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martedì, Marzo 4, 2025

L’era di Trump: come gestire il portafoglio di questi tempi. I consigli dell’esperto di finanza Marco Parlangeli

Riceviamo e pubblichiamo in anteprima un articolo di Marco Parlangeli che sarà pubblicato sul prossimo numero del periodico di economia e finanza “Leasing Time Magazine”, diretto da Gianfranco Antognoli. L’autore è iniziatore e principale autore del magazine finanziario online “Economia.ai”, oltre ad avere una ricca esperienza professionale nell’ambito bancario italiano ed europeo: tra gli incarichi più prestigiosi che ha ricoperto, quello di Direttore Generale della Fondazione MPS fino al 2011 e di Presidente dell’Associazione delle Fondazioni Bancarie Europee (European Foundation Center).

Potrà non piacere, ma l’era che si è aperta con questo anno giubilare sarà inevitabilmente l’era di Donald Trump. Al di là dei metodi discutibili,non c’è dubbio che il suo rientro sulla scena ha conseguenze rilevanti sull’economia mondiale e sull’andamento dei mercati finanziari, con le quali dovrà fare i conti anche chi gestisce patrimoni. Vediamo cosa possiamo aspettarci da questo punto di vista.

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Il primo aspetto rilevante della “trumpnomics” è l’introduzione mirata di dazi all’importazione. Il dazio è un onere che viene fatto gravare sui beni e servizi importati, in modo tale che il loro prezzo risulti più alto per il consumatore, che così sarebbe portato a preferire i prodotti nazionali.

Donald Trump è convinto che i dazi possano riequilibrare la bilancia commerciale americana, con due effetti: incrementare gli introiti fiscali dalle tariffe, finanziando così i nuovi tagli delle tasse sul reddito, e riportare numerose aziende a creare posti di lavoro negli Stati Uniti. Queste convinzionipossono avere una qualche ragion d’essere solo nei primi tempi; in seguito, tende a prevalere la riduzione del reddito del paese e la penalizzazione dello sviluppo che l’inefficienza produttiva e commerciale comporta a livello globale.

Lo scopo è quello di agevolare le imprese nazionali che vengono così premiate nonostante siano meno efficienti, ma allo stesso tempo penalizza i consumatori che si trovano a dover pagare di più, contribuendo inoltre a far aumentare l’inflazione.

Il timore di una ripresa dell’inflazione, dopo che con grande difficoltà e a costo di due anni di politiche monetarie restrittive, è così tornato di bruciante attualità, tanto che la Fed, la banca centrale USA, ha immediatamente sospeso la policy di riduzione dei tassi di interesse che aveva iniziato ad intraprendere.

L’anno passato è stato caratterizzato da una persistente, grande, e per certi aspetti inattesa crescita dell’economia statunitense, che ha visto continuare ad aumentare, insieme al reddito nazionale e all’occupazione, in primo luogo il mercato azionario. Al contrario, il mercato delle obbligazioni è stato ancora deludente. Le ragioni di questo andamento sono molteplici, ma le principali sono senz’altro le scelte di politica monetaria e di bilancio effettuate da banca centrale e governo USA, oltre alla buona performance di produzione, reddito e occupazione. Sullo sfondo, sempre rilevante, l’andamento dell’inflazione e le sue prospettive future.

Questo fa prevedere un periodo di relativa stabilità dei corsi: chi ha investito in azioni non avrebbe dunque da temere brusche cadute, ma non ci sono neanche da aspettarsi continui rialzi, come è avvenuto nel 2024, perché le quotazioni hanno raggiunto livelli record. Tutto questo, ovviamente, al netto di sempre possibili improvvisi peggioramenti dello scenario geopolitico legato alle guerre in corso in Europa e Medioriente.

Ancora presto, invece, per entrare in forza sul mercato obbligazionario, specie per le scadenze più protratte, mentre potrebbe non essere una cattiva idea avvicinarsi alle scadenze brevi e medie, con durata residua entro i 18 mesi.

Sul mercato azionario europeo hanno invece pesato le incertezze in merito allasituazione politica francese, tuttora ben lontana da una soluzione stabile, e soprattutto la marcata debolezza economica della Germania. Viste le basse quotazioni dei titoli azionari, potrebbe valere la pena di inserire in portafoglio qualche buona azione con prospettive di crescita, come ce ne sono, ad esempio, sul mercato italiano.

Pressoché unanimi sono invece gli analisti nel prevedere una crescita dei paesi emergenti e in particolare di quelli asiatici. Anche in questo caso può essereconsigliabile incrementare l’asset “azionario Asia”, facendo tuttavia attenzione ai possibili effetti negativi della politica di chiusura verso la Cina e di dazi doganali annunciata da Trump.

Positivi anchei pareri orientati al probabile apprezzamento, fra le commodities, di oro e petrolio. Il primo sta continuando a crescere, mentre il secondo potrebbe beneficiare di una ripresa, date le quotazioni particolarmente depresse registrate l’anno scorso. Dunque, riepilogando: azioni USA almeno per quest’anno ancora da tenere ma da non incrementare; azioni europee e italiane da maneggiare con cura ma da scegliere in modo selettivo; obbligazioni da evitare a meno che abbiano durata residua breve; e un occhio di riguardo per i mercati asiatici e per le commodities.

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