Olivia Erlanger, Nicola Martini e Tarik Kiswanson sono i vincitori della VI Edizione del Premio Internazionale di Scultura Henraux.
La Giuria, composta da Edoardo Bonaspetti, direttore artistico della Fondazione Henraux, Eike Schmidt, direttore del Museo di Capodimonte, Napoli, Eva Fabbris, direttrice del Museo Madre, Napoli, Nicola Ricciardi, direttore Artistico di miart, Fiera Internazionale d’arte contemporanea di Milano e Chiara Costa, head of programs di Fondazione Prada, Milano, ha valutato le proposte e gli artisti presentati dal Comitato di selezione che era composto da Carina Bukuts e Liberty Adrien, curatori di Portikus, Francoforte sul Meno, Nadim Samman, curatore del KW Institute for Contemporary Art, Berlino, Ilaria Marotta e Andrea Bacci, fondatori e direttori del Magazine CURA e del Centro d’Arte Contemporanea Art Basement, Roma, Alessandro Rabottini, curatore e direttore artistico della Fondazione In Between Art Film, Roma, e Ilaria Bonacossa, direttrice di Palazzo Ducale di Genova. Ogni membro del Comitato di selezione ha candidato i progetti di due artisti alla Fondazione Henraux per la selezione dei vincitori del Premio 2024.
Come sottolinea il Presidente di Henraux Spa e Fondazione Henraux, Paolo Carli, in questi anni le interazioni tra tecnologia e figurazione hanno composto uno scenario in costante evoluzione. Gli stessi processi di lavorazione del marmo a calcolo numerico ne sono parte e hanno contribuito a dar forma a nuovi pensieri e realtà. Il tema del Premio Henraux è dedicato al rapporto tra tecnologia e figurazione e a quelle ricerche espressive in grado di affrontare i mutamenti in atto, anche grazie agli avanzati impianti che l’azienda metterà a disposizione degli artisti.
Il Premio Internazionale di Scultura, quale attività di maggiore rilievo per la Fondazione, è un progetto culturale che rappresenta, più di ogni altro, la continuità della storia di Henraux nella Versilia delle Apuane e del marmo, e ricorda la grande rivoluzione nella scultura contemporanea che l’azienda ha avviato all’inizio negli anni ’60 del secolo scorso.
La partecipazione di importanti artisti nazionali e internazionali, con il coinvolgimento di figure preminenti del panorama mondiale dell’arte contemporanea, è il contributo del Premio Henraux alla scultura contemporanea in marmo.
Olivia Erlanger (n. 1990, New York; vive e lavora a New York). La ricerca dell’artista si focalizza sulla semiotica della periferia, analizzandone le architetture, le infrastrutture e gli ecosistemi. Attraverso la scultura, la cinematografia e la scrittura, la sua pratica esplora la mobilità sociale e le forme democratiche di comunicazione. Per il Premio Henraux 2024, Erlanger si concentra sulla sua serie di sculture di occhi, le cui iridi fanno riferimento alla rappresentazione di spazi psicologici e al modo in cui la memoria li deforma. Nello specifico il progetto si concentra sul cosiddetto effetto soglia, un fenomeno psicologico caratterizzato dalla perdita di ricordi a breve termine quando si attraversa una porta o ci si sposta da un luogo all’altro. Di per sé, quando si ha a che fare con la memoria o con la mente come mezzo di comunicazione, questa è in continuo mutamento, e il modo in cui organizziamo la nostra esperienza nel tempo e nello spazio, è legata alla posizione e ai luoghi in cui si trova un individuo. La memoria è un materiale malleabile ed Erlanger è stata attratta da architetture immaginarie o impossibili, scegliendo per la prima volta di confrontarsi con un materiale “permanente” come il marmo.
Nicola Martini (n. 1984, Firenze; vive e lavora a Milano). Il progetto di Martini prende il titolo di “Kuka R2900 ultra F”, nome mutuato da una delle macchine fresatrici a controllo numerico presente nel ciclo di produzione dell’azienda. La massa lapidea – ovvero, il blocco di marmo scelto dall’artista dalla cava delle Cervaiole sul Monte Altissimo – verrà perforata dalla macchina per tutto lo spessore del blocco e in ogni direzione. Questo processo, che lo erode e lo scarnifica dall’esterno verso l’interno, terminerà soltanto nel momento in cui potrebbe compromettere la resistenza meccanica del blocco. Scavare una pietra fino al punto precedente al suo collasso significa non solo aderire al processo con cui essa arriva a noi e amplificarlo, ma è anche riconoscere l’ontologia della pietra, un archivio documentale formatosi dall’accumulo ed erosione di rocce sedimentarie nei millenni. L’opera con la sua moltitudine di perforazioni vuole rivelare il sottratto e, nel volume asportato e ricollocato, creare un ponte fra la memoria lapidea e quella umana.
Tarik Kiswanson (n. 1986, Halmstad; vive e lavora a Parigi). Kiswanson è nato in Svezia da una famiglia di esuli palestinesi e per oltre un decennio ha esplorato le nozioni di assenza di radici, metamorfosi e memoria attraverso una pratica interdisciplinare. Le forme e le modalità di percezione che le sue opere suscitano sono permeate da eredità di dislocamento che comprendono non solo la sua identità di migrante di seconda generazione, ma anche vicende collettive più ampie, fatte di rotture, perdite e rinnovamento. Nella serie di sculture intitolate Cradle (Culla), le opere sono simil a bozzoli che ricordano gli stati di trasformazione in natura, come crisalidi, uova o semi. Queste forme alludono a uno stato nascente di possibilità e suggeriscono l’immanenza del divenire – la nascita, la rinascita – ma sono anche intese come luoghi di rifugio e di ritiro. Kiswanson ha utilizzato finora la resina e la fibra di vetro per le sue opere e per la prima volta realizzerà una Culla in marmo che, nonostante il materiale, possa acquistare leggerezza. Far levitare un materiale pesante è un’idea alla base della creazione, ma non solo. La levitazione è la metafora della mancanza di radici ed è, soprattutto, l’incertezza generale che attraversa il mondo in questo momento storico.
Le opere di Olivia Erlanger, Nicola Martini e Tarik Kiswanson saranno esposte per la prima volta nella sede della Fondazione Henraux a Querceta di Seravezza dal 21 luglio al 30 settembre 2024 nello spazio espositivo dedicato al Premio, la antica segheria di Henraux.