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lunedì, Settembre 16, 2024

Chirurgia estetica e “doppio mento”: i metodi per rimuovere il tessuto adiposo in eccesso

Riceviamo e pubblichiamo un articolo del dottor Carlo Giuseppe Bonuccelli pubblicato nel nuovo numero di “Amici del Cervello News”, il periodico dell’associazione per la ricerca neurologica ARNo presieduta da Gianfranco Antognoli. L’autore si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Pisa ed ha frequentato un master quadriennale di medicina e chirurgia estetica presso l’Università di Bologna. Partecipa con regolarità come relatore ai principali congressi nazionali ed internazionali di medicina estetica. E’ docente e trainer a diversi Master. Dal 2019 è membro del comitato scientifico SIES (Società Italiana di Medicina e Chirurgia Estetica). Lavora presso diversi studi a Firenze, Milano, Pescia, Parma e Camaiore.

L’eccesso di tessuto adiposo sottomentoniero, definito colloquialmente “doppio mento” o con un termine più arcaico (che indica in qualche modo l’avidità di cibo dell’individuo) “pappagorgia”, rappresenta oggi una delle più comuni preoccupazioni estetiche tra i pazienti, infatti in un recente sondaggio condotto dall’American Society for Dermatologic Surgery è stato identificato come uno dei principali “fastidi” al pari della lassità cutanea o delle rughe perioculari.

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Quando parliamo di “doppio mento” ci riferiamo a quella condizione in cui un paziente presenta un angolo cervicomentale (angolo ideale che si forma tra mento e collo) ottuso, molto spesso superiore ai 120°, a cui si associa la scomparsa dell’angolo mandibolare e del profilo della mandibola, come conseguenza si perdono quei confini anatomici tipici della transizione tra volto e collo, che hanno un ruolo fondamentale nell’estetica globale del volto. Esistono diversi sistemi di classificazione per valutare la gravità di questo fenomeno e quasi tutte si basano sull’analisi di: lassità cutanea, scivolamento del grasso sottomentoniero, comparsa di bande platismatiche e angolo cervicomentale.

Le cause della comparsa del “doppio mento” sono da ricercarsi principalmente nell’invecchiamento che ovviamente avrà un impatto differente su quest’area in base anche alle caratteristiche individuali; quei pazienti, infatti, che presentano un collo sottile, un buon supporto scheletrico ed un collo sufficientemente lungo andranno incontro a cambiamenti meno evidenti rispetto a quelli che presentano un collo massiccio, corto e con una struttura mandibolare sfuggente. La cute va incontro ad un invecchiamento cronologico dovuto al passare del tempo, a cui si somma il cosiddetto photoaging, cioè l’invecchiamento prodotto dal danno cronico causato dall’esposizione solare (in particolare i raggi ultravioletti).

La pelle quindi tende ad assottigliarsi, appare più secca, compaiono le rughe, perde elasticità e soprattutto diviene lassa; l’aumento della lassità associata all’azione di fattori esterni come la gravità, che esercita una costante azione di allungamento verso il basso della cute e dei tessuti sottostanti, provoca un cedimento generale in quest’area svolgendo un ruolo chiave nella comparsa del “doppio mento”. Il tessuto adiposo sottocutaneo può avere negli individui una differente distribuzione in quest’area; la sua quantità tende quindi ad aumentare all’aumento del peso del paziente, quando ciò si accompagna dall’aumento della lassità cutanea tipica dell’invecchiamento si osserva un aumento dell’angolo cervicomentale che rende ancor più evidente la pappagorgia.

Infine, il muscolo platisma che separa il tessuto adiposo sottocutaneo dalle strutture più profonde del collo. Si origina alla base del collo e si estende come due sottili lamine fino ad inserirsi sul bordo della mandibola. Le sue due lamine possono infatti unirsi completamente sul piano mediano rivestendo per intero la regione sottomentoniera, possono unirsi soltanto nel tratto finale in prossimità della mandibola oppure risultare completamente separate. Con l’invecchiamento il muscolo perde di tono e contribuisce ad esacerbare ulteriormente il “doppio mento”.

Esistono diverse metodiche per rimuovere l’eccesso di tessuto adiposo sottomentoniero. La Criolipolisi è una tecnica non invasiva che sfrutta la maggiore sensibilità degli adipociti al freddo per promuovere una apoptosi selettiva di queste cellule. Questo effetto viene ottenuto applicando nell’area da trattare un manipolo che mantiene una temperatura di -10 °C per 45 minuti. Generalmente sono previste 1-2 sedute che determinano una riduzione sino a 2 mm dello spessore del tessuto adiposo. Gli svantaggi di questo trattamento, oltre ovviamente alle possibili complicazioni, sono rappresentati dalla necessità di effettuare più sedute, dalla mancanza di un preciso controllo nella riduzione del grasso ma soprattutto dall’incapacità di produrre una contrazione della cute.

La Lipolisi Chimica viene invece ottenuta attraverso iniezioni nell’area bersaglio di acido desossicolico che promuove la distruzione delle membrane cellulari degli adipociti. Parliamo quindi di un trattamento microinvasivo che richiede dalle 2 alle 4 sedute per ottenere il risultato desiderato. Attraverso le iniezioni è possibile controllare con più accuratezza l’area e la quantità di tessuto adiposo da rimuovere, va però sottolineato come per i 7-14 giorni successivi compaia un importante edema dell’area trattata accompagnato spesso da eritema, ematomi, dolore e perdita di sensibilità.

Tecniche Termiche. Vi sono poi dispositivi, seppur con tecnologie differenti, che utilizzano il calore per coagulare gli adipociti e stimolare la produzione di collagene producendo la contrazione della rete fibrosettale del collo. Tali dispositivi impiegano piccole sonde percutanee che riscaldano selettivamente il tessuto adiposo e stimolano la neocollagenogesi e la contrazione della cute attraverso energia a radiofrequenza fino a raggiungere una temperatura terapeutica di 50-70.

Un effetto analogo può esser ottenuto con dispositivi dotati di fibre ottiche che impiegano quina energia laser. Questi trattamenti presentano diversi vantaggi: richiedono una singola seduta, permettono di controllare l’area e la quantità di tessuto adiposo rimosso ma soprattutto garantiscono una contrazione della cute, inoltre permettono di trattare anche le zone adiacenti come la linea della mandibola e possono essere integrati con “microliposuzioni” per raggiungere risultati ancor più stupefacenti.

La Liposuzione è considerata ancor oggi il “gold standard” poiché offre la possibilità di rimuovere tanto tessuto adiposo quanto è necessario per raggiungere il risultato migliore. Può inoltre, come detto in precedenza, esser impiegata in sinergia con altri dispositivi che assicurino anche la contrazione della cute nell’area trattata. Il trattamento nella maggior parte dei casi prevede una anestesia locale a livello della zona da trattare; quindi, attraverso una piccola incisione viene inserita una cannula direttamente nel tessuto adiposo e si procede ad una tunnellizzazione ed all’aspirazione del grasso in eccesso. Trattandosi di un piccolo intervento chirurgico, seppur molto bassi, presenta ovviamente dei rischi. Nella maggior parte dei casi questo trattamento è riservato a quei pazienti che presentano una condizione di partenza più grave.

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