Riceviamo e pubblichiamo in anteprima un articolo di Mario Sabato (Financial & International Consultant) che sarà pubblicato sul prossimo numero di “Leasing Time Magazine”, il periodico di economia e finanza diretto da Gianfranco Antognoli.
La gestione che ci occupa consiste nell’ottimizzare i flussi di entrata ed uscita, causati da operazioni finanziarie e commerciali svolte dalle imprese interessate all’import-export; tale gestione risente delle politiche e delle tecniche per l’accelerazione dei flussi di entrata fondi e per il possibile ritardo dei flussi in uscita. Il controllo in azienda della liquidità internazionale si propone di regola due obiettivi fondamentali: la minimizzazione del rischio di cambio e la conduzione integrata dei flussi finanziari internazionali, il tutto nell’ambito dei vincoli di natura anche valutaria, posti dalle vigenti norme. Quanto precede con l’ausilio di una banca di riferimento ben attrezzata e da utilizzare, dotata di strumenti tecnici adeguati allo specifico business estero aziendale (dealing room, presenza di collegamenti swift, provata professionalità internazionale degli addetti bancari, eccetera).
Il rischio di cambio riguarda tutte le imprese che operano in un contesto internazionale (import-export con fatturazione in valuta anche estera) sia in una configurazione più complessa, di vere e proprie aziende multinazionali. L’oggetto del rischio di cambio per aziende Italiane internationally oriented è rappresentato contabilmente sia dai debiti e crediti in divisa estera rispetto all’euro sia dalle operazioni già in essere su cui l’azienda ha assunto precisi impegni contrattuali. Ad esempio, per un’impresa che esporta beni e servizi, l’oggetto del rischio di cambio è rappresentato dai crediti in valuta e dagli ordini ricevuti con prezzi e fatturazione in valute non modificabili. Viceversa, per un’impresa importatrice il rischio di cambio può riguardare i debiti in valuta estera, gli ordini già emessi e non revocabili con prezzi e fatturazione in valuta, come pure eventuali ordini non ancora emessi ma da emettere a fronte di impegni già assunti contrattualmente con la propria clientela. Diventa più importante e complesso il calcolo del rischio di cambio per un’impresa multinazionale, dove l’oggetto del rischio di cambio è rappresentato a livello di singola unità estera, dai debiti e dagli ordini di valuta rispetto alla moneta di conto utilizzata della casa madre.
Per le aziende che lavorano con l’estero, sono a disposizione due tipi di politiche sul rischio di cambio, speculative e non. In quest’ultimo caso l’azienda può attuare una copertura totale di tale rischio applicando un costo già compreso nel prezzo merce concordato con il cliente o già considerato nel momento dall’acquisto da un fornitore estero. La politica speculativa invece, tramite l’assistenza, come scritto in premessa, di una banca di riferimento ben organizzata nel business internazionale, tende a gestire il rischio di cambio come vero e proprio fattore di successo imprenditoriale.
In altre parole, l’azienda può decidere di intervenire per ridurre il rischio di cambio, ad esempio non esaustivo, solo in presenza di turbativa dei mercati monetari internazionali, attraverso tecniche di copertura, le cui più importanti concettualmente sono hedging & covering. Tutte le tecniche di copertura del rischio di cambio devono essere supportate da un servizio aziendale che dialoghi con la banca di riferimento e che conosca in tempo reale la situazione dei contratti interessati al rischio, la posizione dell’azienda in euro e nel caso in divise diverse dall’euro, la situazione del mercato dei cambi.
Con le tecniche di hedging in senso stretto si potrà coprire un rischio ove non siano noti la sua scadenza e l’ammontare, mentre se queste ultime entrambe note si adotterà la tecnica del covering.
Di una certa importanza per la direzione delle aziende che lavorano con l’estero sarà quindi, la conoscenza delle seguenti tecniche di copertura, valide sia per l’hedging sia per il covering:
- anticipi sull’estero quale forma tecnica statisticamente più utilizzata sia per l’import sia per l’export; di fatto la banca di riferimento aziendale può anticipare all’importatore la valuta necessaria per il pagamento del fornitore all’estero a scadenza, mentre al contrario, può anticipare all’azienda che esporta il pagamento del cliente estero prima della scadenza contrattuale;
- swap di natura valutaria, per coprire il rischio, acquistando a termine e contemporaneamente vendendo a termine in valuta;
- arbitrage, cioè indebitarsi in Paesi/divise estere con bassi tassi di interesse interni per poi investire tali fondi in Paesi esteri caratterizzati da elevati tassi di interesse;
- attuare operazioni di copertura rischio in contanti (spot) tramite banca, cioè con un vero prestito oppure vendita di valuta a termine con operazioni di importo pari ai debiti o crediti valutari che l’azienda interessata ha in essere con controparti estere;
- sottoscrivere un contratto di assicurazione sui cambi quale tecnica più semplice di copertura rischio di cambio, ovviamente dietro pagamento di un premio ad hoc.
Tutto ciò premesso spetterà quindi al responsabile per le attività con l’estero e della tesoreria aziendale, stabilire con l’ausilio di simulazioni anche temporali, le date di regolamento degli impegni economici dell’azienda, tenendo conto dei tassi di cambio a pronti ed a termine e delle relative previsioni dell’andamento dei cambi, con il fine ultimo di ottimizzare i flussi finanziari con indubbi benefici.