“2022: la fine del Fintech. 2023: Chi saprà fare la Banca del Futuro? Chi avrà il coraggio di innovare su nuovi prodotti?”. Questo il titolo di un articolo del commercialista Christian Dominici, fondatore dell’omonimo studio di Milano (www.christiandominici.it), che sarà pubblicato sul prossimo numero del mensile “Leasing Time Magazine” diretto da Gianfranco Antognoli. Nell’articolo, che riceviamo e pubblichiamo in anteprima, l’autore analizza gli attuali scenari finanziari.
Alcune considerazioni di inizio 2023. Con il rialzo dei tassi di interesse nel corso dell’anno 2022 sono sicuramente avvenuti eventi eclatanti nel mondo finanziario:
- La fine delle piattaforme fintech di lending on line: le piattaforme che basavano il loro successo su tassi zero o negativi, e sulla possibilità di intermediare per le Banche prestiti garantiti da garanzia MCC ricaricando forti margini proprio in considerazione del fatto che gli interessi erano a zero, hanno mostrato il fallimento del proprio modello di business;
- Costi di comunicazione, pubblicità e di acquisizione della clientela troppo elevati rispetto alla marginalità delle imprese fintech;
- I clienti acquisiti on line tramite advertising e motori di ricerca automatici da parte delle piattaforme fintech hanno una size media veramente bassa (mediamente 80.000,00= euro ad operazione) e necessitano quindi di importanti strutture organizzative interne per la strutturazione ed il monitoraggio di ogni operazione di lending (il fintech finiva per diventare più caro a livello di costi di struttura rispetto al credito tradizionale);
- Impossibilità – da metà 2022 – di cartolarizzare i propri prestiti – causa un mercato dei capitali molto più selettivo, e con un costo di approvvigionamento del denaro molto più elevato;
- Perdite di bilancio continue degli ultimi anni;
- Ricerca spasmodica di acquisizione da parte di un gruppo bancario che ne potesse garantire la continuità aziendale.
Il 2022 ha quindi dimostrato quanto segue:
- Il fintech non può avere costi di struttura superiori ad una Banca Tradizionale;
- Il fintech senza il Sistema Banca non può sopravvivere o meglio – il fintech vive solo come software semplificativo all’interno di una Banca Tradizionale;
- Le dimensioni attuali del credito sono tali da poter essere garantite nella loro continuità di erogazione alle imprese solo da parte del sistema delle Banche Tradizionali.
A fronte di tutto quanto sopra le sfide del 2023 saranno le seguenti:
- Non solo l’accresciuto costo di acquisizione delle risorse finanziare da parte delle Banche e delle imprese affidate;
- ma anche e soprattutto il peso che potrà avere in questo 2023 il crescente credit crunch delle Banche Tradizionali che, man mano, dovranno iniziare a svalutare una rilevante percentuale dei prestiti garantiti MCC e Sace erogati in questo ultimo biennio – una larga parte delle PMI per la perdita di produttività, la recessione economica (che esiste nonostante gli indicatori ancora non la rilevino), l’aumento del costo dell’energia e delle materie prime non sarà in grado di proseguire nel rimborso dei prestiti – le Banche eroganti man mano svaluteranno le posizioni di cui sopra, e provvederanno a diminuire le nuove erogazioni.
Spesso mi sono chiesto che cosa farei alla guida di una Banca Tradizionale nel 2023. Sicuramente non ne ho le competenze. Ma mi focalizzarei sui seguenti temi:
- la Banca Tradizionale è l’unica struttura attualmente in grado di sostenere il territorio e di mantenere la continuità di erogazione del credito alle imprese;
- la normativa fiscale e del PNRR fornisce continuamente idee per lo sviluppo di nuovi prodotti da parte delle Banche tradizionali alla clientela – come è stato nel 2022 e precedenti lo sviluppo del prodotto bonus edilizi che ha portato benefici alle Banche ed all’economia italiana;
- Lo sviluppo dei nuovi prodotti da parte delle Banche Tradizionali deve essere veloce e guidato da professionisti esterni indipendenti e qualificati: se un nuovo prodotto viene sviluppato velocemente garantisce alla Banca Tradizionale first mover rilevantissimi utili nei primi mesi di applicazione sul mercato, poi tutte le Banche entrano ed i margini diminuiscono;
- E’ sempre stato cosi’ in questi anni: prodotto anticipazione Iva, prodotto anticipazione Ires, prodotto cessione bonus edilizi, hanno generato rilevantissimi utili per le Banche first mover;
- A fine 2022 si è persa una grande occasione: penso di essere stato uno dei primi a montare operazioni di cessione Tax Credit Energia per alcune Banche Italiane, le imprese energivore erano pronte a perdere 10 punti pur di cedere i bonus energia – la Banche italiane – scottate dall’esperienze dei bonus edilizi (a volte non propriamente veritieri) hanno accampato la scusa di avere terminato la tax capacity ed hanno perso l’opportunità di fare milioni e milioni di utili reali;
- Solo il mio studio è arrivato ad avere richieste di cessioni per 180 milioni di euro in un mese, con una marginalità del 10percento;
- E’ stata una grande opportunità persa per le Banche italiane e che non deve ripetersi;
- Le banche Italiane sono forti, uniche, e con una esperienza importante e forse irripetibile anche all’estero, di affidamento a grandi imprese e PMI;
- Non devono perdere il coraggio;
- Devono rischiare sui nuovi prodotti – che sono sempre redditizi – e devono avere il coraggio di “appaltare” a professionisti esterni lo studio e lo sviluppo della clientela e dei nuovi prodotti;
- Ne vinceremo tutti: le Banche che faranno grandi utili, le reti di mediatori che hanno dimostrato di sapere intermediare clienti importanti e di rilievo, i professionisti che, come noi, da anni assistono le Banche nella gestione di singole asset class e quindi nell’esternalizzazione di una parte del “prodotto bancario”.