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sabato, Maggio 17, 2025

La superstite Adele Pardini inaugura all’Università di Costanza la mostra su S.Anna e incontra il figlio di una Ss

Mercoledì scorso Adele Pardini, la superstite della strage di Sant’Anna di Stazzema sorella di Anna Pardini, la vittima più giovane uccisa dai nazi-fascista, si è recata all’Università pubblica di Costanza per inaugurare la mostra “Raccontare la sopravvivenza. Sant’Anna di Stazzema 12 agosto 1944 – 2024” che hanno realizzato gli stessi studenti tedeschi. Con lei una delegazione dell’Associazione Martiri di Sant’Anna composta da Graziano Lazzeri, figlio di Adele, e da Massimo Pieri figlio di Enrico Pieri. A riceverli alcuni professori dell’università, e l’assessore della città Andreas Osner.

Adele poi, in città a Costanza, ha fatto un incontro davvero significativo e speciale degno di una rappacificazione fra il popolo italiano e quello tedesco: ha colloquiato e conosciuto  Peter Gobmeier, figlio di una Ss nazista che operò sulla Linea Gotica e probabilmente anche a Stazzema.

Peter Gobmeier figlio di una Ss nazista e Adele Pardini superstite di Sant’Anna a cena insieme

L’iniziativa si è svolta a Lutherkirche di Costanza, dove Adele Pardini e l’associazione Martiri di Sant’Anna hanno incontrato circa 200 studenti in due dipartimenti universitari e alla sede della mostra. L’evento si è svolto in due fasi. Prima ci sono stati i saluti alla delegazione da parte del professore Rüdiger Wilhelmi, prorettore per la didattica dell’Università di Costanza, del professor Michael Schwarze del forum italiano dell’Università di Costanza, e del dottor Andreas Osner assessore comunale all’istruzione, alla salute, alla cultura, alle politiche sociali e allo sport della città di Costanza.

Successivamente un approfondimento, che ha preso il via con la testimonianza di Adele Pardini che ha raccontato ai tanti presenti gli episodi che contraddistinsero lei e la sua famiglia la mattina del 12 agosto 1944. Dopo di lei sono intervenuti Graziano Lazzeri e Massimo Pieri portando i saluti dell’Associazione Martiri e la loro testimonianza di prima generazione di chi scampò a quella tragedia. Dopo di loro hanno preso parola Maria Lidola professoressa di etnologia, Sarah Seidel professoressa di scienze della letteratura, e Petra Quintini professoressa di sociologia e traduzione, tutti dell’Università di Costanza.

“Vi ringraziamo di questo dono, la vostra visita – ha commentato Petra Quintini -. Grazie veramente di cuore di aver permesso di conoscere la storia di Sant’Anna di Stazzema ai numerosi cittadini ma soprattutto di averci permesso di ascoltare le parole di Adele, Graziano e Massimo. Avete raggiunto anzi toccato nel cuore e nel profondo anche quasi 200 studenti di tre scuole e i loro insegnanti. Avete condiviso la storia con tantissimi professori universitari che erano presenti”.

Al termine degli interventi, si è svolta la visita guidata che ha ufficialmente inaugurato la mostra “Raccontare la sopravvivenza. Sant’Anna di Stazzema 12 agosto 1944 – 2024”, che è esposta al Bürgersaal fino a fine maggio. La toccante e densa esposizione, fatta di testimonianze video, documenti fotografici e scritti, era già stata allestita, per la prima volta, a Sant’Anna di Stazzema la scorsa estate, dal 12 agosto al 25 agosto, nella Fabbrica dei Diritti. 

La mostra “Raccontare la sopravvivenza Sant’Anna di Stazzema” a Costanza

Discorso dell’assessore Andreas Osner

“Sono molto lieto di darvi il benvenuto a nome della città di Costanza e in rappresentanza del sindaco Uli Burchardt. Il sindaco vi invia i suoi più cordiali saluti e vi chiede di scusarlo per non poter essere presente personalmente a questo appuntamento. È per me un onore poter parlare oggi qui, nella Lutherkirche di Costanza,  un luogo di raccoglimento, memoria e comunità. E, a mio avviso, un luogo particolarmente degno per l’inaugurazione solenne della mostra “Raccontare la Sopravvivenza -Sant’Anna di Stazzema”.

Il 12 agosto 1944, delle squadre Ss massacrarono 560 persone nel piccolo paesino di montagna Sant’Anna di Stazzema, tra cui molti bambini, donne e anziani. Per decenni, questo crimine è rimasto in gran parte dimenticato. Solo negli anni ’90, il ritrovamento di alcuni fascicoli a Roma ha portato alla luce tutta la portata di quanto accaduto.

Il fatto che qui e oggi possiamo dare spazio alle vittime con volti, voci e storie lo dobbiamo all’impegno di circa 40 studenti dell’Università di Costanza, nell’ambito di un progetto di trasferimento nato dalla collaborazione tra l’impegno della società civile e l’Università di Costanza. Sotto la guida della Dr.ssa Maria Lidola e della Dr.ssa Sarah Seidel, insieme a Petra Quintini, è nata una straordinaria mostra multimediale che dimostra come la memoria possa essere raccontata oggi, in modo sensibile, polifonico e commovente. Ringrazio di cuore tutti i partecipanti per questo straordinario impegno, che va ben oltre i soliti impegni dell’insegnamento accademico.

