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venerdì, Novembre 22, 2024

Il lavoro e la fatica dell’uomo nelle opere di “Menghino” Lazzarini. Una grande mostra a Villa Paolina

Se c’è una costante nella pittura di Giovanni Lazzarini è quella dell’assenza di un sorriso in tutti i suoi personaggi, colti sempre in un atteggiamento di fatica, di sofferenza, di attesa, sia in mare che in terra. Ma c’è ancora qualcosa di più per il semplice fatto che i suoi volti di uomini di mare sono per lo più tesi a riconquistare la terra, per trovare un attimo di riposo e ritrovare la casa.

Nei volti di Giovanni Lazzarini, infatti, quasi sempre stravolti dalla fatica, sempre si evidenzia una forza di ancestrale volontà che invita non solo a non cedere alle avversità, ma a guardare al futuro, che non sarà certamente fatto di rose e fiori. Per questo non esiste il sorriso nei quadri di un pittore che privilegia di guardare alla sua città attraverso la caratteristica più dura di un piccolo borgo marino, quando la pesca era l’unico modo di sbarcare il lunario. Una Viareggio che non era ancora diventata città nel 1820, e il cui destino non era ancora rivolto alla conquista dei mari con la storica navigazione a vela.

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Ebbene nella mostra antologica allestita nelle sale di Palazzo Paolina visitabile fino al 1° ottobre, è possibile avere un’ulteriore conferma di quanto avevamo già colto in precedenti occasioni, solo che questa volta ne abbiamo avuto un’ulteriore conferma, proprio perché al di fuori (o a complemento) dell’esposizione, ci siamo trovati di fronte a dei pannelli – datati 2001, cioè due anni prima della sua scomparsa, avvenuta il 17 marzo 2003 – in cui “Menghino” (così meglio conosciuto a Viareggio) si lascia andare a composizioni astratte e allegoriche che nulla hanno a che fare con il suo tradizionale pennello (o spatola). Certamente un “divertissement” che di certo costituisce una parentesi molto interessante perché dimostra l’eclettismo di un artista che se vuole esula dal suo naturale e tradizionale discorso pittorico.

Tradizionale discorso pittorico che si riscontra anche nell’affresco eseguito (recentemente restaurato) all’esterno della chiesina della Darsena che, appunto, rappresenta nella sua sintesi quanto espresso nei suoi quadri, cioè l’espressione della fatica e del lavoro nelle sue forme più dure ed espressive, dove sperare nel futuro è come un sogno che scompare alle prime luci dell’alba. Ma non si tratta di una resa alle difficoltà della vita, bensì di una lotta contro il destino, e non è detto che questo alla fine possa prevalere.

Ed è a questo punto che, pur trattando lo stesso argomento, non è che Giovanni Lazzarini appaia ripetitivo perché ogni figura e ogni situazione che viene descritta sulla tela ha una vita propria, un qualcosa che vive in quel momento, come la remata del pescatore o l’espressione della donna e dell’uomo che vendo quanto pescato.

Per completare la presenza di “Menghino” in città, dopo il restauro del “Cristo fra i pescatori” all’esterno della chiesina del porto, ci vorrebbe il più impegnativo restauro dei suoi affreschi all’esterno dell’ex Camera del Lavoro lungo il Canale Burlamacca. Si dice che in proposito ci sia un impegno da parte della nuova proprietà dello stabile, ma per il momento tutto tace. Speriamo in bene.

Mario Pellegrini

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