E’ il momento delle Occasioni Tobiniane. Il professor Vittorino Andreoli sarà a Lucca venerdì 18 ottobre per un doppio appuntamento, ospite del 30° festival LuccAutori nell’ambito degli incontri organizzati in collaborazione con la Fondazione Mario Tobino. Andreoli al mattino alle 10 a Villa Bottini incontrerà il pubblico e i ragazzi delle scuole superiori per presentare il suo nuovo libro “La dittatura del denaro” (Solferino) mentre nel pomeriggio alle 17, presso la sala Vincenzo da Massa Carrara in via San Micheletto, parlerà della nuova edizione del “Manicomio di Pechino” di Mario Tobino, ripubblicato da Mondadori a distanza di oltre trent’anni dalla prima edizione del 1990 con l’introduzione di Valeria Paola Babini e una nota al testo di Matilde Cioni. Introduce gli incontri la presidente della Fondazione Tobino, Isabella Tobino. Ingresso libero fino ad esaurimento posti.
Sinossi de “La dittatura del denaro” di Vittorino Andreoli
Da una parte il cervello, uno degli organi più complessi del corpo umano; dall’altra il denaro, come strumento da lungo tempo utilizzato per favorire il commercio, le attività umane e l’organizzazione stessa della società. Il loro rapporto non è mai stato semplice. Già Aristotele distingueva tra ciò che è “naturale”, soddisfare le necessità primarie, e il “non-naturale”, in cui è inclusa la ricchezza. Il denaro non ha alcuna caratteristica per rispondere alle dinamiche dei bisogni del corpo, della mente, delle relazioni con l’ambiente, naturale e sociale. Se esce dalla sua dimensione di strumento, genera anzi lotta, confusione, egocentrismi e maniacalità. Il denaro permette la “sopravvivenza” ma anche il “potere”, insito in quella parola «profitto» che per l’economia è la modalità per ottenerlo. E può produrre veri e propri disturbi di dipendenza quando da mezzo diventa fine ultimo, condizionando il presente e il futuro del singolo.
In questo senso il minimalismo che nasce come rigetto in molti giovani, se non è un modello da proporre, rappresenta però un primo passo in cui si cerca un modus vivendi che prescinda dai condizionamenti alienanti della dittatura dell’economia. Il dramma, e nello stesso tempo la consapevolezza, è che di fronte al profitto l’etica umana viene dimenticata. Ecco perché – sostiene l’autore – occorre allontanarsi dal culto del Dio-denaro per tornare a un’economia dal volto umano, all’individuo e al suo significato di essere nel mondo. Una “psicoeconomia” del bene aperta a campi come quelli della fragilità dei sentimenti e delle relazioni e ai valori che sono alla base del vivere comune.
La nuova edizione del “Manicomio di Pechino” di Mario Tobino
A metà degli anni Cinquanta Mario Tobino si trovò a dirigere pro tempore l’Ospedale Psichiatrico di Lucca a Maggiano. Per meglio riflettere su quell’esperienza che gli richiedeva di aggiungere alle competenze del “medico di manicomio” nuove responsabilità burocratico-amministrative, e quindi in ultima analisi sociali, Tobino verga un diario: quaderni fitti di appunti che registrano riflessioni e confessioni, e che qua e là rivelano sconcerto e disillusione. Pagine che lo scrittore deciderà di pubblicare alcuni decenni più tardi, aggiungendovi una straniante coloritura “cinese” per dare il senso della distanza, non solo cronologica, che intercorre tra l’oggi della pubblicazione e il mondo arcaico descritto nel diario.
Dagli anni Cinquanta in cui i “matti” venivano tenuti nascosti e lontani dal mondo dei “sani”, in cui la psichiatria italiana viveva di improvvisazione, infatti, tutto è cambiato grazie agli psicofarmaci, alla legge Basaglia, alla chiusura dei manicomi. Consapevole che raccontare la sua esperienza sia anche «tratteggiare qualche grano dell’Italia di quei tempi», Tobino affida come testamento ai lettori questo romanzo-diario che rappresenta l’ultimo tassello di quel “racconto di Magliano” che andò tessendo per molti anni, “un intreccio di scrittura e di vita – scrive nell’introduzione Valeria Paola Babini – che ci porta in una sorta di labirinto rigoglioso dove, anziché perderci, ci ritroviamo più umani”.
Mario Tobino (Viareggio 1910 – Agrigento 1991), medico, per quarant’anni ha lavorato all’Ospedale Psichiatrico di Lucca. Ha esordito in letteratura nel 1934 con Poesie, per poi dedicarsi alla narrativa con il romanzo Il figlio del farmacista e i racconti di La gelosia del marinaio (entrambi del 1942). Tra le sue opere: Il deserto della Libia (1952), Le libere donne di Magliano (1953), Il clandestino (1962, premio Strega), Sulla spiaggia e di là dal molo (1966), Per le antiche scale (1972, premio Campiello) e Tre amici (1988).