Riceviamo e pubblichiamo la presentazione di “A tu per tu con il Drago – In giro per ospedali tra fantasticherie e realtà”, il libro uscito in questi giorni su Amazon di Stefano Carlo Vecoli, architetto, pittore, scrittore viareggino. A seguire un’intervista della giornalista Chiara Sacchetti all’autore.
In questi tempi in cui sono frequenti “aggressioni” fisiche e mediatiche ad infermieri/e e dottori/esse, Vecoli nel suo scritto in cui racconta la sua esperienza ospedaliera per prima offre la dedica e ringrazia quanti lavorano nel SSN (Servizio sanitario Nazionale). “A tu per tu con il Drago” è il racconto, in forma ironica, riflessiva, spesso fantastica di 40 giorni di ospedale, e di una operazione importante al cuore, con un percorso che va dal CNR di Pisa, all’OPA di Massa per finire al Don Gnocchi a Marina di Massa.
È un racconto in cui il protagonista narra la vita del paziente in un ospedale, il suo rapporto con il personale ospedaliero, le riflessioni che si alternano nelle lunghe giornate, le problematiche importanti del proprio fisico e il modo umano, professionale, empatico con cui tutti intorno a lui si prodigano per la riuscita migliore del decorso ospedaliero. Ed è dedicato in fondo anche a sé stesso che finalmente dopo molti giorni riprende a vivere in autonomia e a chi attraverserà in futuro un percorso analogo. “A tu per tu con il Drago” una esperienza importante raccontata con la giusta ironia e con un leggero distacco, come se il protagonista fosse uno spettatore e non l’attore principale. Pubblicato su Amazon.
Ma chi è il Drago, rappresentato anche nella copertina da Vecoli stesso?
“E’ un racconto lungo, direi un ‘mémoir’, di avvenimenti personali accadutimi dal 2 maggio al 10 giugno 2021. Il Drago è una trasfigurazione della morte, perché tutta la mia vicenda, un intervento al cuore importante, è trasfigurata un po’ con la fantasia, un po’ con l’umorismo”.
Il libro tocca infatti ben tre importanti strutture sanitarie della zona: il CNR di Pisa, l’OPA di Massa, l’istituto “Don Gnocchi” di Marina di Massa, e anche la prefazione ha un autore originale, Egidio Varone, ovvero un cardiochirurgo che lavora all’OPA.
“Sì è il medico che mi ha operato al cuore e che mi ha incoraggiato alla pubblicazione. In realtà ho riepilogato e trasfigurato tutta la vicenda per me stesso, per non dimenticare quel discrimine, quel prima e dopo della mia vita, poi però ho deciso di pubblicarlo proprio come ringraziamento a tutto il personale sanitario. Io mi sono sentito trattato benissimo, quasi coccolato in certi momenti e credo che non dovremo dimenticare di avere un servizio sanitario nazionale di un certo tipo. Porterò il libro in omaggio anche al ‘San Camillo’ di Vittoria Apuana, perché la vicenda è partita da lì, da quando un medico mi spedì d’urgenza all’Ospedale Versilia, al Pronto Soccorso, accorgendosi che la situazione non era da sottovalutare”.
Nel racconto il personale sanitario è identificato con nomi di fantasia, soprannomi, veri e propri, da dove scaturiscono?
“Non potevo ricordarmi tutti i nomi veri, quindi ho usato i tratti fisici, o gli atteggiamenti, che mi hanno suscitano analogie, come D’Artagnan, un dottore che voleva aspirarmi con una siringa del liquido nel cuore, mentre poi hanno dovuto riportarmi in sala operatoria per la stessa procedura. Qualcuno si riconoscerà, altri no, ma il mio approccio è sempre affettuoso, scherzoso”.
Dunque un libro solo per ringraziare o anche altro?
“Ringraziare e far riflettere: come la vita sia sorprendente e quando affronti una grave malattia inaspettatamente, il cervello diventa come una pallina da flipper che sbatte da una parte all’altra e pensi alle cose comuni che hai sempre rimandato, a questioni importanti e ad altre secondarie nello stesso momento. In ospedale mi sentivo come in una bolla, come se il mondo esterno non esistesse più e ho avuto anche degli effetti allucinogeni strani ma non spiacevoli, come racconto nel libro, probabilmente provocati dai farmaci”.
Dopo una esperienza del genere, quali sono i cambiamenti nella vita quotidiana?
“Intanto la consapevolezza che il ‘Drago’ è molto più vicino di quanto si creda, poi fisicamente non ho la stessa forza di prima. Abito in un appartamento al terzo piano senza ascensore e domando sempre al controllo medico se non sia controindicato; sto bene, ma faccio tutto con maggiore calma. Ed è vero che non si pensa più alla lunga prospettiva ma giorno per giorno. L’anno prossimo compirò 70 anni, il mio obiettivo per ora è quello di festeggiare!”
Chiara Sacchetti