Ivano Zeppi, nato a Montepulciano (Siena) il 16 giugno 1956. Di famiglia comunista, si ritrova ben presto coinvolto nell’attività giovanile, sindacale e politica; nel ’75 è già funzionario della Federazione, nell’86 – dopo il corso alle Frattocchie – ha il primo ruolo a Botteghe Oscure dividendosi fra incarichi amministrativi e di comunicazione & propaganda. Molte le personalità con cui ha imparato il lavoro: Renato Pollini, Pietro Folena, Vannino Chiti, Marcello Stefanini, Francesco Nerli, Sergio Bindi, Riccardo Margheriti, Remo Carli, Vasco Calonaci e tanti altri. Nel 1988 ha un breve incarico nella gestione di Siena Press, editrice del Nuovo Corriere Senese. Nel 1991 torna a Siena e nello stesso periodo entra nel “mondo della cooperazione” che sarà la sua casa per quasi trent’anni. Dapprima vari ruoli al Conad, poi responsabile territoriale di Legacoop, quindi, dal ’99, alla Produzione e Lavoro regionale, dove diventa prima dirigente, poi Direttore e Presidente dell’Associazione delle Cooperative di Produzione e Lavoro della Toscana. È fra i costruttori dell’Area Lavoro Legacoop Toscana della quale diviene direttore fino al pensionamento nel 2019.
CE Comunicazione Editoria. Nel nome dell’associazione di cui sei Presidente sono racchiuse due tue passioni…
“Quando ho iniziato a occuparmene magari avevano un altro nome. Stampa e propaganda. Erano altri tempi, altri metodi, altri strumenti. Ciclostile. La macchina da scrivere elettrica che era un lusso. Perché far conoscere le idee era vitale, ma comunicare era una fatica. Volantini, opuscoli. Libri. Piombo prima, lastre poi. Politica, comunicazione, editoria. Stampata, poi le radio, poi le tv. Comunicazione, informazione e territorio. Tante le esperienze. Tante le sconfitte. Una voglia costante di provarci e riprovarci”.
In effetti parli degli anni ’80-’90, dalla stampa a caldo a quella a freddo, poi un’invenzione all’anno…
“Le trasformazioni veloci hanno caratterizzato il settore. Tutto si concentra, interi mondi scompaiono sotto i colpi di crisi e trasformazioni. Ma le storie restano, sedimentano, alcune si dilatano altre rimpiccioliscono. Nuovi racconti, nuovi soggetti, nuovi strumenti. Agili, facili, intuitivi. Internet, la rete. Globale e locale insieme, rapidamente. Resta comunque il fatto che per comunicare ci vuole l’editoria. I contenuti hanno bisogno di strumenti per essere veicolati. In tutte le epoche. Tavole, pergamene, stampe o immagini che siano. E i veicoli vanno guidati. Occorre volontà e professionalità. Sempre, in qualunque occasione. Insieme a idee e conoscenza. I social hanno completamente stravolto le regole. Tutti possono creare contenuti, scrivere e raccontare storie. Anche chi non ha nulla da dire. I click sono il nuovo parametro di riferimento”.
Tu però hai anche il culto della testata giornalistica. La metti avanti al resto, no?
“Sì e no. E’ bello che tutti possano dire la propria. Ma alla fine tutto si mischia e si perde. Comunità e identità diventano parole piene ma anche vuote a seconda di chi le pronuncia, di dove vengono pronunciate e di chi le ascolta. Il contesto è importante, la testata è importante. È il contesto che si costruisce, si sedimenta, si stratifica. Si regola. A questo dovrebbe servire la nostra Associazione CE Comunicazione Editoria: mettere insieme energie e idee. Una piccola comunità che in forma volontaria comunica. Realizza storie che in qualche modo contribuiscono a suggerire un futuro. Sia chiaro: non c’è nulla di nuovo e di originale. Tutto sarà affidato al risultato. Conta il viaggio. Non la partenza”.