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venerdì, Novembre 22, 2024

Noi siamo la nostra memoria. La psicoterapeuta Brunella Bartalini spiega una importante funzione del cervello

Riceviamo e pubblichiamo un articolo della psicologa e psicoterapeuta Brunella Bartalini pubblicato nel nuovo numero di “Amici del Cervello News”, il periodico dell’associazione per la ricerca neurologica ARNo presieduta da Gianfranco Antognoli. L’autrice, neuropsicologa clinica, esercita la sua attività presso il dipartimento di riabilitazione area sud dell’Asl Toscana nord ovest. In questo ambito ha un’esperienza pluridecennale. Si occupa di diagnosi neuropsicologica e progettazione dell’intervento riabilitativo.

Quante volte ci troviamo a vivere l’esperienza soggettiva di perdita della memoria? quella sensazione che l’informazione sia lì, vicina alla consapevolezza eppure ancora lontana e impossibile da recuperare con la velocità che servirebbe. La smemoratezza preoccupa ed oggi forse più che in passato, spaventa. Cosa succede al nostro cervello in quei momenti? Il cervello è una macchina molto complessa ed è formato da cellule che si chiamano neuroni. La loro forma e la loro particolare caratteristica li rende molto simili a dei trasmettitori. La loro funzione è infatti quella di trasmettere e ricevere informazioni che provengono da ogni parte del corpo o dall’esterno.

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Una delle funzioni più importanti del nostro cervello è la memoria. Noi di fatto, siamo la nostra memoria, qui custodiamo la storia della vita, le conoscenze, gli affetti ed i dolori. La memoria è così importante per la sopravvivenza dell’individuo che il cervello ha acquisito modi diversi per ricordare o rievocare le informazioni. In particolare, il nostro cervello ci
fa ricordare meglio le esperienze che hanno un significato emotivo.

In pratica, memoria ed emozioni viaggiano insieme. Ad esempio, siamo in grado di ricordare sia le parole che i suoni. Quando ascoltiamo una musica che per noi ha un significato, l’armonia ci riporta là in quel momento particolare della vita. Ricordiamo gli odori, i profumi che ci permettono di rievocare le immagini del passato come l’odore della torta di mele fatta dalla nonna, l’odore dell’abbronzante che ci trascina nell’estate anche se è gennaio, l’odore dello zucchero filato che ci ricorda il carnevale ed altro. Ricordiamo le sensazioni, come l’ansia prima degli esami o il batticuore del primo bacio. La memoria usa anche le coordinate spaziali che ci permettono di orientarci in strada o dove abbiamo appoggiato le chiavi di casa.

Ricordare è così importante per la nostra vita che il nostro cervello usa diverse strategie per trattenere e recuperare le informazioni. Le emozioni possono influenzare la memoria, determinando quali informazioni vengono codificate, conservate e recuperate. Allo stesso tempo, la memoria può influenzare le emozioni, consentendo di richiamare e rivivere esperienze emozionali passate. Gli eventi ed esperienze che evocano un’emozione intensa o significativa tendono ad essere memorizzati in modo più efficace rispetto a quelli che non suscitano una risposta emotiva. Questo fenomeno, noto come “effetto dell’incidenza emozionale” (Morganti, 2012), implica che le emozioni possono agire come un “segnaletica” per il sistema di memoria, determinando quali informazioni sono ritenute rilevanti e meritevoli di conservazione. Ad esempio, le esperienze che provocano paura, gioia intensa o tristezza profonda tendono ad essere ricordate in modo più vivido (Le Doux, 2016).

D’altra parte, la memoria può influenzare le emozioni attraverso il processo di recupero ed interpretazione di esperienze passate. Il richiamo di memorie emozionalmente cariche può portare alla rievocazione delle emozioni associate a quelle esperienze. Ad esempio, il ricordo di un evento traumatico può scatenare una risposta emotiva intensa, come la paura o l’ansia (LeDoux,2016). Allo stesso modo, il recupero di ricordi felici o gratificanti può suscitare emozioni positive.

La memoria nel cervello, si trova un po’ dappertutto. Le informazioni e le emozioni vengono tracciate nel nostro cervello insieme. La memoria è una funzione composta da vari sottosistemi. Apprendere e recuperare le informazioni include una fase di codifica, consolidamento (ad esempio la ripetizione), immagazzinamento, recupero e attenzione. Si descrive una memoria a breve termine e una memoria a lungo termine. Le memorie del passato risultano essere più resistenti al decadimento perché sono state codificate più a lungo ed in modi diversi.

Le modalità di codifica sono in base alle conoscenze (semantica), le percezioni (percettiva), gli eventi (episodica), le procedure (procedurale) eccetera. Questo spiega perché è molto difficile anche in presenza di patologia, eliminare l’intero processo di memoria anche se può alterarsi parzialmente. Le persone che soffrono di smemoratezza per questo motivo generalmente sanno ricordare eventi del passato. Le memorie più a rischio di decadimento sono quelle più recenti perché meno codificate. Le informazioni del passato sono costantemente consolidate e ciò le rende più stabili nel tempo.

La dottoressa Brunella Bartalini

Da qualche decennio, viene prestata particolare attenzione a quelle patologie (lesioni vascolari, tumorali, traumatiche, tossiche, infiammatorie, neurodegenerative ed altro) che producono un’alterazione delle funzioni cognitive determinando limiti alle autonomie. Le persone che soffrono di questi disturbi portano storie di disagio, caratterizzate dalla sensazione di non essere più gli stessi, di non saper prendere decisioni, rendendo arduo anche la semplice organizzazione di una giornata, come fare una spesa o preparare un pasto.

Per comprendere le possibili cause è necessaria una visita neurologica ed indicata una valutazione neuropsicologica tramite la quale il clinico, intervista il cervello con test e/o questionari e ne analizza il suo funzionamento.

Infine, è utile anche indagare l’aspetto emotivo ed emozionale della persona per non confondere un disturbo ad esempio depressivo, con un decadimento della memoria patologico. Oggi è dimostrato che un trattamento riabilitativo sulle funzioni cognitive anche nelle persone con decadimento patologico, è in grado di rallentare il processo di deterioramento. All’inverso, laddove non siano presenti processi patologici in atto, possiamo mantenere in salute il nostro cervello nutrendolo di stimoli emotivamente significativi collocati in una cornice di vita sana.

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