Luci ed ombre sul sistema bancario: utili record (vedi anche la Banca Cooperativa della Versilia che annuncia il bilancio 2023), dividendi in salita e sportelli e dipendenti in forte calo. Una contraddizione che non deve pesare sulle imprese, sui dipendenti e sui clienti delle banche… Lo sviluppo economico si ottiene in modo diverso favorendo gli impieghi a favore delle aziende che investono… appunti e riflessioni per favorire un dibattito ma soprattutto la crescita di un territorio come la Versilia.
La oggettiva verità sul ruolo e le azioni del sistema bancario nell’attuale congiuntura economica: quale contributo occorre per lo sviluppo? Se le banche, a tutti i livelli – locali e nazionali – non danno capitali alle imprese che meritano e che vogliono crescere viene meno il loro ruolo in economia. Magnificare gli utili prodotti principalmente dai margini finanziari è una dichiarazione che diminuisce l’importanza ed il ruolo sistemico delle banche nello sviluppo economico possibile e credo non sia certo un merito di amministratori che non hanno responsabilità che guardino oltre il proprio ‘orticello’.
Non è vero che “il cavallo non beve”, come dichiarano alcuni banchieri. Uno studio approfondito sulle banche italiane comparato con l’esame a livello europeo eseguito da UBS (Unione Banche Svizzere) lo dimostra in modo inequivocabile. Altra questione è l’offerta del credito e la rete degli sportelli bancari in Italia (in due anni sono scomparsi tanti sportelli quanto una intera banca fra le prime 5 più importanti nel nostro Paese).
Un recente studio sindacale (“Bilanci bancari: il biennio d’oro”) elaborato dalla Fisac Cgil relativo ai risultati di bilancio dei primi 7 gruppi bancari italiani lo certifica in modo chiaro ed esplicito. Due effetti si registrano “a specchio” dall’esame condotto sui numeri e quindi si tratta di valutazioni oggettive senza ‘sconti’ per nessuno. Le banche hanno avuto utili record per effetto della crescita del margine di interesse e relativi dividendi , ai massimi storici, riconosciuti agli azionisti in sede di assemblea che approvano i rispettivi bilanci di esercizio… Tutto questo mentre continua la riduzione dei dipendenti (-4.300) e sportelli (-1000) come leva per la gestione dei costi operativi mentre continuano a calare, anche per il primo trimestre 2024, i finanziamenti alla clientela (specialmente alle PMI in modo significativo per i prestiti a Media lunga scadenza che accompagnano gli investimenti produttivi). Una situazione che non può lasciare indifferenti le autorità monetarie e governo e parlamento…
Se vogliamo fare un cenno sintetico alla nostra economia versiliese si può dire che sostanzialmente siamo in lieve cresciuta ma non in recessione. La nautica va a gonfie vele con ordini fino al 2027, il turismo vede avanti a se una stagione estiva positiva propiziata e allungata, speriamo, non solo da un clima favorevole ma da tanti eventi culturali importanti (su tutti il centenario di Puccini). L’edilizia, finita la droga dei bonus e superbonus, si posiziona su un mantenimento di domanda e occupazione non negativa, l’agricoltura delle serre ha superato il momento peggiore. Il commercio continua una crisi strisciante delle piccole attività che però come l’artigianato possono beneficiare di un turismo in salute.
In questo quadro occorre, anche per la nostra zona, favorire le aziende – non solo della nautica – che vogliono investire per crescere non solo in quantità ma anche nella qualità dell’offerta che rende più competitivi sui mercati. Il ruolo delle banche anche per la Versilia appare dunque importante e decisivo anche se ovviamente i centri decisionali, con l’eccezione della Banca di credito cooperativo di Pietrasanta, si trovano fuori dal nostro territorio…
Banche quindi in generale con sempre più utili di bilancio e meno sportelli, non solo per il risiko bancario che continuerà. Frena infatti l’erogazione di mutui e prestiti anche in questo scorcio di 2024: vediamo gli effetti e le prospettive di un rapporto indispensabile, quello fra banche e imprese per il destino del Paese…
Un’analisi già anticipata in passato, ma tuttora valida. Nel 2023 le banche italiane hanno fatto registrare utili record (più 64% rispetto al 2022), soprattutto i primi 5 gruppi bancari del ranking nazionale. Merito principale della stretta monetaria della BCE che per combattere l’inflazione ha alzato i tassi (pressoché da zero al 4.5% attuali). In questo modo è schizzata in alto la redditività delle banche basata principalmente sul margine di interesse finanziario rispetto al margine di profitto per impieghi.
