Riceviamo e pubblichiamo in anteprima un articolo di Renzo Ponzecchi che sarà pubblicato sul prossimo numero di “Leasing Time Magazine”, il mensile di economia e finanza diretto da Gianfranco Antognoli.
Il motore della nostra economia è il nostro capitale umano. Dove si formano i piloti? Domanda scontata, nelle scuole. Bene, i formatori di questi piloti sono i docenti. Tutto il sistema scolastico è coinvolto in questo processo di formazione. Questo sistema sconta un momento di grave delegittimazione da parte degli studenti e dei loro familiari. Aggressioni da parte di studenti e familiari nei confronti dei docenti sono giornalieri.
Le cause di questo fenomeno per molti vengono da un momento Covid che ha recluso i giovani nelle loro stanze negandogli una socialità che fa argine a queste esplosioni di violenza. A questo, un mal utilizzo dei social attraverso gli smartphone aggiunge una percezione di una realtà virtuale che annebbia la vita reale. Nel 2018, la Francia ha vietato i telefoni cellulari alle elementari, primo presidio della formazione scolastica, e alle medie. Stessa strada è stata presa da Svezia, Finlandia e Olanda. In Italia il Ministero dell’Istruzione ha diffuso una circolare per ribadire un divieto dell’uso degli smartphone nelle classi dell’infanzia e delle elementari, norma già prevista nel 2007. A questo, a breve verrà suggerito di vietare l’uso dei tablet anche per scopi didattici.
Più che vietare, credo si debba lavorare sulle integrazioni dei formatori virtuali che forniscono sia vantaggi che svantaggi all’apprendimento delle scienze, con la didattica classica. Tale integrazione deve essere fatta con un’attenta considerazione utile per risolvere tali problemi. Quindi non rendere i laboratori virtuali come sostituti, ma come uno strumento complementare per migliorare l’apprendimento delle scienze.
Tutto questo è parzialmente utile, ma resta fondamentale una responsabilizzazione dei genitori che per primi hanno il dovere di educare i figli a un rispetto verso i docenti che sono la forza trainante della formazione della prossima classe dirigente del paese. I genitori non sono amici dei figli, sono loro i primi educatori. Non fanno il loro bene aggredendo verbalmente o fisicamente i docenti per una insufficienza motivata dei loro figli. Il loro compito è educarli al rispetto del corpo docente che ha la delega alla formazione civica dei propri figli. Far capire alla prole che il mondo del lavoro è molto diverso dal mondo della scuola. Quando ci sono mancanze o insufficiente rendimento sul posto di lavoro il soccorso dei genitori ne viene meno.
La realtà prende il campo sulla virtualità dei social. E spesso è molto cruda. Il paese, la nostra economia ha bisogno di donne e uomini formati che affrontino le sfide di un mondo globale e interconnesso, dove solo capacità tecniche, intellettuali, cyberformative. Nell’essere forti nelle relazioni internazionali che si rafforzano con la padronanza delle lingue. Gli studenti del 21° secolo sono considerati cittadini digitali. Gli studenti sono immersi con i gadget e gli strumenti informatici dal giorno in cui sono nati fino al giorno in cui imparano a scrivere e a leggere. Pertanto, l’istruzione si sposta per stare al passo con la lingua di apprendimento che questi nativi digitali parlano, per educarli e aiutarli ad essere pronti per le sfide del ventunesimo secolo e delle loro carriere future.
Dalle pratiche didattiche tradizionali, gli educatori devono incorporare le diverse tecnologie nei vari processi di insegnamento e apprendimento. Un uso temperato della tecnologia nell’istruzione non solo migliora la partecipazione degli studenti in tale processo, ma aiuta anche gli insegnanti a risparmiare tempo, fatica e risorse nello svolgimento delle varie attività coinvolte all’interno dell’aula. La pandemia globale ha persino aumentato questa necessità. Tutto questo si crea con una scuola di qualità. E la qualità si crea con la collaborazione di docenti, studenti, familiari degli studenti.
Il mondo della scuola e della successiva formazione didattica non è estraneo alle evoluzioni, involuzioni sociali. Non molti anni fa è passata l’idea che “uno vale uno”. No, uno vale per quello che dimostra di sapere. Il “Sei” collettivo delle università sessantottine non è replicabile in mondo dove solo le capacità personali vengono valutate e a volte premiate. Questo è il mondo reale.