L’entrata in vigore a partire da oggi dei dazi reciproci di Trump mette in pericolo 167 milioni di euro di esportazioni di prodotti agroalimentari negli Stati Uniti. La provincia di Lucca è la seconda provincia, tra quelle toscane (solo dietro a Grosseto), più dipendenti dalle relazioni commerciali con il paese a stelle e strisce: più di un terzo, il 37%, dell’intero valore dell’export di olio, vino, formaggi, salumi, è infatti destinato al mercato americano. A dirlo è Coldiretti Toscana che ha elaborato, partendo dai dati dell’Istat, una classifica delle province per valore e quota di esportazioni negli Stati Uniti.
“Con il dazio al 20% una parte dei consumatori americani dovranno rinunciare alla dieta mediterranea e ad uno stile di vita alimentare più sano rispetto a quello che notoriamente conducono tra fast-food e cibi ultra-trasformati, principale causa di tante malattie e dell’obesità soprattutto tra i più giovani. – spiega Andrea Elmi, Presidente Coldiretti Lucca – Trump non rischia di colpire solo le imprese straniere ma i suoi stessi cittadini favorendo il mercato parallelo dell’italian souding, ovvero l’uso di nomi, immagini e riferimenti che evocano l’Italia su prodotti esteri che in realtà non sono Made in Italy. Per questo crediamo che debbano essere messe in campo tutte le necessarie azioni diplomatiche per scongiurare una guerra commerciale che danneggerebbe cittadini e imprese europee e americane”.
Tra i più colpiti c’è l’olio, il principale prodotto esportato in USA che da solo rappresenta il 90% degli scambi seguito dal vino protagonista in questi giorni al Vinitaly a Verona. “Il clima che si respira nel mondo del vino è di incertezza e positività allo stesso tempo perché da un lato siamo consapevoli del valore e dell’unicità dei nostri prodotti che sono molto apprezzati dai consumatori americani e dall’altro dobbiamo confrontarci con un partner commerciale imprevedibile e non più affidabile – spiega ancora Elmi – . Per non perdere le quote di mercato che le aziende hanno conquistato con investimenti e sacrificio negli anni, la strategia sarà sicuramente quella di trovare un punto di incontro con gli importatori americani, altrettanto interessati a continuare a fare affari con noi, per contenere l’aumento ed evitare che si rifletta interamente sul prezzo finale e quindi sul consumatore”.
“Ma per quanto possiamo sostenere questo peso da soli? – conclude Elmi – Occorre che l’Unione Europea metta in campo le risorse necessarie per compensare l’impatto dei dazi americani sul vino come sugli altri prodotti agroalimentari e sostenere le filiere produttive di un settore chiave dell’economia”.