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venerdì, Novembre 22, 2024

“Gender gap”, Italia in ritardo nel percorso per arrivare a una discreta parità di genere in ogni campo

Riceviamo e pubblichiamo in anteprima un articolo di Renzo Ponzecchi che sarà pubblicato sul prossimo numero di “Leasing Time Magazine”, il mensile di economia e finanza diretto da Gianfranco Antognoli.

Il 28 giugno 2011 il Parlamento italiano approvava la legge Golfo-Mosca, che imponeva quote di genere nei consigli di amministrazione e collegi sindacali delle società quotate in Italia. Una rivoluzione copernicana negli organigrammi dei CdA. In caso di mancato adeguamento delle società quotate, la Consob commina la sanzione che prevede la decadenza dell’intero CdA.

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Il 03/12/2021 entra in vigore la legge Gribaudo che prevede l’istituzione, dal 1° gennaio 2022 della “Certificazione della parità di genere” con l’obbiettivo di riconoscere le misure adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità.

Due date, due leggi che hanno dato un discreto aiuto nel ridurre il divario di genere in ambito lavorativo. All’interno della Legge Gribaudo oltre ad aver l’obbligo di presentare il report di parità per le aziende oltre i 50 dipendenti (prima, con la precedente legge era di 100), si applicherà la norma sulle quote di genere già introdotta nella legge Golfo-Mosca, anche alle società controllate dalle Pa non quotate in mercati regolamentati. Inoltre, sono previste per le società private che presentano regolarmente il report di parità, una serie di sgravi fiscali e meccanismi premiali nell’aggiudicare servizi, forniture, lavori e opere pubbliche. Le leggi Golfo- Mosca/Gribaudo sono le strade da percorrere verso una significativa parità di genere.

Sconfortanti sono le parole di Saadia Zahidi Direttore del World Economic Forum: “Nel 2022, il divario di genere globale è stato ridotto al 68,1%. Con questo ritmo occorreranno 132 anni per raggiungere la parità di genere”.

Nella classifica sull’ampiezza del divario di genere in tutto il mondo realizzata dal World Economic Forum attraverso il Global Gender Gap Report 2023, i paesi scandinavi sono nelle prime posizioni: l’Islanda con il 91,2%, Norvegia 87,9%,Finlandia 86%, la Nuova Zelanda 85,6%, Svezia 81,5%,Germania 81,5%. Seguono Ruanda 81,1%, Nicaragua 81%, Namibia 80,2%. Questa la classifica della nazioniche  hanno colmato almeno l’80% dei loro divari di genere.

Per quanto riguarda l’Italia si attesta al 79esimo posto nel 2023, perdendo punti in classifica rispetto al 2022 e 2021 (63esima posizione). All’interno del corposo dossier si evidenzia che a livello globale l’assunzione di donne nei ruoli di leadership aumenta di circa l’1% annuo. Nel rapporto annuale “Women in Business” della Grant Thornton le posizioni di Amministratore delegato (CEO) occupate dalle donne in Italia, erano scese nel 2021 al 18%, rispetto al 23% registrato nel 2020, andando sotto la media dell’Eurozona al 21%. All’aumento degli amministratori donne del 3,1% si rileva una minima crescita del 1% degli incarichi di vertice .A rivelarlo, l’indagine sull’imprenditoria femminile in Italia condotta dal Centro Studi CNA.

Riprendo testualmente quello che la Boston Consulting Group ha rilevato sul tema del gender gap“ La presenza in azienda di almeno tre dirigenti donne porta un aumento mediano  del cosiddetto “Saggio di rendimento sul capitale proprio” di cui l’acronimo ROE, (Return on Equity) di 11 punti percentuali rispetto a quello delle aziende senza dirigenti donne. E le aziende con almeno 30% dei dirigenti donne hanno un aumento del 15% della redditività rispetto a quelle senza dirigenti donne”. Voglio ricordare la parole Mario Draghi nel Suo discorso programmatico al Parlamento: “Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rose richieste dalla legge”.

Renzo Ponzecchi

Indubbiamente questo quadro normativo ha senz’altro il merito di aver alimentato un parziale cambio culturale. Ma non basta, credo che le vere opportunità non si costruiscono nei CdA o nei Collegi Sindacali. Sono altre le vere stanze dei bottoni, altre le palestre di sviluppo professionale. Per creare pari opportunità bisogna, come già detto, promuovere un profondo cambio culturale nella società e nel mondo del lavoro. E nel percorso scolastico delle donne. Settori della scienza, tecnologia, ingegneria e matematica (STEM) sono tra quelli in più rapida crescita e più richiesti.  In percentuale le donne si laureano più degli uomini, ma non nelle discipline dell’informatica e dell’ingegneria. La loro quota scende sotto il 29%. Un dato: 8 ruoli di leadership su 10 sono occupati da uomini. Informatica ed ingegneria sono alla base di molte delle professionalità del futuro e questo squilibrio aumenta il “gender gap” nel mondo del lavoro.

Quindi è necessario dare più spazio alle donne in questi settori, stimolando l’accesso scolastico a queste aree di studio. Innanzitutto, contrastando, a partire da famiglia e scuola, condizionamenti sociali e pregiudizi di genere che scoraggiano le ragazze a orientarsi verso lo studio di discipline STEM. Inoltre, bisogna vigilare perché nelle aziende e nelle funzioni del comparto tecnologico, si combatta le discriminazioni di genere che oggi sono molto frequenti, spingendo tante donne ad abbandonare le carriere in quegli ambiti. La differenza tra la retribuzione di uomini e donne a parità di ruolo e di mansione, occupa un posto importantissimo nella lotta al gender gap.

Dalla Redazione Finanza del sito “Finanza.com” riprendo questi interessanti dati: “L’Italia si colloca al sesto posto della classifica sul gender pay gap. In particolare, il Belpaese ha il quarto gender pay gap più basso in generale al 4,2%, ma un costo della vita meno accessibile a 755,38 euro al mese. Tuttavia, spiegano gli esperti, con un tasso di disoccupazione dell’8,1% secondo i più recenti dati Istat e un 42,6% di mamme tra i 25 e i 54 anni non occupate, l’Italia dimostra di avere ancora molta strada da fare per arrivare alla parità di genere”.

Detto questo, credo che il percorso per arrivare ad una discreta parità di genere in ogni campo sociale, economico, lavorativo nella nostra società sia ancora molto lungo. Termino questo intervento pensando che dire “Prima le donne” sia la cosa più giusta e intelligente.

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