In silenzio, come fosse un fatto normale, senza clamore è riapparso negli Oscar Mondadori “Il clandestino” di Mario Tobino. Pubblicato per la prima volta nel 1962 immediatamente vinse il “Premio Strega”, bissandolo poi con il ”Viareggio”. Avere oggi la possibilità di poterlo rileggere ad oltre settant’anni dalla sua prima edizione, non soltanto costituisce la riproposizione di un autore che costituisce una pietra miliare della narrativa italiana della seconda metà del secolo scorso, ma rappresenta anche e soprattutto una testimonianza ben precisa sulla sua città – ancorché chiamata Medusa – durante il periodo più nero della storia italiana.
Se infatti “Sulla spiaggia e di là dal molo” Viareggio era quella della sua infanzia e quindi dei suoi ricordi, qui è quella reale vissuta in prima persona fra il 1943 e il 1944. Ma c’è da fare un’altra considerazione, ed è quella che “Il clandestino” è il primo vero romanzo di Mario Tobino, con alle spalle una gestazione di circa sei anni, di sospensioni e di riprese, di ripensamenti e di accelerazioni, come del resto è ampiamente dimostrato dal diario che accompagna la sua vita letteraria, e non solo.
Questo spiega in parte le titubanze degli editori, dovute ai pareri discordi di chi ne dovrebbe consigliare la stampa, primo fra tutti Elio Vittorini che, dovendo relazionare la Casa Editrice Mondadori, definisce Tobino “non un grande acquisto”, ma più semplicemente “un buon acquisto”. Ma al di sopra e al di fuori di quanto accadde prima, durante e dopo l’uscita in libreria, “Il clandestino” è il romanzo destinato a segnare lo spartiacque nella produzione letteraria del medico-scrittore e, come del resto si può leggere nell’introduzione di Paola Italia “si potrebbe dire che, là dove il romanzo non aveva colpito la critica, aveva colpito i poeti, e aveva colto profondamente l’animo dei lettori, che furono molti e appassionati: in quindici giorni venne esaurita la prima edizione, a luglio (siamo nel 1962 ndr.) è già stata stampata la terza”.
E’ quindi importante, a questo punto, che dopo oltre sessanta anni dal suo primo apparire in libreria, questo volume – che ebbe un secondo rilancio dopo la sua trasposizione televisiva con il titolo “L’Ammiraglio” – sia nuovamente a disposizione dei lettori, in modo particolare a quelli di Viareggio, che qui viene descritta – attraverso personaggi realmente esistiti, sia pure con pseudonimi, come del resto la città – non con gli occhi del ricordo, ma vissuta nella realtà di quegli anni – di quei mesi – in cui dopo l’oscurantismo fascista tornava a respirare il sapore della libertà. E questo – crediamo – sono rimasti in pochi a ricordarlo. La ristampa de “Il clandestino”, pertanto, non ha soltanto un significato letterario e culturale, ma principalmente storico e conoscitivo di una città che, come del resto in “Sulla spiaggia e di là dal molo”, non esiste più.
“Il clandestino”, fra l’altro, venne a riparare in parte il torto subito nella città natale dal “Premio” a lei intestato per il libro “Le libere donne di Magliano”, la cui giuria non lo prese nemmeno in considerazione, tanto da suscitare le risentite e inascoltate proteste dell’autore. Un “Premio” che poi gli venne conferito una seconda volta con un libro di racconti certamente non all’altezza di uno dei suoi capolavori: “La bella degli specchi”.
Mario Pellegrini