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lunedì, Novembre 25, 2024

Un’università a cielo aperto. Alla scoperta delle Apuane, un mondo unico e irripetibile

Quando si dice o si scrive Versilia normalmente ci si riferisce al mare, alla spiaggia ed a quanto ruota intorno alle località rivierasche che, senza soluzione di continuità, si estendono da Marina di Torre del Lago a Vittoria Apuana. Ora, a prescindere da chi vi abita, crediamo che soltanto pochi siano coloro che si rendono conto che la Versilia autentica non è tanto quella litoranea quanto quella collinare e montana che – anche questa senza soluzione di continuità – spazia verso l’alto. E questo con le vette Apuane del Pisanino e del Pizzo d’Uccello, del Cavallo e del Grondilice, del Tambura e del Roccandagia, dell’Altissimo e del Forato, del Croce e del Corchia, delle due Panie e del Procinto, del Nona e del Matanna, per poi finire con il Prana, che a sud-est conclude la catena dopo una sessantina di chilometri dal Pisanino. Una cima che con i suoi 1.946 metri è la più alta della catena.

Certamente un mondo a sé, che non ha nulla a che fare con l’effimero e l’evasione che caratterizza il turismo estivo – balneare della costa, ma che in ogni caso è parte integrante e determinante di un comprensorio montano che solo qui è in grado di testimoniare la sua storia, i suoi autentici costumi, le sue caratteristiche soprattutto – in pratica la sua unicità – nel contesto complessivo del territorio nazionale. Non è infatti senza significato che in passato si sia parlato di un eventuale asse mare-monti; ovviamente nella prospettiva di un possibile rilancio turistico dell’entroterra versiliese, ma anche con la velata intenzione di favorire soltanto ed esclusivamente la fascia costiera, creandole così una valida alternativa. Ciò attraverso il capillare sfruttamento del territorio con tutte le sue molteplici peculiarità di carattere storico, ambientale, antropologico, geomorfologico e artistico-monumentale, tanto da potere essere definito come “università a cielo aperto”.

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Il Monte Altissimo

Le Alpi Apuane, comunque, non sono una prerogativa esclusiva della Versilia, ma formano il baluardo occidentale della Garfagnana e della Media Val di Serchio, offrendo al sinuoso corso del fiume il loro versante  nord-orientale, molto più aspro dell’altro ma non per questo meno accattivante, soprattutto durante i prolungati innevamenti invernali. Qui le Alpi Apuane (non per nulla definite anche uno scherzo della natura), mostrano infatti l’altra faccia della stessa medaglia, contrapponendosi radicalmente, con i loro picchi, all’ondulata dorsale appenninica che chiude a sinistra il corso del Serchio. Da questa parte, quindi, nessun interesse di valorizzazione per promuovere il turismo valligiano, che ha nella catena apuana solo un fondale naturale che si qualifica solo nella zona settentrionale con l’oasi di Campocatino, sotto il Roccandagia, e la peculiarità della Val Serenaia, fra il Pisanino e il Pizzo d’Uccello.

In questa sede, pertanto, ciò che ci preme è di porre in evidenza l’incomparabile bellezza di questa catena; una catena che in un aspro contesto roccioso di prevalente natura calcarea, non solo offre grandiosità paesaggistiche a poca distanza dal mare, ma anche e soprattutto la possibilità di un nuovo (o forse dimenticato?) rapporto dell’uomo con la natura. Non sa infatti cosa perde – tanto per fare alcuni esempi – chi ancora non ha ammirato l’incomparabile scenario del Corchia e della Pania della Croce dalla piazzola realizzata sotto il Procinto per l’atterraggio degli elicotteri del Soccorso Alpino; o gli stessi Corchia e Pania della Croce (con in più il Pizzo delle Saette) da quell’amenissima vallata costituita dalla Foce di Mosceta; o raggiungere da Fociomboli (sul retro Corchia) e Puntato l’antico e abbandonato alpeggio di Col di Favilla (ai piedi del Freddone); o conquistare il Nona o il Matanna dal Callare partendo dall’Alpe della Grotta, facilmente raggiungibile tanto da Stazzema che da Pomezzana; o raggiungere sull’Altissimo le storiche cave di marmo da cui Michelangelo avrebbe voluto estrarre i suoi “blocchi” (diventati altrettanti capolavori), dopo aver fatto tappa a San Martino alla Cappella e visitato la più elevata delle chiese romaniche della Versilia.

Il Monte Procinto e il Monte Nona

Se poi guardiamo alle Alpi Apuane dall’altro versante ecco che la già citata “Oasi di Campocatino” permette di vivere in uno dei più incantati paesaggi montani, su di un altopiano intorno ai mille metri che da un lato permette di ammirare la frastagliata muraglia del Roccandagia, mentre dall’altro l’orizzonte precipita sull’invaso del Lago di Vagli. Quasi al confine con la Lunigiana, infine, la Val Serenaia – in territorio di Minucciano – si incunea, dopo avere attraversato una secolare faggeta, nella cristallina conca che si apre fra i costoni del Pisanino e del Pizzo d’Uccello, con sullo sfondo i monti Contrario e Cavallo, in un ambiente talmente suggestivo – ivi compreso il passo della Focolaccia – in cui la natura incombe nella sua incomparabile magnificenza.

Mario Pellegrini

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