È forse il film più amato di un regista di culto: Il cielo sopra Berlino, realizzato nel 1987 da Wim Wenders, torna dal 2 ottobre nelle sale italiane, nella versione restaurata dalla Wim Wenders Foundation, grazie alla collaborazione tra la Cineteca di Bologna, con il suo progetto per la distribuzione dei classici restaurati Il Cinema Ritrovato. Al cinema, e CG Entertainment, nuovo distributore per l’Italia della library dei film del regista tedesco. Una partnership nata lo scorso giugno a Bologna in occasione della 37ª edizione del festival Il Cinema Ritrovato, di cui Wenders è stato uno degli ospiti di punta, in un 2023 che ha segnato anche il ritorno del regista al Festival di Cannes – dove nel 1987 vinse il Premio per la miglior regia proprio grazie a Il cielo sopra Berlino – con due nuovi lavori, Perfect Days e Anselm, entrambi nei prossimi mesi in sala con Lucky Red. L’uscita del Cielo sopra Berlino è realizzata in collaborazione con Goethe-Institut.
In Versilia sarà proiettato al Cinema Scuderie Granducali di Seravezza. Due le proiezioni previste: sabato 7 ottobre alle 16 in versione doppiata in italiano e domenica 8 ottobre alle 21,15 in versione originale in tedesco sottotitolata in italiano. Il film sarà preceduto da una esclusiva video-introduzione dello stesso Wenders.
Oltre a Bruno Ganz, attore-feticcio di Wenders, e alla splendida Solveig Dommartin, Il cielo sopra Berlino vede la partecipazione straordinaria di Peter Falk nei panni di una “star del cinema” (e di se stesso) e quella di Nick Cave, meravigliosamente immortalato da Wenders insieme ai suoi Bad Seeds. A testimonianza della forte passione di Wenders per il rock – e la New Wave in particolare – troviamo nella colonna sonora del film anche brani di Laurie Anderson, Tuxedomoon, Crime & The City Solution, Minimal Compact, Sprung aus den Wolken e Laurent Petitgand.
“Volevo raccontare la storia di questa città – ha affermato Wenders – . Era ancora una città divisa. Ci vivevano due popoli diversi, sebbene parlassero la stessa lingua. Il cielo era l’unica cosa che a quei tempi unisse la città”.
E Il cielo sopra Berlino è abitato da angeli. Invisibili, condividono lo spazio – ma non il tempo, né il colore – con gli umani. Sono immortali ma in fondo desiderano la nostra stessa fragilità, il nostro soffio vitale, toccare le cose e i corpi come noi li tocchiamo, baciare una donna, ferirsi e sentire finalmente il gusto del proprio sangue, amare e soffrire come noi amiamo e soffriamo.
Realizzato senza una sceneggiatura iniziale, scritto giorno per giorno, “come si scrive una poesia”, insieme allo storico collaboratore Peter Handke (Premio Nobel per la letteratura nel 2019), traendo ispirazione tanto dalle Elegie Duinesi di Rilke quanto dai quadri di Paul Klee ma anche dalle canzoni dei Cure, Il Cielo sopra Berlino è insieme una fiaba, una riflessione filosofica, un documentario su questa città dove convivono presente e passato, una storia d’amore e un film sulle persone che vorremmo essere.
Oltre a Bruno Ganz, attore-feticcio di Wenders e alla splendida Solveig Dommartin, Il Cielo sopra Berlino vede, tra gli altri, la partecipazione straordinaria di Peter Falk e quella di Nick Cave, meravigliosamente immortalato da Wenders insieme ai suoi Bad Seeds in due memorabili esecuzioni live di The Carny e From Her to Eternity. A testimonianza della straripante passione di Wenders per il rock in generale e per la new wave in particolare troviamo nella colonna sonora del film anche brani di Laurie Anderson, Tuxedomoon, Crime & The City Solution, Minimal Compact, Sprung aus den Wolken e Laurent Petitgand.
Pochi film rendono l’idea di poesia al cinema come Il Cielo sopra Berlino; impossibile dunque resistere alla tentazione di riportarlo nuovamente in sala, perché – parole di Wenders – “Non c’è niente di meglio del cinema per ispirarci e per dirci chi siamo. Non si fa esperienza da soli, ma si fa esperienza con gli altri e questo ti prepara alla vita dopo il film.”
Le ispirazioni letterarie, figurative e musicali per gli angeli
Il cielo sopra Berlino è abitato da angeli. Condividono lo spazio, ma non il tempo, né il colore, con gli umani: “L’idea è sorta contemporaneamente da diverse fonti”, ha raccontato Wenders. “Anzitutto dalla lettura delle Elegie duinesi di Rilke. Poi, tempo addietro, dai quadri di Paul Klee. Anche dall’Angelo della storia di Walter Benjamin. D’un tratto ascoltai anche un brano dei Cure che parlava di fallen angels. Riflettevo anche su come in questa città convivano, si sovrappongano i mondi del presente e del passato, immagini doppie nel tempo e nello spazio, a cui venivano ad affiancarsi ricordi d’infanzia, di angeli in veste di osservatori onnipresenti e invisibili”.
