Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Gianni Lorenzetti – sindaco di Montignoso e presidente della Provincia di Massa-Carrara e dell’Upi Toscana – sul progetto di costituire una Multiutility regionale per la gestione dei servizi pubblici.
Dopo aver letto con attenzione gli interventi pubblicati sui quotidiani riguardo al progetto della Multiutility toscana, sento il bisogno di condividere alcune riflessioni, basate sulla mia lunga esperienza nel settore dei servizi pubblici e sulla mia partecipazione a numerose discussioni con sindaci e amministratori comunali. In queste discussioni, abbiamo spesso valutato la convenienza di passare da una gestione comunale a una gestione industriale dei servizi, sottolineando i vantaggi di una gestione sovracomunale in termini di sicurezza per l’utente, maggiore capacità di investimento e solidarietà tra i comuni.
Negli anni Settanta e Ottanta, le esperienze consortili hanno avuto un ruolo fondamentale sia in Toscana che in altre parti del Paese. Negli anni Novanta, la legislazione ha imposto la trasformazione di questi consorzi in società per azioni, mantenendo i comuni come proprietari. Qui in Toscana, queste società per azioni pubbliche hanno contribuito in modo significativo allo sviluppo delle infrastrutture, dalla metanizzazione dei comuni agli investimenti nelle reti idriche e fognarie, fino agli impianti di depurazione. Ciò che trovo particolarmente significativo è che questi investimenti sono stati realizzati senza richiedere risorse aggiuntive ai comuni proprietari né coinvolgere soci privati. Si è fatto ricorso all’autofinanziamento attraverso le tariffe e a prestiti inizialmente da Cassa Depositi e Prestiti, e successivamente da banche commerciali. Colpisce come, negli anni Ottanta, si investisse di più nelle infrastrutture idriche rispetto a quanto si faccia oggi, nonostante siano passati quasi quarant’anni.
L’idea di una Multiutility toscana mi sembra positiva, soprattutto se potrà rappresentare un ulteriore passo avanti nello sviluppo industriale, garantendo il mantenimento, se non l’aumento, degli investimenti e continuando a sostenere i principi di solidarietà che hanno guidato queste aziende fino a oggi. Tuttavia, non sono convinto che questo progetto possa garantire che la capacità decisionale rimanga effettivamente nelle mani dei comuni, cioè pubblica.
Se la Multiutility dovesse essere quotata in borsa, la sua missione principale sarebbe quella di remunerare gli azionisti, come stabiliscono le regole del mercato. Anche con le migliori intenzioni da parte dei comuni proprietari, l’obiettivo principale diventerebbe quello di garantire il rendimento del capitale agli investitori. Se i comuni volessero attuare politiche di sostegno all’utenza, oltre a quelle già previste dalla regolazione nazionale, dovrebbero convincere i soci privati a rinunciare a una parte degli utili, cosa che trovo difficile. Se fossi un investitore o un fondo, probabilmente non sarei d’accordo e cercherei di vendere le azioni alla prima occasione.
Il tema delle risorse per finanziare la crescita è cruciale per garantire servizi migliori a tariffe più basse. Finanziarsi tramite obbligazioni o debiti finanziari ha un costo inferiore rispetto alla remunerazione richiesta da un socio privato. È quindi difficile immaginare che la quotazione in borsa possa portare a una riduzione dei costi di finanziamento e, di conseguenza, a tariffe più basse. Non si tratta di una questione ideologica, ma di costi: la quotazione in borsa richiede una remunerazione più elevata dell’investimento.
Esiste, purtroppo, una questione ideologica che vede nel mercato la soluzione ottimale in tutti i casi. Il mercato funziona bene in condizioni di concorrenza, e la quotazione in borsa di imprese industriali che operano in mercati competitivi è uno strumento essenziale per finanziare la crescita. Tuttavia, i servizi pubblici sono erogati per lo più in regime di monopolio, senza concorrenza, e sono soggetti a una forte regolazione riguardo a tariffe e qualità dei servizi.
Nel dibattito si è anche sottolineato che molte delle multiutility italiane sono state formate più di vent’anni fa e che tutte sono quotate in borsa. In questo tempo, però, potremmo aver sviluppato l’esigenza di nuove politiche orientate agli utenti e alla loro partecipazione nella gestione. Credo sia il momento di muoversi in questa direzione, restituendo valore agli utenti, proteggendo ulteriormente i più deboli e trovando nuove forme di coinvolgimento, obiettivi che la quotazione in borsa non faciliterebbe.
Le società pubbliche, a differenza di altre forme di gestione, possono utilizzare gli utili per sostenere le famiglie a basso reddito, ridurre le tariffe per le utenze più deboli e finanziare investimenti senza gravare sulle tariffe. Queste misure permettono di contenere i costi del servizio e di renderlo più efficiente. Parlare di “restituire valore agli utenti” significa proprio restituire parte delle tariffe pagate sotto forma di opere, servizi e sostegno alle politiche sociali, come dimostrato dall’esperienza di Gaia Spa nelle province di Lucca, Massa Carrara e Pistoia.