All’età di 92 anni è scomparsa sabato 15 giugno Ada Battistini, superstite della strage di Sant’Anna di Stazzema e testimone nel processo di La Spezia che ha visto condannare all’ergastolo dieci gerarchi delle Ss. Aveva tredici anni il 12 agosto del 1944, quando i nazifascisti uccisero nel paesino di Stazzema 560 donne anziani e bambini: fu risparmiata insieme ad altri da un giovane soldato tedesco, che sparò altrove, a delle pecore, e non ai civili. Ma in quel giorno perse il padre, che fu ucciso durante la discesa verso Valdicastello, e tanti altri familiari.
Ada Battistini abitava, a Sant’Anna, nella località Coletti. Dopo la strage continuò ad abitare lì finché nel ’58 andò a vivere a Strettoia dove è rimasta per tutta la vita con il marito Cesare Cinquini. Lascia due figli, Franco e Maria Pia. “Era una bravissima persona – ricorda il genero Vittorio Tommasi – che ha dedicato tutta la sua vita alla famiglia e a Sant’Anna di Stazzema, perché quando poteva e d’estate era sempre nella sua casa di Coletti. Ada si era infatti occupata anche del fratello, accudendolo per tanto tempo”.
Ada era affetta da molto da una malattia che non le aveva risparmiato altra sofferenza fino a sabato. La messa funebre sarà celebrata domani (lunedì 17 giugno) alle ore 15 nella chiesa di Strettoia. Alla famiglia vanno le più sentite condoglianze dell’amministrazione comunale di Stazzema e dell’Associazione Martiri di Sant’Anna di Stazzema.
Di seguito la testimonianza di Ada Battistini riportata nel libro di Oliviero Toscani “Sant’Anna di Stazzema. 12 agosto 1944. I bambini ricordano”.
“Sono nata a Sant’Anna l’11 luglio 1931. Il 12 agosto mi ricordo che, dopo essere passate alcune, un paio, di squadre di soldati, ne son venuti cinque a casa mia. Il babbo non volle andar via. C’eran parecchi sfollati, giù, di Pietrasanta, fra tutti eravamo una cinquantina. Si misero, questi militari, si misero uno per angolo della casa ed uno entrò in casa. Frugò la casa di fondo in cima e poi diede foco alla casa. Poi ci dissero di andare a Valdicastello. Quando siamo partiti, s’è sentito delle scariche di mitraglia alle case di sotto: ne ammazzarono ventidue, ventitre-ventiquattro, ci furono dei feriti, tra cui la bambina, Anna Pardini, che era in braccio alla mamma, di pochi giorni. Fatto, non so quanto, un chilometro-un chilometro e mezzo, ci fecero fermare e ci misero tutti ammucchiati con un giovane, molto giovane, biondo, che non parlò mai, appoggiato di fronte a noi col mitra. E quando furon passati tutti i militari, lui ci fece il cenno con la mano, così, come dire di stare calmi. Lui non parlò mai. lo un l’ho sentito, che mi ricordo io, un l’ho sentito parlare. E al posto di sparare a noi, verso noi, girò, si girò di posizione e sparò su nel monte.
C’erano tre o quattro pecore, cinque e ammazzo quelle, sparò a quelle. E noi si rimase lì. Dopo poco passò una delle mi’ cugine, sorella della Lilia, della Siria, dell’Adele. E disse “O zia! hanno sparato alla mi’ mamma, c’ha la bimbina in braccio, venite via”. E la mi’ mamma le disse “lo Cesira un ce la faccio”. Era tutta piena di sangue. Aveva una pallottola nel braccio.l più erino morti. C’avevino ammazzato le mi’ cuginette, l’Orietta Pardini, la Sara e la su’ mamma, la Gelsomina. E poi ce n’era tante. C’erano tre donne in stato interessante, perché erin le case piene di sfollati. A casa mia, una casa sola, erimo in cinquanta fra la casa le casette, le capanne. Cinquantuno, cinquantadue. Dopo, questo ragazzo andò via. Ci fece così con la mano. Andiede via.
Il mi’ babbo era un ragazzo del ’99. Aveva fatto, diceva sempre, ventisette mesi di guerra senza ritornare a casa. E la mamma è morta quattro anni dopo dalle sofferenze… quattro anni dopo. Il dottor Lucchesi disse: “Questa riè una vittima di Sant’Anna. Quattro anni! La mi’ mamma e, dopo, il fratello più grande, che aveva diciassette anni, dopo il fatto, si ammalarono. Lui prese il broncopolmonite. E dopo la mamma. Le venne la flebite alle gambe. Nel ’48 è morta anche lei. Una flebite acuta, un’infezione. E… così… si rimase quattro ragazzi con la casa bruciata. Mezza, non tutta, metà. … Il dottore, il Lucchesi vecchio, disse “Questa è un’altra vittima dell’eccidio di Sant’Anna!”.
La mi’ mamma era del ‘900 è morta nel ’48, quarantott’anni. Il mi’ babbo era del ’99”.