Questo è un esempio di responsabilità concretizzata. La mostra è coofinanziata dall’Ufficio per le Relazioni Internazionali di Costanza e dall’Ufficio Cultura della città. E questo non è un caso: Costanza si considera una città internazionale e aperta al mondo, un atteggiamento che si riflette nella Dichiarazione di Costanza del 2018. In essa affermiamo il nostro impegno per una convivenza democratica, tollerante e solidale, soprattutto in tempi in cui i valori fondamentali vengono sempre più messi in discussione da alcuni.

Forse qualcuno si chiede perché qui a Costanza dovremmo occuparci di un massacro avvenuto in un villaggio toscano. A questa domanda posso solo rispondere: Sant’Anna ci riguarda tutti. Siamo parte di una città aperta al mondo  eppure il mondo è spesso più piccolo di quanto immaginiamo. Se guardate intorno a voi, troverete anche nel vostro ambiente persone segnate o traumatizzate dalla guerra e dalla violenza, sia per eventi passati che per conflitti attuali. Anch’io ho una storia familiare vicina a questo tema: il nonno della mia assistente  personale, Alexandra Bek, proveniva dalla Toscana. A soli 18 anni fuggì dalla prigionia tedesca e si nascose tra le colline delle Alpi Apuane. Da lì, assistette con i suoi occhi alla distruzione di Sant’Anna. Decenni dopo nel 2014, qui a Costanza, incontrò Enrico Pieri, un sopravvissuto al massacro. Entrambi oggi non ci sono più, ma le loro storie vivono ancora. Questa sera abbiamo l’onore di avere con noi Massimo Pieri, figlio di Enrico, che anche ci parlerà fra poco.

Ci sono molti legami tra cittadini impegnati di Costanza e Sant’Anna, e sono proprio la profonda amicizia e la fiducia costruite attraverso questi incontri che hanno reso possibili progetti come quello che celebriamo oggi. Dal 2017, volontari di Costanza partecipano ogni estate all’organizzazione dell’incontro giovanile “Campo della Pace” nell’estate a Sant Anna di Stazzema. Quest’anno sarà già per la nona volta, che ragazzi e giovani adulti di Costanza e di altre località hanno avuto e avranno opportunità di partecipare a questo significativo evento. Molte di queste storie italiane legate alia nostra città sono state raccolte dal nostro archivista cittadino, il Prof. Jürgen Klöckler, nel volume “Costanza e l’Italia”. Inoltre, il regista di Costanza Jürgen Weber ha realizzato nel 2016 un importante documentario intitolato “Il secondo trauma di Sant’Anna di Stazzema”, nato da questi incontri. Questo film ha contribuito in Germania a sensibilizzare il pubblico sulla tragedia del massacro e sull’assenza di una completa giustizia legale.

Gentili presenti oggi ci poniamo tutti una domanda: cosa significa questa parte della storia per noi e per le generazioni successive? E si dice che abbiamo una responsabilità. Una responsabilità per il ricordo, per la memoria, per il “Mai più!”. Sant’Anna non è un capitolo lontano, ma fa parte della nostra storia comune, tedesca, italiana, europea. E questa storia non è ancora conclusa. Finché non sarà fatta piena giustizia, la nostra responsabilità rimane. Auguro a questa mostra di accogliere molti visitatori attenti e sensibili. Che possa creare uno spazio per l’empatia, la consapevolezza e una memoria che non sbiadisce, ma che continua a ispirare e a muovere. Grazie mille. Grazie e #maipiusantanne”.

Saluto del prorettore prof. Rüdiger Willheimi

“Sono molto felice di essere qui stasera per inaugurare insieme a voi questa speciale mostra. È il risultato impressionante di un “progetto di trasferimento (collegamento mirato tra l’insegnamento accademico e la società civile) di grande successo, che pone al centro l’interazione tra università e società civile. Il tema di questa mostra tocca una questione importante e profondamente commovente. L’idea è nata dalla signora Quintini, che lavora nel dipartimento di sociologia presso l’Università di Costanza e si impegna con grande passione nel progetto Stolpersteine. Dal 2017 dirige un campo di pace annuale per giovani tedeschi e italiani a Sant’Anna di Stazzema, un luogo tristemente noto per uno dei crimini più terribili della Seconda Guerra Mondiale.

In collaborazione con l’etnologa signora Lidola e la studiosa di letteratura, la dottoressa Seidel, è stato organizzato un seminario con 39 studenti. La domanda centrale era: “Com’è convivere con un’esperienza così terribile?” Nel maggio 2024, gli studenti si sono recati insieme al cameraman Mark Dölling a Sant’Anna di Stazzema per incontrare sopravvissuti, volontari impegnati nella memoria e altre figure rilevanti, tra cui il procuratore militare Marco de Paolis che si è occupato dell’elaborazione giuridica dei fatti.

Le impressioni di questi incontri saranno documentate, analizzate e riassunte in questa mostra. La mostra sarà presentata per la prima volta nell’agosto 2024 a Sant’Anna, in occasione dell’80° anniversario del massacro, e successivamente, nel novembre 2024, a Stoccarda. Proprio a Stoccarda la mostra rappresenta un punto di riferimento importante, dato che l’elaborazione giuridica dei crimini li -per dirla in modo cauto – è stata piuttosto controversa.

Ora, la mostra è qui a Costanza. Particolarmente significativo è il fatto che alla realizzazione della mostra abbiano partecipato anche i sopravvissuti a questo eccidio che li ha segnati con un dolore indicibile. Provo una profonda gratitudine per la loro disponibilità a condividere le loro esperienze con noi e con gli studenti – un gesto che sicuramente non deve essere stato facile.

Immergiamoci ora insieme in questa mostra, che non solo ci mostra le atrocità del passato, ma sottolinea anche l’importanza del ricordo e del dialogo. Grazie mille. Grazie e #maipiusantanne”.

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