Più ricche, ma anche più lontane dai territori di riferimento e soprattutto meno disponibili con le PMI che hanno la necessità di accompagnare (con finanziamenti a medio lungo termine) gli investimenti produttivi che debbono affrontare. Le motivazioni delle chiusure programmate degli sportelli, ma una vale più di tutte: la necessità di realizzare utili, ammortizzando i costi fissi. E così le filiali continuano a diminuire. Lo scorso anno, sottolinea la Fisac Cgil, i primi 7 gruppi bancari hanno chiuso 1.000 filiali, ovvero una riduzione dell’8,3%.
C’è un fatto comunque positivo ancor prima delle decisioni della BCE (che dovrebbe diminuire il tasso di riferimento non prima di giugno prossimo): i tassi di mercato sono già scesi dalla fine del 2023. La BCE precisa peraltro come le banche, specialmente quelle italiane, abbiano continuato ad inasprire i criteri dei prestiti (al consumo e soprattutto verso le PMI). Anche il primo trimestre 2024, dopo una diminuzione preoccupante a fine 2023, ha registrato un’ulteriore stretta sulle concessioni del credito stimabile in un più 3% che non è poco sommata a quella realizzata nel corso di tutto l’anno 2023. Anche l’Abi (Associazione bancaria italiana) nel suo ultimo rapporto registra un calo dei prestiti a febbraio 2024 nei confronti di famiglie e imprese misurabile in un meno 3% circa annuo, una percentuale significativa.
Un credit crunch che non si giustifica visto che le banche italiane godono ottima salute per bilanci in netto miglioramento e sofferenze in positivo calo percentuale rispetto ai performing. Le banche come noto hanno vinto anche la ‘grande’ partita con il Governo sulla cosiddetta tassa sugli extraprofitti non versando di fatto nessun euro in più in tasse allo Stato, ma rafforzando il proprio patrimonio accantonando i copiosi utili prodotti.
La giustificazione dell’Abi che ‘il cavallo non beve’ per il deterioramento del quadro macroeconomico nazionale non è sostenibile né dimostrabile. E’ l’offerta di credito che è diminuita con una griglia di valutazione per accesso al credito fatta ‘a maglie più strette’ in tutto il 2023 e confermata in negativo per le aziende e le famiglie anche nel primo trimestre 2024.
Un recente studio di UBS (Unione delle Banche Svizzere) pubblicato anche sulla rivista ‘Milano Finanza’ ha analizzato puntualmente le componenti del margine di interesse per le banche europee mettendole a confronto. Dallo studio, certamente autorevole dell’aggregato finanziario più importante in Europa, UBS, emerge chiaramente che è l’Italia il paese in cui la stretta creditizia è stata di gran lunga più pronunciata (con un PIL peraltro in modesto aumento ma in aumento e non in contrazione).
Nell’importante studio dell’UBS emerge che le banche italiane sono tra le più profittevoli in Europa, nei guadagni dall’intermediazione del denaro con tassi di remunerazione sugli impieghi fra i più alti nel continente. Contemporaneamente le banche italiane sono quelle che più delle altre hanno stretto la cinghia sui prestiti all’economia reale privilegiando di fatto la intermediazione finanziaria che non produce ricchezza per l’economia generale, ma solo per i bilanci degli istituti di credito e dei loro azionisti.
Concludendo, c’è da osservare che la stretta ha riguardato tutte le più grandi banche italiane: l’unica tra le prime 5 nel nostro paese con un saldo positivo è Banca MPS, che significa oltretutto che volendo si può spingere l’acceleratore dello sviluppo economico industriale.
L’augurio è che d’ora innanzi prevalga il senso di responsabilità di tutto il sistema nei confronti del ‘Paese reale’, e anche l’ABI e le autorità monetarie si pongono il problema evidente che l’accelerazione possibile della nostra economia si fa solo con gli investimenti pubblici e privati (non solo con gli stati di avanzamento pur importanti del PNRR) e che per fare gli investimenti produttivi che creano lavoro e ricchezza ci vogliono i finanziamenti della Banche.
La nostra economia fortunatamente non è andata in recessione nonostante le avversità geopolitiche che interessano i mercati, ma occorre sicuramente pilastrare le positività dei meccanismi produttivi in atto migliorando l’attenzione che merita la PMI nell’equilibrio generale (già peraltro messa a dura prova dalle circostanze che sono seguite al conflitto Russia/Ucraina prima e a quello mediorientale poi). Un rapporto diverso banche, imprese e Governo del Paese si impone per non far avvitare pericolosamente il sistema e spingere imprenditori ed anche i sindacati verso un rinnovato patto per lo sviluppo economico e occupazionale.
Gianfranco Antognoli – Consulente finanziario, già professore a contratto presso la facoltà di Economia dell’Università di Pisa