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mercoledì, Marzo 5, 2025

Bruschini: “Conseguenze devastanti dei dazi di Trump per l’economia e la tenuta sociale non solo dell’Europa”

Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Alberto Bruschini di Value+ S.r.l. che sarà pubblicato sul prossimo numero del mensile di economia e finanza “Leasing Time Magazine” diretto da Gianfranco Antognoli.

Il commento del Presidente di Confindustria Emanuele Orsini sulla notizia dei dazi che viene dagli ordini esecutivi di Donald Trump, “E’ un’ora buia“, mi pare la più appropriata perché teme che “il cambio inaspettato e incredibile di paradigma negli scambi commerciali internazionali rischi di mettere in discussione la tenuta economica e sociale di molti stati dell’Unione Europea e dell’Unione stessa”.

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La rivoluzione negli scambi commerciali  preannunciata da Trump con l’introduzione di dazi del 25% su tutti i prodotti dell’Unione Europea a partire dal 1 di Aprile non è detto che produca gli effetti che il Presidente degli Stati Uniti vorrebbe conseguire per fregare l’Europa. Potrebbe addirittura capovolgere i suoi sogni di grandezza.

I rapporti economici tra Stati Uniti e Unione Europea non stanno come pensa il Presidente americano. L’Europa è più forte nell’ambito degli scambi di beni commerciali. Gli Stati Uniti, invece, sono notevolmente più forti  su quello degli scambi dei servizi immateriali.

Dal 2019 al 2023 il saldo delle partite correnti tra gli  Stati Uniti e l’Unione europea è cambiato in radice. Si è, infatti, ribaltato per effetto degli acquisti di diritti di proprietà intellettuale riguardanti l’utilizzo di Facebook per diffondere i post, di Amazon prime video, di Netflix, per l’acquisto delle licenze di software di Microsoft per le video conferenze, etc..

Nel 2019 il bilancio delle partite correnti era attivo di 124 miliardi di euro per l’Europa nei confronti degli Usa, grazie soprattutto alle esportazioni di auto costruite in Germania (Audi, Mercedes, BMW, Wolkswagen).

Nel 2023 detto bilancio è passato a + 19 miliardi di euro a favore degli Stati Uniti. La ragione è molto semplice. Nel 2019 non era ancora esploso tra gli europei l’uso dei servizi immateriali (Netflix o affitti su AIRB&B)  passati nel giro di cinque anni da 15 miliardi di euro del 2019, ai 128,5 miliardi nel 2023. Sembra impossibile, ma la realtà è incontrovertibile. Cinque anni fa non era facile, anche tra di noi, commentare per esempio le serie di Netflix. Oggi sono all’ordine del giorno  fra tutte le classi di età.

La situazione è ben diversa da quella che il Presidente Trump racconta coram populo  per sconvolgere i rapporti commerciali al fine di perseguire lo slogan Make American Great Again (MAGA), che potrebbe divenire effimero.

Stupisce l’imperturbabile comportamento di Trump di fronte al saldo positivo delle partite correnti del 2023 e al suo naturale  andamento prospettico essendo prevalentemente costituito da servizi immateriali che, nel breve-medio periodo, non possono essere ripetuti dagli europei.

Stupisce, altresì, l’insensibilità americana rispetto farsa degli effetti che produrrà la politica dei dazi. L’ineluttabile reciprocità dei dazi contribuirà  sia a diminuire il volume dell’export/import di beni commerciali e servizi immateriali tra l’Europa e gli Stati Uniti, che a far crescere il livello dei prezzi di tutti i beni.

L’inflazione americana, contrariamente a quanto spera Trump, è molto più facile che riprenda a salire invece di diminuire, contraddicendo uno dei  suoi più importanti  cavalli di battaglia nella campagna elettorale.

La nuova amministrazione americana sottovaluta anche gli effetti che la politica dei dazi potrebbe provocare nei movimenti internazionali dei capitali dal momento che gli States necessitano della sottoscrizione crescente di titoli  emessi dal tesoro per fronteggiare le esigenze del bilancio pubblico.

Trump, infine, dimentica che a differenza degli anni duemila i detentori dei titoli pubblici americani non sono più il Giappone e la Cina, ma gli stati dell’Unione Europea che  sono passati da detenere titoli per 197 miliardi di dollari all’inizio di questo secolo a 1.452 mld. del 2023 (dati del Tesoro Usa).

Non si sa cosa potrebbe succedere nel caso in cui il combinato disposto della politica dei dazi reciproci  e della contrazione negli scambi internazionali  contribuisse ad indebolire la forza del dollaro con effetti devastanti per il finanziamento del deficit del bilancio americano.

Allo stato dei fatti la politica dei dazi osannata da Trump per rifare grande l’America appare un’arma spuntata. E’ più facile che si ritorca contro gli interessi del popolo americano svuotando  i sogni imperiali di Trump.

In Europa gli effetti della rivoluzione del commercio internazionale provocata dalla nuova amministrazione  statunitense comporteranno da un lato, la creazione di squilibri sociali più profondi e  dall’altro, la disarticolazione del sistema democratico con esiti imprevedibili.

Il cambio introdotto nella politica estera da Trump rispetto a quella perseguita da tutti i presidenti degli States succedutisi dalla fine della seconda guerra mondiale fino ad oggi configura un profondo cambio del paradigma dell’azione strategica degli States.

Nel mondo, in ultima analisi, si finirebbe per passare da un’egemonia americana che dal dopoguerra  ha perseguito la stabilizzazione dell’ordine mondiale ad una egemonia destabilizzante del rapporto tra i popoli e i continenti  in cui potrebbe succedere di tutto.

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