Il tema delle aggressioni al personale che opera nelle strutture sanitarie diventa ogni giorno più rilevante e allo stesso tempo difficile da interpretare e arginare. I dati, infatti, continuano ad essere in preoccupante trend ascendente: al 30 ottobre le segnalazioni di aggressione al personale sono state 585, un valore già più alto di tutto il 2023 (572), il valore atteso entro la fine dell’anno si aggira intorno ai 700 eventi. Le aree più colpite sono i pronto soccorso, le psichiatrie e la REMS, ma ci sono evidenti aumenti anche nelle aree di degenza ospedaliera, negli ambulatori territoriali e nei consultori. Il fatto che, stabilmente, circa l’80% delle aggressioni sia di natura verbale non è opportuno sottovalutare il fenomeno. Infatti, il dolore provocato alcune espressioni rivolte a professionisti che stanno assistendo i loro pazienti è ancor più acuto.
“Per provare ad arginare il fenomeno delle aggressioni è necessario conoscere approfonditamente in tempi rapidi quanto accade nelle mostre strutture”. Evidenzia la direttrice generale della ASL Toscana nord ovest, Maria Letizia Casani. “Per questo abbiamo messo in atto un sistema di segnalazione facilmente fruibile e campagne informative per sensibilizzare i dipendenti all’uso di questo strumento. L’analisi dei dati è affidata ad un gruppo multidisciplinare che valuta il problema da più punti di vista: la sicurezza sul lavoro e dei pazienti, l’assistenza medica e psichiatrica, il punto di vista legale e la gestione front-office”.
“Ed è proprio partendo da questa visuale multidisciplinare – ricorda il coordinatore del gruppo aziendale per la prevenzione delle aggressioni al personale sanitario, Massimo Ughi – che hanno avuto origine i percorsi formativi specifici in tema di prevenzione e gestione delle aggressioni pensati e realizzati internamente”.
La ASL infatti, già da alcuni anni, ha attivato due percorsi formativi distinti. Uno rivolto a tutto il personale, con lo scopo di fornire le informazioni base sul tema della violenza sul lavoro. L’altro, in presenza ad alta interattività e riservato agli operatori che lavorano nelle strutture a maggior esposizione (psichiatria, pronto soccorso, medicina legale, front-office amministrativi ecc.) è orientato al miglioramento della gestione del proprio stato d’animo durante l’evento, all’apprendimento delle tecniche di comunicazione e di de-escalation. “Inoltre – prosegue Massimo Ughi – l’Azienda ha deciso di non seguire il filone dell’addestramento all’autodifesa perché pericoloso e non in linea con la mission di un sanitario. In compenso è stato attivato un corso sperimentale in tre edizioni, che partirà in questo mese, incentrato sulla consapevolezza del proprio corpo durante un atto aggressivo, dove si imparerà a proteggere i punti vitali e a sottrarsi da una presa”.
“Chiaramente le azioni di prevenzione e protezione dalle aggressioni non si limitano soltanto agli interventi formativi – sottolinea Maria Letizia Casani – ma si affiancano ad altre azioni concrete. Mi riferisco alla presenza della guardia privata negli ospedali e nelle strutture territoriali. Inoltre, partendo dagli ambiti di Massa, Pisa e Versilia, abbiamo rafforzato il servizio con le volanti che verrà ulteriormente esteso anche negli altri ambiti territoriali. Non dobbiamo dimenticare l’installazione di pulsanti di chiamata di emergenza alla vigilanza privata, oggi presenti in tutti i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC), in vari Pronto Soccorso e in alcuni Ser.D. e la fornitura di dispositivi per la chiamata di emergenza geolocalizzata ad una parte del personale dell’Assistenza Domiciliare Integrata e ai medici di continuità assistenziale”.
“Non dimentichiamo – interviene Luca Cei, direttore del dipartimento legale – che siamo tra le pochissime realtà sanitarie in Italia che ha attuato le indicazioni della legge 113 del 2020 sulla protezione degli operatori sanitari. Infatti, dal 2021 a d oggi abbiamo applicato, grazie alla collaborazione del Comando NAS Carabinieri di Livorno, oltre 30 sanzioni amministrative di mille euro ciascuna a soggetti che hanno minacciato o offeso gli operatori”.
“Queste sono tutte azioni importanti e onerose – ricorda Massimo Ughi – che da sole non sono comunque sufficienti ad arginare il fenomeno e che in ogni caso necessitano di tempo e risorse prima che possano interessare capillarmente tutte le strutture. Per questo è fondamentale la fase formativa che sarà ulteriormente sviluppata”.
“Infine – chiude la direttrice generale Maria Letizia Casani – mi preme evidenziare il lavoro che stiamo portando avanti con le Prefetture, non solo per adempiere a quanto previsto dalla Legge 113/2020 circa la stesura dei protocolli operativi, ma anche e soprattutto per instaurare un rapporto sistematico, utile alla conoscenza reciproca e all’individuazione del confine tra il dovere di cura e il diritto alla protezione da un reato di ordine pubblico”.