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venerdì, Novembre 22, 2024

I fondamentali della gestione di portafoglio. Come orientarsi fra strategia e tattica

Riceviamo e pubblichiamo in anteprima un articolo di Marco Parlangeli che sarà pubblicato sul prossimo numero di “Leasing Time Magazine”, il mensile di economia e finanza diretto da Gianfranco Antognoli. Parlangeli, fondatore del magazine “Economia.ai”, ha una ricca esperienza professionale nell’ambito bancario italiano ed europeo: tra gli incarichi più prestigiosi che ha ricoperto, quello di Direttore Generale della Fondazione MPS fino al 2011 e di Presidente dell’Associazione delle Fondazioni Bancarie Europee (European Foundation Center).

Nella gestione di portafoglio di un investitore – così come nella gestione aziendale, ma anche in guerra e in molti sport – si deve distinguere fra strategia e tattica :la strategia è quella che individua la direzione che si deve prendere, la tattica quella che ci fa muovere e avanzare in quella direzione. Si può sbagliare tattica e sopravvivere ugualmente, ma se si sbaglia strategia è molto spesso la fine.

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Questa é sicuramente una delle grandi lezioni di Sun Tzu, che nel celebre “L’arte della guerra” dette vita al primo trattato di strategia militare della storia. Sun Tzu, filosofo vissuto in Cina fra il VI è il V secolo a.C., diceva appunto: “la strategia senza tattica è la strada più lenta per la vittoria, ma la tattica senza strategia è la confusione prima della sconfitta”.

Allo stesso modo, nella gestione dei portafogli finanziari, si distingue una asset allocation strategica da una asset allocation tattica. La prima è la combinazione delle classi di investimento (immobili, azioni, obbligazioni, valute, liquidità, derivati) che meglio consente di realizzare l’obiettivo a medio-lungo termine, il quale si esprime in termini di redditività̀ e rischio. La seconda é quella che consente di muoversi rapidamente sul mercato in modo da sfruttare al massimo le opportunità̀ del momento.

Come si definisce dunque una buona asset allocation strategica? Il primo passo é quello di avere chiari i propri obiettivi e conoscere se stessi: occorre intanto definire un orizzonte temporale congruo (diciamo 3-5 anni), partire dal patrimonio iniziale, dalle forme in cui é investito (e parallelamente, se esistono, i debiti) e rendere esplicita la propria “propensione al rischio”.

Il momento chiave è proprio quello della definizione degli obiettivi: può̀ trattarsi di guadagnare il più̀ possibile, quindi aumentare al massimo il valore del patrimonio iniziale, oppure di guadagnare almeno una certa cifra (in tal caso dovremmo rendere minimo il rischio con quel vincolo di rendimento), oppure di avere almeno una certa rendita mensile, oppure ancora di non perdere o di remunerare i sottoscrittori secondo un determinato tasso o di riuscire nel tempo a pagare le pensioni, e così via.

Marco Parlangeli

Il secondo passo é quello di fare delle previsioni su come si muoverà̀ il mercato nel periodo (tassi di interesse, inflazione, crescita della domanda, andamento dei diversi settori, ecc.). L’output, ovvero il risultato, sarà̀ un elenco in cui ad ogni tipologia di attivo (“asset class“) é associata una certa percentuale (o meglio un intervallo di percentuali) del totale. Questo sarà̀ il cosiddetto benchmark, da confrontare con la situazione effettiva monitorata per vedere quanto ne siamo distanti.

In tempi di elevata volatilità dei mercati, per un investitore è ancora più importante definire la strategia più appropriata e mantenere una rigida disciplina nella gestione del portafoglio, senza allontanarsi troppo dalla strada maestra, senza rincorrere aspettative di guadagni rapidi o cedere alla delusione di momenti critici. Magari è meglio rivedere con maggiore frequenza la strategia (ad esempio dopo sei mesi anziché un anno), ma restare fedeli alla direzione tracciata.

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