Riceviamo e pubblichiamo in anteprima un articolo di Alberto Bruschini di Value+ S.r.l. che sarà pubblicato sul prossimo numero di “Leasing Time Magazine”, il periodico di economia e finanza diretto da Gianfranco Antognoli.
L’anno che si è appena chiuso riafferma l’andamento stagnante dell’economia italiana, segnato da un lato, dalla crescita dell’occupazione e del turismo e dall’altro, dal perdurare della crisi strutturale del settore industriale e della denatalità.
Il nostro paese ha fondato il suo sviluppo economico e sociale sull’industria manifatturiera trainata dalle esportazioni. L’esplosione del turismo, se pur positiva, non può sostituire l’apportodato dal sistema industriale all’arricchimento professionale e culturale della società italiana.
Il rapporto del Censis ci consegna un’immagine più obiettiva della realtà italiana. Non casualmente conl’espressione “il paese galleggia” viene data l’effettiva visibilità alla fragilità della fase economica e sociale che stiamo vivendo.
La legge di bilancio 2024 e la strategia perseguita dal governo non paiono preoccuparsi della contraddittorietà della situazione e del pericolo che possiamo correre, sia per il persistere dei teatri di guerra, che per la crisi del sistema democratico in Occidente.
Analogo ragionamento può essere fatto per chi sta all’opposizione. Infatti, il confronto o lo scontro con il governo è concentrato solo sui provvedimenti che adotta. Non è uscito, ne esce, dall’ambito ristretto in cui è stato confinato.
Due grandi temi sono assenti dal dibattito pubblico. La crisi dell’industria, che da 21 mesi consecutivi è in calo, che non tocca solo il settore dell’auto, ma anche il settore dei beni intermedi e quello del made in italy. E i giovani e la denatalità.
In un paese in cui l’ossatura del sistema manifatturiero è prevalentemente costituita da piccole e medie imprese, la politica industriale e l’assettodella produzione sono di vitale interesse. Il green deal e la digitalizzazione, se non verranno affrontati con strumenti idonei sotto il profilo finanziario e organizzativo, non potranno sortire effetti positivi per innovare e perrilanciare il sistema economico. Si tratta di una questione nazionale, e come tale va trattata, che non può prescindere da un pieno coinvolgimento dell’Unione Europea.
Meraviglia che le nostre banche abbiano pensato, e tutt’ora pensino, al gigantismo finanziario, come di recente par di capire con l’operazione Unicredit-Commerce bank-B.P.M., senza focalizzarsi sulla peculiarità del nostro tessuto produttivo e sul da farsi per assistere le PMI e i distretti industriali ad affrontare le sfide dell’innovazione tecnologicae della concorrenza internazionale.
Senza una concertazione tra i vari soggetti che animano lo sviluppo industriale e senza un serrato confronto di questi soggetti con il governo e il Parlamento non potrà essere elaborato un piano industriale che prospetti un percorso per dare uno sbocco positivo al nostro apparato produttivo. Se la manifattura tornerà ad essere una priorità nazionale, molto probabilmente si potrà prendere per le corna il problema dei giovani e della natalità,la grande incognita del nostro paese.
Nel 2023 l’Unione Europea ha registrato il numero più basso di nascite dal 1961. La natalità è in discesa in Italia come in Europa. La media italiana di 1,2 figli per coppia non si discosta da quella europea. Il tema della dei giovani e della natalità, come quello del sistema industriale, intreccia strettamente la politica italiana e quella europea.
Sono due questioni fondamentali che devono essere affrontate in parallelo. L’irrobustimento del sistema produttivo nazionale ed europeo, attraverso l’innovazione tecnologica di processo e di prodotto, unitamente ad una diversa organizzazione e struttura dell’apparato industriale, è la condizione necessaria per consentire alle imprese italiane, ma anche a quelle europee,di vincere le sfide sul mercato internazionale.
Il miglioramento tangibile della capacità produttiva del sistema industriale porterà benefici alla ricchezza nazionale e darà la possibilità di incrementare i salari e gli stipendi, aspetto essenziale, ma non esclusivo, per dare una consistente spinta all’occupazione dei giovanie alla natalità. Inoltre, la crescita del prodotto interno lordo a ritmi superiori a quelli registrati negli ultimi vent’anni potrà consentire di destinare risorse finanziarie all’welfare sociale.
In ultima analisi le questioni dello sviluppo industriale, quelle dei giovani e della natalità, sono un tutt’uno. Non si può perdere altro tempo. Occorre che il nostro paese e l’Unione Europea, indipendentemente dalle posizioni politiche, prendano di petto il corno dello sviluppo industriale unitamente a quello dei giovani e della natalità.
Alberto Bruschini