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lunedì, Luglio 28, 2025

La crisi economica italiana ed europea: quali azioni intraprendere per un cambiamento di passo

Riceviamo e pubblichiamo in anteprima un articolo di Alberto Bruschini che sarà pubblicato sul prossimo numero del mensile di economia e finanza “Leasing Time Magazine” diretto da Gianfranco Antognoli. L’autore è stato a lungo consigliere del Monte dei Paschi di Siena – oggi Banca Mps -, quindi titolare della Presidenza sia a FidiToscana che alla Cariprato; oggi si impegna in una società di consulenza finanziaria e aziendale.

La presidente Meloni ha salutato trionfalmente i mille giorni  di guida del Governo che in Italia sono un’eternità. La longevità nella durata delle cariche apicali di governi o di  importantiorganismi pubblici  è indubbiamente un fatto positivo.

Indipendentemente dalle cause che hanno consentito al Governo Meloni di conseguire questo risultato non  possiamo esimerci da valutare quanto il trionfalismo della longevità si coniughi con lo stato di salute  del nostro paese.

L’aumento degli occupati con il massimo storico di 24,3 milioni, la riduzione dello spread dei titoli pubblici a 10 anni da 230 a 90 puntibase,   la diminuzione del disavanzo dal 7,2%  del 2022 al 3,3% attuale, il rapporto di reciproca stima con la Presidente Ursula von derLeyen, il pieno appoggio all’Ucraina costituiscono degli indubbi risultati positivi  del Governo Meloni.

Tali risultati, tuttavia, non possono conferire la massima tranquillità alla presidente del Consiglio perché contrastano con l’assenza di una politica industriale  capace di assicurare la crescita del sistema economico e della competitività.

Lo stesso incremento di più di un milione di posti di lavoro  in due anni e mezzo di governo, infatti,   non è riuscito a dare forza alla domanda interna che resta debole, né tanto meno alla produzione industriale  che continua un impietoso calo  dopo più di 23 mesi negativi,  con un -1,2% da inizio anno a maggio.

Il positivo andamento dello spread e del disavanzo pubblico non hannoprodotto alcun effetto  sul rapporto debito pubblico PIL che resta oltre il 135% e che nel piano triennale integrato di sviluppo del Governo  è dato in aumento fino al 2027.

Il livello dei salari reali, che secondo il rapporto dell’OCSE risulta ancora inferiore del 7,5% rispetto al 2021, nonostante un solido aumento nel 2024, ci mostra un quadro di luci ed ombre che mal cela le preoccupazioni sia dello stesso governo che dei principali enti intermedi del paese, in primis della Confindustria.

Alberto Bruschini

Il mancato adeguamento dei salari reali al livello di inflazione rivela  un  crescente malessere per l’incremento delle disuguaglianze sia a livello sociale che territoriale. Il distacco tra il Centro Nord e il Meridione si sta amplificando creando maggiori problemi per combattere l’implosione demografica che si fa sempre più preoccupante.

Nel 2060 il nostro paese  perderà il 34% dei lavoratori e il 22% del PIL se non si riuscirà ad invertire una tendenza  che  si radicalizza ogni anno che passa. Un fenomeno di tale portata si combatte con misure che riguardano da una lato  la natalità, intesa sia come provvidenze per i nuovi nati,sia come realizzazione di  un ambiente sociale che consenta alle famiglie di crescere i figli senza stenti e dall’altro, con una  gestione attiva dell’immigrazione che renda attivi quelli che gironzolano per i nostri territori  e che faciliti l’avviamento al lavoro di immigrati  nei paesi fonte di immigrazione.

Per affrontare le contraddizioni inessere non sono sufficienti i pur lusinghieri risultati raggiunti dal Governo. Occorre fare di più. Occorre uscire dalla razionalizzazione dell’esistente, che come tale consente al nostro paese  di galleggiare, ma non  ci permette di nuotare in mare aperto, peraltro sempre più burrascoso per il perdurare delle guerre in Ucraina e in Medio Oriente e per la guerra dei dazi lanciata da Trump.

Al centro dell’azione del Governo, ma anche del Parlamento dovrà esserci la politica industriale nazionale e quella europea. Entrambe devono cambiare passo. Guai a pensare di risolvere i problemi autonomamente. Da soli non si va da nessuna parte. Anche il nostro governo  deve definitivamente uscire dal detto e non detto. Il piede su due staffe non si può continuare a tenerlo. Lo stallo economico in atto lo richiede.

Al Forum degli industriali il Presidente Orsini ha sostenuto con forza che “l’Europa deve reagire a questa sorta di stato di impotenza  per essere competitiva con il resto del mondo”. “Al centro – sostiene Orsini –  è la competitività europea. Ogni paese deve fare la sua parte. Non c’è più tempo da perdere. L’Europa deve crescere  socialmente ed economicamente e l’unica via è quella dell’impresa e dell’Industria”.

Per conseguire un obiettivo di tale portata si rende necessario che l’Unione Europea diventi un tutt’uno, nella politica fiscale, cominciando dalla chiusura dei paradisi fiscali,  nella politica energetica, senza ignorare l’energia nucleare pulita di nuova generazione, nella gestione del risparmio e dei finanziamenti, realizzando l’Unione Bancaria, nel sostegno degli investimenti in beni materiali e immateriali, facendo leva sul debito comune, nella formulazione di una politica mirata dell’immigrazione che si saldi con le misure per la natalità per combattere l’inverno demografico che si estende a tutti paesi europei.

Alberto Bruschini

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