Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Piera Banti, presidente della Commissione Pari Opportunità della Provincia, sul Giorno della Memoria.
Il Giorno della Memoria è una ricorrenza molto importante in quanto ci permette di tenere vivo il ricordo di quello che fu la Shoah. E, ancor più, di permette di approfondire degli aspetti che, diversamente, rischierebbero di passare inosservati.
Uno di questi – quello su cui si basa la riflessione della Commissione Pari Opportunità della Provincia di Lucca quest’anno – è il trattamento subìto dalle donne ebree durante quegli anni terribili.
Deportate come gli uomini, una volta arrivate ai campi di concentramento, venivano divise dagli uomini e, spesso, dai figli.
Un medico, semplicemente passando loro davanti, decideva se fossero idonee al lavoro, oppure destinate agli esperimenti o ancora se il loro destino fosse quello della morte. Anzianità, disabilità di qualsiasi tipo o gravità anche minima, gravidanza segnavano definitivamente il loro destino.
Non andava meglio a quelle che venivano scelte per restare in vita. Per loro si apriva la strada del lavoro forzato dalle prime luci dell’alba al crepuscolo. Non c’era cibo sano al termine di una simile giornata, ma verdure marce e pane stantio. La prospettiva per loro era una sopravvivenza tra i 30 e i 40 giorni, periodo nel quale spesso contraevano il tifo per la carenza di igiene e cibo.
Periodo nel quale venivano umiliate e vessate in ogni modo per arrivare a un loro completo annientamento.
Le donne, quelle più giovani e piacenti, erano anche utilizzate come ‘oggetto di piacere’: venivano sterilizzate e, quindi, utilizzate in questo senso dai nazisti.
Altre, infine, erano ‘cavie umane’: lo scopo era quello di impedire agli ebrei di riprodursi e, pertanto, i nazisti cercavano la maniera più efficace di rendere sterili le donne. Chirurgicamente o chimicamente, pur di arrivare al risultato, incuranti delle sofferenze provocate alle donne, viste, appunto, solo come animali da laboratorio.
Insomma, quale fosse il ruolo che spettasse alle donne ebree internate, era sempre fondato sull’umiliazione del loro stesso essere donne.
Lo scopo era annientare le donne psicologicamente togliendo loro il nome; spogliandole dei vestiti e della personalità; tatuando loro un numero e facendole diventare ‘quel’ numero; vestendole con stracci e rasandole, in modo che fossero omologate, senza femminilità, senza personalità. Denudate, cosa che all’epoca era il culmine dell’umiliazione soprattutto per le donne, primo anello da spezzare, in quanto genitrici della razza ebraica.
Quello che ci ha portate a fare una riflessione è che la percezione della donna non è poi così distante dall’esasperazione nazista. Lo vediamo nel trattamento loro riservato nei Paesi dove è in corso un conflitto. La donna è e resta l’anello più debole della catena sociale, che è più facile vessare.
I casi da citare sarebbero tanti. Troppi. Basti pensare all’uso dello stupro in vari conflitti in corso come arma di assoggettamento di massa nei confronti della popolazione civile.
Va anche sottolineato che molte culture – anche occidentali e apparentemente avanzate – non hanno superato la visione della donna legata a stereotipi del passato. Forse la sanno nascondere meglio, ma il ‘mettere sotto il tappeto’ il problema non vuol dire superarlo, come dimostrano i fin troppi episodi di cronaca che vedono vittime proprio le donne, in Italia, come nel resto del mondo occidentale.
Riteniamo, pertanto, che una giornata come quella della Memoria sia l’occasione giusta per comprendere quale orrore sia stata perpetrato nei confronti delle donne dai nazisti, ma anche per capire che, oggi, abbiamo il dovere di superare gli stereotipi che, in maniera esasperata, erano alla base dei comportamenti nei confronti delle donne da parte dei nazisti e che, ai nostri giorni, troviamo riflessi nella società.
Solo partendo da una tale consapevolezza, possiamo cercare la strada migliore per cambiare la società e lasciare alle generazioni future un mondo migliore, dove quello che è accaduto durante la Shoah sia una oscura pagina di storia, mentre la mentalità comune sia basata sul rispetto reciproco tra esseri umani, uguali nei diritti e nei doveri, a prescindere da qualsiasi fattore.