Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Renzo Ponzecchi sui problemi della giustizia e dell’economia in Italia che sarà pubblicato sul prossimo numero di “Leasing Time Magazine”, il mensile di economia e finanza diretto da Gianfranco Antognoli.
“La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo
si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata” (articolo 111 della nostra Costituzione). In Italia servono circa quattrocento giorni per concludere il primo grado di un processo civile, quasi mille giorni per il secondo grado e circa millecinquecento giorni per il terzo grado. Si possono considerare questi tempi una “… ragionevole durata”? Mi sembra naturale affermare che un sistema giudiziario ben funzionante, indipendente ed efficiente è quello in cui le decisioni sono prese entro un termine ragionevole.
Bene, gli effetti negativi si riversano sullo sviluppo economico del Paese. Si stimano in due miliardi e seicento milioni di euro di danni economici indiretti ogni anno: è questa la “tassa occulta” che deriva all’economia italiana dalla lentezza della macchina giudiziaria. Le criticità sono tante, e gravi. Posso iniziare a farne un elenco: le norme troppe, contraddittorie, spesso incomprensibili associati a ripensamenti e cambiamenti, a volte addirittura con effetti retroattivi.
Oggi un’impresa non ha chiaro quale documentazione produrre per poter legittimamente partecipare ad una gara. Il Codice dei contratti pubblici ha subito 44 modifiche in sette anni. Senza attendere la sentenza di condanna si confiscano e si sequestrano beni, causando danni irreparabili, economici e morali.
Credo valga la pena di riportare questa storia di malagiustizia subita da una famiglia di imprenditori siciliani. La Corte Europea dei diritti dell’uomo si è accorta delle abnormità delle misure di prevenzioni patrimoniali. Grazie ad esso, può regolarmente accadere che un cittadino assolto da ogni accusa penale, si veda tuttavia confiscare tutti i suoi beni sulla base di un folle pensiero: è si innocente, ma è tuttavia pericoloso.
Il sospetto più forte della prova. Dove non riesco a sanzionarti con la prova, ti sanziono con il sospetto, anche se la prova ti assolve da ogni accusa. Dunque, niente carcere ma ti riduco in miseria. La stessa CEDU ha chiesto chiarimenti al governo italiano da produrre entro il 13 novembre di questo anno.
La cronica inefficienza giudiziaria incide sui diritti di credito delle banche. Società immobiliari vivono nell’incertezza. Non è semplice capire se occorre presentare una Dia, o una Scia, o una superDia o il permesso di costruire, oppure si può procedere senza alcuna autorizzazione. Auguriamoci che la Riforma Cartabia e l’ultimo Decreto Legge sulla Giustizia ad opera dell’attuale governo che interessano tanto il processo civile che quello penale, porti soluzioni a questo complicato mondo della giustizia italiana.
Dopo il “Cilicio” che abbiamo portato nel descrivere quello che è oggi la giustizia nel nostro Paese, non ci dobbiamo meravigliare per le performance che molte aziende italiane riescono, nonostante tutto, a fare nell’italico panorama economico.
L’ultimo ostacolo sono gli interventi della BCE. Giovedì 27 luglio ha portato il tasso di riferimento al 4,25 % dal 4% con un aumento di 25 punti base. La politica di aumento dei tassi di interesse per cercare di fermare l’alta inflazione, peggiorano le condizioni creditizie. Quindi meno investimenti, meno produzione, meno produttività. Il rischio è di portare il sistema economico in una fase recessiva.
Nel primo trimestre del 2023 l’Italia è stata in assoluto la migliore per crescita tra le prime sei economie avanzate, sia su base congiunturale sia su base tendenziale. Non è così nel secondo trimestre. L’ISTAT ha registrato nel secondo trimestre una flessione del 0,3%. Si spera in un terzo trimestre positivo.
Riprendo un esempio più volte fatto su quello che l’Italia rappresenta: una “portaerei” in mezzo al mediterraneo. Questa, non fa solo salire a bordo disperati che fuggono da guerre, carestie e violenze di tutti i generi. Ma fa salire aziende straniere che vogliono investire qui, nel Bel Paese. Il nostro brand “Made in Italy” piace. Riporto testualmente i dati di una ricerca svolta dalla EY Italy (Multidisciplinary professional services organization): “L’Italia scala posizioni in termini di attrazione di investimenti esteri, posizionandosi nel 2021, per la prima volta dopo molto tempo, tra i primi 10 Paesi europei per numero di progetti di IDE (Investimenti Esteri Diretti). Dopo l’incremento degli investimenti registrato nel difficile anno della pandemia, il 2021 conferma il trend di crescita, con un segnale positivo di fiducia nelle prospettive di rafforzamento dell’economia italiana, legato anche al piano pluriennale di riforme perseguito dal Governo Draghi a partire da febbraio 2021. Rispetto alla dimensione e rilevanza dell’economia nazionale, la porzione degli investimenti diretti esteri destinati al nostro Paese può crescere ancora molto. Sarà fondamentale continuare a intervenire su alcuni ostacoli di sistema legati perlopiù all’incertezza regolatoria e alla capacità della Giustizia di dirimere le dispute in tempi ragionevoli. Siamo sulla buona strada, come indicano i dati, ma è fondamentale che Governo, aziende e persone continuino a lavorare in sinergia per mantenere la fiducia e la credibilità del Paese, anche grazie ai fondi del PNRR”.
Quale è la grande forza del nostro Paese? È la forza di investire nelle aziende, credendo nel
proprio sapere. Un’economia che si scontra con una burocrazia asfissiante. Cerca con fatica la certezza del diritto come certezza della legge, in un Paese con molti nonni e poche culle. Combatte le storture di una nazione che ha avuto 68 governi in 75 anni. Un debito pubblico enorme da gestire e controllare, l’alta tassazione che nessun governo riesce ad abbassare. E tanto altro.
Un breve, quanto importantissimo cenno alla partita del PNRR. Giornalmente leggiamo ed ascoltiamo pareri, analisi, dichiarazioni di politici ed economisti sull’importanza di portare a
termine i progetti inseriti nel PNRR. È bene capire che se non sarà completato il piano
rimarremo sempre un Paese dimezzato: da una parte la grande volontà e voglia delle
nostre imprese, dall’altra l’inadeguatezza di tutta la classe dirigente italiana. Politica,
economica, sociale, sindacale.