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venerdì, Novembre 22, 2024

Leggendando in Versilia: la storia della Busdraga di Camaiore, incenerita per la sua vita dissoluta

La nostra Versilia, abbracciata dalle Alpi Apuane e affacciata sul Tirreno, è una terra antica, figlia di popoli di cui non si conosce abbastanza e piena di storia. È una terra ricca di leggende, di storie popolari tramandate dalle nostre nonne che le raccontavano la sera davanti alla stufa, per occupare le serate d’inverno quando la televisione era un lusso per pochi. Queste storie, le nostre storie, rischiano di perdersi nel clamore del giorno d’oggi, dimenticate tra la “Giornata mondiale della zuppa di ceci” e la prossima challenge su Tik Tok. 

Chi conosce la Busdraga di Camaiore? Non mi vergogno a dire che mi ha fatto conoscere questa bellissima storia della nostra tradizione un amico di Viareggio, autore eccellente e appassionato di folcklore.

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Alessio Del Debbio ha ripercorso la leggenda della Busdraga

Proviamo per una attimo ad immaginare il nostro centro storico, tanto tempo fa, quando le strade non erano battute e le persone si svegliavano al suono della campana della chiesina medioevale. I contadini arrivavano con i carretti pieni di verdure coltivate lungo fiume, mentre le donne portavano a lavare i panni alle pozze d’acqua. In questo mondo antico si aggirava sulla sua carrozza una ricca signora, rimasta vedova molto giovane. Quando passava lei gli uomini di ogni età non potevano fare a meno di guardarla a bocca aperta, mentre le donne si segnavano sdegnate.

Era la Busdraga una donna indipendente, lasciva e vanitosa, amava essere ammirata e ricercava il piacere dagli uomini, non curandosi se fossero maritati o meno, e in questo modo si attirava contro le ire delle donne di paese e dei benpensanti ( di cui magari aveva rifiutato le attenzioni). Viveva così, nella sua grande casa alle pendici del monte Prana, nel lusso e nel piacere, aiutata dalla sua bellezza e dalla sua giovinezza.

Ma il tempo inesorabile passava per tutti e lei non ne era esente: una mattina intravide una piccola ruga sul suo viso perfetto, e questo bastò per farla piombare in una profonda depressione. Cosa ne sarebbe stato di lei senza la sua bellezza? Sarebbe rimasta sola e nessuno più l’avrebbe cercata e adorata, e la sua vita non avrebbe più avuto senso! Presa dalla disperazione cercò qualsiasi rimedio per fermare l’avanzare dei segni del tempo sul suo corpo, in una sera di luna piena andò sul monte Procinto per cercare le radici di Mandragora, arrivò fino alla pozza dell’Acquapendente per chiedere alle Fate una magia che la facesse rimanere giovane, ma tutti i suoi tentativi furono vani. Si chiuse in casa con pochi servi, non si recava più in paese per raccogliere consensi e attenzioni maschili, passava le giornate a letto sola e sconsolata.

La cascata dell’Acquapendente, scenario della storia della Busdraga (foto tratta dal sito della Pro Loco di Seravezza)

Poi qualcosa cambiò: la Busdraga riapparve in centro sulla sua carrozza, bella come non era stata mai, mietendo sguardi e attenzioni e tutte le notti si sentivano rumori di festa provenire dalla sua casa. Andò avanti così per anni, senza che il suo aspetto cambiasse: non una ruga, non un capello bianco, neanche un segno di cedimento nel suo bellissimo corpo.

Poi un giorno ci fu silenzio. I camaioresi guardavano con timore a quella casa che all’improvviso era diventata silenziosa, viste le voci che negli anni si erano susseguite sulla condotta immorale della Busdraga, ma qualcuno si fece coraggio ed entrò: quello che si trovarono davanti furono soltanto un mucchio di ossa bruciate, vennero consegnate ai Frati Francescani che le riposero nel chiostro in attesa di una sepoltura. Ma quella notte un fuoco improvviso si scatenò dalla teca dove erano custodite, e la mattina i Frati trovarono soltanto un mucchio di cenere.

Le ceneri della Busdraga vennero sepolte sul monte Prana, e da quella notte c’è chi giura di aver visto aggirarsi sulle pendici del monte una vecchia coperta di stracci bruciacchiati, che cerca inutilmente di stendere un tappeto fatto di fili infuocati e aggrovigliati, tanti quanti erano stati i suoi amanti nei lunghi anni della sua vita. Se all’alba vi capita di guardare i nostri monti, non vi stupite se vedrete una scia di fuoco che attraversa come un lampo le pendici del Prana, è la Busdraga, che stufa del lavoro infinito della notte, prende a calci il tappeto infuocato che le ricorda la sua vita dissoluta.

Elena Covani

(Fonti “Storie e leggende della Versilia”di Paolo Fantozzi Ed. Le Lettere;            “L’Ora del Diavolo” di Alessio Del Debbio Ed. NpS)

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