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venerdì, Maggio 23, 2025

Il debito sovrano statunitense declassato dalle agenzie di rating: i motivi di un declino inevitabile

Riceviamo e pubblichiamo in anteprima un articolo di Alberto Bruschini che sarà pubblicato sul prossimo numero del mensile di economia e finanza “Leasing Time Magazine” diretto da Gianfranco Antognoli.

Un declino inevitabile. Per la prima volta dal 1919 il debito federale degli States non  si contraddistingue per l’attribuzione della  tripla A da parte delle tre Agenzie di rating (Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch).

L’abbassamento del debito sovrano americano da “Aaa” a “Aa1” è un segnale rimarchevole che si caratterizza per la persistenza di due fenomeniche investono da tempo  la società americana e che ne sostanziano la decisione assunta dalle tre agenzie di rating.

Il primo. Una montagna di 37 mila miliardi di dollari di debito pubblico, che continua a crescere nonostante i tagli di spesa, ha fatto crescere la spesa per interessi a fine Aprile  2025 a 579,00 mld  di dollari, con una proiezione che supera i 1.000,00 mld di dollari a fine anno.Il servizio del debito pubblico è divenuto la seconda voce di spesa del bilancio superando addirittura la stessa spesa per la difesa  di536 mld di dollari a fine Aprile 2025.

In un simile scenario i rendimenti dei treasuryUsa sono saliti al 4,5% e quello dei titoli trentennali sono balzati al 5% colpendo in particolare il settore dell’edilizia abitativa  tanto caro a  Trump e di rilevante importanza per la tenuta del sistema economico. Tale andamento  preoccupa le emissioni da parte dei paesi indebitati come il nostro che hanno visto crescere il rendimento dei titoli decennali con dirette  conseguenze sul costo del debito pubblico.

A tutto questo si aggiunge l’incertezza creata dalle funamboliche proposizioni sui dazi del Presidente Trump,che colpiscono le transazioni commerciali che si riflettono sulla stabilità dei  mercati finanziari internazionali e che  minano la fiducia stessa nel dollaro.

Gli States non  disponendopiù della più grande economia produttiva del mondo,  per di più gravati dall’incertezza sull’andamento del commercio internazionale per la guerra dei dazi,  rischiano  di entrare in una condizione complessiva assai pericolosa, tanto da non essere più considerati  il centro sicuro del capitalismo finanziario.

Il secondo. Le Agenzie di ratingprima richiamate, sono legate, mani e piedi,  ai tre grandi fondi di investimento Vanguard, BlackRock e State Street, che direttamente e indirettamente detengono il controllo  dei grandi gruppi tecnologici  americani e che determinano l’andamento della borsa di WallStret, subiscono lo scontroferoce che ormai si è  instaurato tra The Big Tree con la nuova amministrazione americana.

Infatti,le decisioni assunteda Trump sui dazi, anche se in questi ultimi tempi mitigate,  che hanno  scombussolato il mercato economico e  finanziariointernazionale stanno mettendo a rischio persino i cardini della tenuta USA, costituiti proprio dal debito federale e dall’egemonia mondiale del dollaro.

Bisogna prendere atto che le sorti della finanza mondiale sono legate alle “pagelle” delle agenzie di ratingche, essendo  partecipate,  dai più grandi fondi di investimenti mondiali, non sono autorità pubbliche  indipendenti, ma organismi in mano ai cosiddetti “ padroni del vapore”

Il capitalismo finanziario, fino ad oggi di marca yankee, per sopravvivere non può fare a meno di un potere politiconegli States che produca grandi mutamenti strutturali all’interno della propria organizzazione finanziaria ed economica   e che riconosca il grande mutamento  dei rapporti  di forza, non solo economici  tra l’occidente  e l’oriente.

E’ solo la ricerca di un nuovo ordine mondiale che può dare la legittimazione finanziaria al sistema capitalistico americano. La persistenza dell’attuale politica estera e interna dell’amministrazione Trump potrebbe portare a nuovi declassamenti del rating sovrano USA per l’accentuarsi delle fragilità strutturali descritte nei punti uno e due.

Di conseguenza gli effetti della continuazione di tale strategia sarebbero non solo dannosi per gli States, ma creerebbero le condizioni per un disordine mondiale in cui finirebbero per prevalere solo le ragioni della forza economica e militare degli Stati.

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