La collaborazione con lo scrittore Peter Handke
Wenders firma la sceneggiatura con lo scrittore Peter Handke: “Con gli angeli la lingua acquistava una particolare importanza: dovevano esprimersi in un linguaggio poetico. Dopo avere girato quattro film in inglese, sentivo il bisogno di tornare alla mia lingua d’origine che nei dialoghi doveva essere molto curata. Allora ho invocato il mio arcangelo, Peter Handke. Quando l’ho chiamato aveva appena terminato un romanzo e mi ha detto: ‘Mi piacerebbe fare di nuovo qualcosa insieme, ma sono completamente svuotato: non ho più parole in me, tutto ciò che avevo l’ho messo sulla carta’. Ma poi ha aggiunto: ‘Forse se vieni qui e mi racconti la storia, potrò aiutarti a scrivere qualche dialogo, ma niente di più; né la costruzione drammaturgica né la sceneggiatura’. Sono andato da lui a Salisburgo e gli ho raccontato tutto quello che sapevo sui miei angeli. Abbiamo trascorso una settimana ad immaginare una dozzina di situazioni chiave all’interno di una storia possibile e, su queste basi, Peter ha iniziato a scrivere. Per un mese intero, ho ricevuto ogni settimana una busta che conteneva i dialoghi senza nessun tipo di indicazione, come in un testo teatrale. Non avevamo più nessun contatto; lui scriveva partendo dalle nostre chiacchierate mentre io preparavo il film. Sempre più cresceva la differenza tra il lavoro che faceva Peter a distanza e il film che cominciava a profilarsi nelle discussioni con gli attori e nella preparazione concreta a Berlino. I suoi dialoghi – molto belli e poetici – erano come monoliti caduti dal cielo. Ma i diversi elementi non si amalgamavano bene: tra il testo, le scene previste e i luoghi di ripresa regnava il caos totale. […] In una delle prime versioni che avevo raccontato a Peter Handke c’era il personaggio di un vecchio arcangelo che vive nella biblioteca. Peter non sapeva come utilizzare questa idea ma sulla parete davanti alla sua macchina da scrivere era appesa una riproduzione dell’Omero di Rembrandt: un vecchio seduto che sta parlando (a chi?). Originariamente, nella tela Omero si rivolgeva a un discepolo, ma il dipinto è stato diviso in due parti e il narratore, separato dal suo ascoltatore, adesso parla da solo. Peter amava moltissimo quel quadro e così ha
trasformato la mia idea dell’arcangelo in quella del cantore eterno. Non sapevo come inserire Omero nella sceneggiatura. Con Claire Denis, la mia assistente, ho trascorso notti intere senza dormire per riuscire a trovargli una collocazione. Alla fine siamo arrivati a questa soluzione: Omero avrebbe vissuto nella biblioteca e i dialoghi di Peter Handke sarebbero stati la sua voce interiore”.
La star del cinema: Peter Falk
Il cielo sopra Berlino vede la partecipazione di una “star del cinema”, un tempo angelo a sua volta: “Peter Falk – ricorda sempre Wenders – è stato l’ultimo a unirsi al gruppo. La sua parte era quasi un’idea da commedia. Doveva essere una persona molto famosa, di cui si scopriva un po’ alla volta che in passato era stato un angelo. Dapprima ho pensato a pittori, scrittori e persino a uomini politici, ad esempio Willy Brandt! Ma non era possibile girare con gente tanto occupata. Inoltre doveva essere qualcuno talmente noto da poterlo riconoscere subito e dire: ‘Ah, anche lui è stato un angelo?’. Così si è imposta la scelta di un attore e necessariamente americano. Soltanto loro infatti sono celebri in tutto il mondo. Una sera ho telefonato a Peter Falk e gli ho raccontato una storia confusa di angeli custodi, di un circo, di una trapezista e di un attore americano che adesca i suoi ex-colleghi. Dopo una pausa mi ha chiesto se potevo mandargli la sceneggiatura. Gli ho risposto: ‘Non è possibile. Non posso spedirvi una sola pagina che riguardi l’ex-angelo perché la parte non è
stata ancora scritta. È solo un’idea’. Può sembrare strano, ma, se avesse letto la sceneggiatura, forse non avrebbe accettato. Invece visto che non c’era niente, ha detto: ‘Ah, ho già lavorato così con Cassavetes e, a dire il vero, preferisco girare senza sceneggiatura’. Ci siamo parlati per telefono soltanto due volte. Un venerdì sera è arrivato a Berlino, abbiamo sviluppato le sue scene nel fine settimana girandole in quella seguente. La troupe e il lavoro gli piacevano tanto che alla fine è rimasto una settimana in più. Sperava sempre di poter girare ancora qualche cosa. Non conosceva Berlino e andava a passeggio tutto il tempo. Somigliava un po’ al suo personaggio nel film: lo cercavamo sempre e intanto lui se ne stava in giro”.