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lunedì, Settembre 16, 2024

Il consumo di suolo aumenta il rischio idrogeologico. Ridolfi: “Occorre conservare e rinaturalizzare le risorse naturali”

Il consumo di suolo è un fenomeno diffuso, allarmante e inarrestabile. L’ultimo rapporto annuale diffuso da Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e da SNPA (Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente), rivela che in Italia vengono consumati ogni secondo, circa 2,25 metri quadrati di suolo. Una sorta di piastrellamento diffuso che nel 2022 ha interessato circa 77 km quadrati di aree naturali che non esistono più. L’avanzata del cemento che continua a sottrarre terreni liberi con ritmi di incrementi annuali spaventosi.

“Torniamo sull’argomento perché l’eccessivo e costante consumo del suolo, oltre a causare effetti ambientali evidenti, è strettamente correlato al grado di sicurezza idrogeologica dei territori e quindi anche alle funzioni principali svolte dai Consorzi di Bonifica – spiega Ismaele Ridolfi, presidente del Consorzio Bonifica 1 Toscana Nord – . Il suolo è il primo elemento da tenere in considerazione per contrastare fenomeni come le frane, le alluvioni e perfino l’erosione costiera, eppure sembra non rientrare nelle logiche che sono alla base delle pianificazioni urbanistiche. L’Unione Europea ha approvato la legge sul Ripristino della Natura ed è necessario dare seguito a questa volontà che prima di tutto è un’esigenza per tutti i territori dei paesi membri, Italia compresa.”

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La sottrazione di aree naturali a favore dell’urbanizzazione, si traduce immediatamente in una impermeabilizzazione della superficie. Ogni volta che si vanno ad occupare terreni naturali con nuove costruzioni, abitazioni, strade, piazzali, si va ad incidere in modo significativo sul ciclo dell’acqua che, non trovando più suoli liberi dove infiltrarsi, viene recapitata più rapidamente nei corsi d’acqua principali, fino ad arrivare a mettere in crisi il sistema di allontanamento delle acque dai centri abitati.

Sottovalutare la funzione svolta dal suolo è un errore grave che porta a inevitabili conseguenze. Questo strato superficiale di terreno è un elemento fondamentale di collegamento tra gli ecosistemi, mettendo in relazione terra, acqua e aria. Raccoglie e trattiene la poggia che viene condotta negli strati più profondi, limitando così il ruscellamento e tutti quei fenomeni ben peggiori che potrebbero derivare, come le esondazioni, le alluvioni e le frane.

Per non parlare dei numerosi servizi ecosistemici: il suolo fornisce cibo ed è alla base del comparto agricolo, produce biomassa, materie prime e dopo gli oceani, è il secondo serbatoio più esteso al mondo per lo stoccaggio di carbonio. Svolge una funzione importante di regolazione del clima e del micro-clima, controlla l’erosione e i nutrienti e funge da filtro regolando la qualità dell’acqua.

“Di fronte a tutte le funzioni e ai servizi ecosistemici che il suolo rende all’umanità, serve una visione diversa e responsabile delle pianificazioni territoriali e oggi abbiamo uno strumento legislativo che è la legge europea sul ripristino della natura – prosegue Ridolfi – . Bisognerebbe avere il coraggio di cambiare passo: non consumare più nemmeno un metro quadrato di suolo, ma conservare e rinaturalizzare le risorse naturali.”

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