patrimonio boschivo della Provincia di Lucca che, soprattutto a causa dei cambiamenti climatici, sta diventando non da oggi un problema gravissimo.
Ma tornando all’incendio di Massarosa, quello che è certo è che ci vorranno anni perché tutto ritorni alla normalità. Il dopo incendio infatti è quasi più allarmante di quando era in corso, soprattutto durante la notte, perché alle fiamme è seguita una landa senza colore con gli scheletri degli alberi che gridavano vendetta. Sono state infatti eseguite ricognizioni con droni da parte del personale del SAPR (Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto) dei Vigili del Fuoco del nucleo Toscana e con un funzionario del Comando di Lucca per le mappature dell’area e delle abitazioni rimaste danneggiate.
Ora a parte il fatto che gli elicotteri prelevavano l’acqua dal Lago di Massaciuccoli, non va dimenticata la determinante collaborazione fra Protezione Civile e Capitaneria di Porto di Viareggio, perché quest’ultima autorità destinò un’ampia zona di mare fra Viareggio e Lido di Camaiore al rifornimento idrico dei Canadair e quindi vietandone la navigazione ed ogni altra attività subacquee e di superficie. Infatti le motovedette della Capitaneria di Porto, in un periodo di notevole afflusso di bagnanti e diportisti costantemente scortarono gli aerei nel corso delle delicate fasi di discesa, prelievo dell’acqua e del successivo decollo.
Mario Pellegrini