Più che un romanzo “Una giornata con Dufenne” (come al solito un nome di comodo) è un racconto lungo la cui trama si svolge nel corso di una giornata domenicale. Una giornata, cioè, trascorsa da Mario Tobino nel collegio dove il padre l’aveva iscritto per “raddrizzarlo”, prima dai “ragazzi del “piazzone” e poi da una vita “scioperata” che si rifletteva nei comportamenti non in linea all’apprendimento scolastico. Una giornata del tutto speciale conseguente al fatto che ogni anno tutti gli allievi del collegio di Collefelvi (anche questo un nome di comodo) si ritrovavano per far memoria del tempo qui trascorso. Mario Tobino che non aveva mai partecipato a questa “rimpatriata”, per la prima volta dopo quarant’anni ebbe a parteciparvi su suggerimento dell’allora prefetto di Lucca che vi voleva prendere parte, anche lui allievo di quel collegio. Ma con una scusa di improrogabili impegni, all’ultimo memento ebbe a comunicargli la sua non partecipazione, ma che un noto avvocato della città l’avrebbe sostituito accompagnandolo a Collefelvi. Ebbene se il sostituto l’aveva frequentato per cinque anni e lui soltanto sette mesi, questo soggiorno l’aveva proprio “raddrizzato” e dimentico dei “ragazzi del piazzone” – Ganzù, Adriatico, Truppino, Tanacca e Tono – e degli anni turbolenti della scuola e la poca voglia di studiare.
Quindi un Mario Tobino diventato adulto, psichiatra, primario nel manicomio di Maggiano – addirittura con una parentesi da direttore – avrebbe dovuto rivivere la sua breve ma fruttifera esperienza in quel collegio, rivivendone l’ambiente, poi rimasto pressoché immutato e incontrandovi alcuni compagni di corso del tutto dimenticati. Fra questi un medico delle Terme (non meglio identificato) con cui si è trovato subito a scambiare esperienze e pareri da diversi punti di vista, spesso molto distanti se non addirittura opposti. Ed è proprio con questo personaggio, un po’ borioso e un po’ svampito, che viene immediatamente rievocata la reciproca conoscenza del dottor Mario Pasi, anche lui medico e conosciuto anni prima in diverse ed opposte circostanze. Un dottore, però, che al momento delle scelte salì in montagna per diventare un capo partigiano. Catturato dalle SS e dopo un mese di continue torture venne impiccato quasi morto in un bosco del bellunese.
Ed è proprio sui pareri discordanti su questo eroe della Resistenza che Mario Tobino, di fronte all’indifferenza di questi verso il Pasi, scrive le pagine più belle e partecipate del libro, tanto da superare, forse, quelle a lui dedicate nel libro “Tre amici” insieme all’altro eroe partigiano Aldo Cucchi. E queste sono pagine in cui il ricordo dell’amico impiccato dalle SS, mettono soprattutto in evidenza non solo il menefreghismo del medico delle Terme, ma anche e soprattutto la superficialità degli ex-collegiali e l’indifferenza di chi durante la giornata si esalta soltanto di fronte al pranzo luculliano offerto dalla direzione del collegio, ovviamente accompagnato dalla busta di carta in cui i partecipanti, quasi obbligati, non possono mettere monete spicciole. Infatti tanto Tobino che Dufenne non possono esimersi dal metter dentro un biglietto da mille lire ciascuno.
Non compreso fra le opere riedite recentemente negli “Oscar Mondadori” – come del resto il postumo ed introvabile “Vacanza Romana” – “Una giornata con Dufenne” è un lungo racconto biografico in cui, anche per il comportamento dei convenuti all’incontro, rivive le sue giornate fra quelle quattro mura senza nostalgia, senza falsi rimpianti, ma con la consapevolezza che la sua continua ed ininterrotta convivenza con i “matti” del manicomio, lo rendeva quanto mai felice. Questo lo rivela quando Dufenne lo fa scendere proprio davanti all’ingresso superiore del manicomio, cui ha dedicato e dedicherà tutta la vita di medico psichiatra. Dandogli comunque la possibilità di scrivere non solo “Una giornata con Dufenne”, ma anche i suoi libri sulla vita ospedaliera ed in contrasto con la legge Basaglia, dove i “matti” non esistono più. Lui che li ha curati una vita, che è addirittura diventato primario del reparto femminile di Maggiano e per un anno, già si è scritto, direttore del nosocomio. Tanto da poter quasi affermare che i “matti” esistono più fuori che dentro l’ex convento sul colle di Fregionaia nella zona di Maggiano.
Mario Pellegrini