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giovedì, Novembre 21, 2024

Dati Banca d’Italia: notizie positive e negative per l’economia. Le banche sono però lontane da famiglie e imprese

Scrive giustamente il Prof. Alessandro Volpi dell’Università di Pisa sul Tirreno dell’8 aprile: “Il sistema bancario sta separandosi dalle condizioni dell’economia reale del nostro Paese”. Ebbene, questa è una questione grave in un sistema ‘bancocentrico’ come il nostro… ma ora vediamo i dati.

Si registra una frenata dell’inflazione che si prevede arriverà all’1,3%, e assistiamo ad una ulteriore crescita occupazionale, ma con un PIL che aumenterà nel corso del 2024 meno dell’1%. Alla vigilia della presentazione del DEF da parte del Governo abbiamo le rilevazioni aggiornate di Banca d’Italia. Le notizie positive per l’economia vengono dunque dal fronte dell’inflazione attuale e previsionale e dalla crescita importante delle unità occupate, specie a tempo indeterminato (resta purtroppo sempre il tema negativo dell’occupazione giovanile).

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L’elemento di maggiore preoccupazione è un misero aumento del PIL che le stime vedono in crescita limitata inferiore all’1% annuo. La crescita del prodotto interno lordo, favorita dalla sperabile attuazione dei piani PNRR, sconta una ridotta propensione agli investimenti produttivi da parte delle imprese industriali. Solo gli investimenti privati e pubblici costituiscono infatti  la premessa per la ripresa del fatturato dell’azienda Italia ed una nuova creazione di ricchezza.

Su questo fronte svolgono un ruolo importante, anzi decisivo le banche. Nel primo trimestre 2024 gli impieghi bancari a favore delle PMI flettono ulteriormente rispetto al già molto negativo dato del 31 dicembre 2023 (meno 55 miliardi di impieghi pari ad un meno 7,7%… Fra le 5 grandi banche solo MPS ha aumentato lo stock dei finanziamenti alle imprese a fine anno. E non si dica che ‘il cavallo non beve’ perché non è vero che le aziende non chiedono affidamenti a medio/lungo termine alle banche. Sono al contrario le grandi banche che, con le sole eccezioni delle banche Fintech e di quelle di credito cooperativo, sono ferme con le erogazioni dei finanziamenti finalizzati anche se permangono come noto le garanzie pubbliche MCC e SACE.

Manca invece davvero una politica del sistema bancario che non sia il perseguimento dei dividendi finanziari…, ma senza un rapporto stretto e positivo tra credito e sistema produttivo, specialmente con le PMI, questo è un atteggiamento sbagliato e molto pericoloso per il nostro Paese. Le banche italiane registrano nel 2023 un incremento dei profitti del 42% mentre il credito concesso nello stesso periodo si è ridotto di 55 miliardi e dai conti correnti sono stati prelevati oltre 150 miliardi per ovviare ad un indebitamento divenuto troppo costoso.

La BCE paga inoltre alle banche il 4% sui depositi, mentre il rendimento medio che gli Istituti forniscono ai loro depositanti è ben al di sotto dell’1%. Altro che limitare l’inflazione: si rischia in questo modo di mandare il Paese in recessione mentre oltretutto i soggetti che non soffrono le restrizioni sono solo e soltanto le grandi industrie (meno del 5% dell’intero tessuto produttivo del Paese).

Le banche italiane più importanti per dimensione e quota di mercato, dopo aver visto tonificare i propri bilanci dalla crescita del margine di interesse (oltre 40 miliardi complessivi) rimangono infatti sostanzialmente sorde o comunque poco disponibili alle richieste di credito delle PMI. L’attività da loro preferita nel 2023 e all’inizio del 2024 è stata strettamente finanziaria, giudicata meno rischiosa e più profittevole: la situazione oggettiva è ben espressa dai dati ufficiali di BANKIT e A.B.I. L’unica banca, tra le grandi, che vede crescere gli impieghi – anno su anno – è MPS, mentre le altre hanno tutte dati con segno meno e l’assistenza viene fornita solo e soltanto alle grandi imprese.

In questo quadro preoccupante per lo sviluppo che ‘attende’, Governo e autorità monetarie non possono continuare ad essere solo spettatori. Se l’economia non cresce anche il bilancio dello Stato ne soffre (e si tagliano servizi pubblici essenziali); quindi soffre la parte più debole della società, quella a reddito fisso, dove l’inflazione ha già prodotto i guasti di una diminuzione effettiva dei redditi reali di lavoratori dipendenti e pensionati.

Se, concludendo, non si favorisce un processo di creazione e di redistribuzione della ricchezza nazionale le conseguenze negative si riverberano inevitabilmente sulla parte più debole della società con pregiudizio delle condizioni sociosanitarie che allargano pericolosamente le disuguaglianze peraltro già presenti. O l’ascensore sociale funziona e crea le condizioni di un possibile avanzamento che stimola l’iniziativa individuale, oppure si favorisce un avvitamento economico che metterà sempre più in discussione un modello di garanzia, sussistenza e resilienza che può generale anche ampie negatività sul piano della convivenza civile e democratica del nostro Paese.

Gianfranco Antognoli

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