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venerdì, Novembre 22, 2024

Bitcoin: molti fatti nuovi ma nessun cambiamento sostanziale. L’analisi del professor Roberto Ruozi

Riceviamo e pubblichiamo in anteprima un articolo del professor Roberto Ruozi che sarà pubblicato sul prossimo numero di “Leasing Time Magazine”, il mensile di economia e finanza diretto da Gianfranco Antognoli. L’autore è professore emerito dell’Università Bocconi della quale è stato Rettore dal 1995 al 2000. Inoltre ha insegnato nelle Università di Ancona, Siena, Parma, Parigi (Sorbona) e al Politecnico di Milano. È stato presidente del Piccolo Teatro città di Milano e del Touring Club Italiano.

La vita del Bitcoin inizia circa 15 anni fa quando il suo misterioso fondatore, quel Satoshi Nakamoto la cui vera identità non è stata ancora individuata, decise di lanciare il primo modello/sistema di cripto valute.

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Si è a lungo discusso sulla natura di tale modello/sistema, ma ancora oggi essa non è del tutto chiara. Si dice che è indipendente, decentrato e sostanzialmente amministrato in proprio, ma una gestione c’è indubbiamente anche se piuttosto singolare. Infatti non è diretta da un’“azionista” di maggioranza secondo i principi classici di una spa, ma c’è una guida di fatto impersonata dai maggiori detentori di  Bitcoin, i quali sono un gruppo numericamente non molto ampio che ne detiene, tuttavia, quote rilevantissime.

Le sue sorti sono complesse. Non ha alcun contenuto reale e ha un volume massimo di emissione definito nel protocollo iniziale che dovrebbe essere raggiunto fra qualche anno .Avrebbe dovuto essere strumento di regolamento delle transazioni reali e monetarie garantendo un qualche tipo di anonimato, ma è stato utilizzato in larga parte per finalità non legittime, come i pagamenti nel commercio della droga, delle armi, della prostituzione e soprattutto il riciclaggio del denaro. Come normale mezzo di pagamento, quindi,non ha mai funzionato neppure nei paesi (pochissimi, fra i quali El Salvador) che l’hanno addirittura promossoa livello di moneta legale, mentre ha avuto un forte sviluppo soprattutto come strumento di investimento, specie di natura speculativa.

La volatilità della sua quotazione è infatti adatta a svolgere quest’ultimo ruolo eanche nell’anno in corso ci sono stati clamorosi innalzamenti seguiti da altrettanto clamorose riduzioni, di cui peraltro non sono mai state chiare le cause.

Il loro trend storico rimane comunque in ascesa, che tuttavia non si sa se proseguirà o meno dato che serie previsioni in proposito sono impossibili.

Quanto invece alla volatilità quasi tutti pensano che sia dovuta all’avidità di un numero seppur considerevole di operatori, molti dei quali con essa guadagnano quasi sempre cifre anche considerevoli mentre altri, ben più numerosi, perdono cifre ancora più rilevanti. In effetti, acquistare o vendere Bitcoin è un po’ come giocare d’azzardo, correndo rischi che si trasformano spesso in frodi – come quella recentissima di 2139 Exchange – le quali, ad esempio, l’anno scorso nei soli USA hanno fatto perdere agli investitori circa 5.6 miliardi di dollari.

Le iniziative adottate per cercare di ridurre tale volatilità in tutto il mondo delle criptovalute, bitcoin incluso, come il lancio di EFT specializzati autorizzato recentemente negli USA, hanno avuto un successo inferiore alle aspettative, così come del resto si può dire per l’emissione dei cosiddetti Memecoin, cioè criptovalute legate ai Meme, immagini umoristiche di relativamente bassa lega che si propagano per imitazione e che vanno molto di moda soprattutto fra i giovani, ma ben difficilmente possono svolgere funzioni monetarie e valutarie. Stesso discorso vale per la creazione di Worldcoin, mirante a scansionare l’iride degli utenti offrendo in cambio token di una nuova criptovaluta chiamata WLD.

Le problematiche del Bitcoin continuano per tutti questi motivi a rimanere sotto l’occhio più o meno attento delle autorità di vigilanza, le quali hanno tuttavia ancora molto da fare per porre sotto controllo la situazione e iniziano ad interessare anche quelle politiche. Ciò accade anche in Italia dove un recente decreto legislativo, peraltro già affetto da forti critiche, ha adeguato il trattamento delle criprovalute agli standard europei, le quali saranno quindi tracciabili più facilmente e dovranno essere rispettate con cura per evitare sanzioni pesanti. Ricordo inoltre che, nella campagna elettorale in corso negli USA, Trump, peraltro smentendo quanto aveva detto in precedenza, ha magnificato il loro ruolo, mentre Harris è stata molto più prudente e sembra propensa ad adottare una regolamentazione più stretta di quella attuale. Quanto a Trump egli ha addirittura lanciato una piattaforma personale di criptovalute che dovrebbe (in verità non si sa come) essere un’ alternativa rispetto alle banche che egli considera nemiche dei conservatori.

In sostanza, comunque, tutto quanto visto fin qui non ha cambiato quasi nulla delle principali caratteristiche strutturali e funzionali del modello/sistema in esame. Qualche novità ci potrebbe invece essere in seguito alla riduzione alla metà della quantità dei Bitcoin di nuova emissione prodotti giornalmente, che dall’aprile scorso sono passati da 900 a 450. È indubbio che questo provocherà una riduzione dell’offerta e quindi, a parità di altre condizioni, un aumento delle quotazioni, ma su queste potrebbe influire anche l’aumento dei costi di produzione. Sta di fatto che la speculazione ha già acquistato quantità consistenti di Bitcoin sperando nel suddetto aumento delle quotazioni. Avrà ragione? È difficile dare una risposta precisa al quesito perché fare previsioni su un fenomeno monetario non legato all’economia reale è impossibile. Del resto, chi vivrà vedrà, senza tuttavia farsi nessun tipo di illusione, fermo restando che alcuni continueranno a fare buoni guadagni se la fortuna nell’azzardo li assisterà’.

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