Paolo Nuti è un pittore viareggino al di fuori del coro. Contrariamente ai suoi concittadini di ieri e di oggi che in genere hanno raffigurati e raffigurano aspetti della città, ma soprattutto della spiaggia e del mare, forse a causa della sua lontananza per insegnare disegno e storia dell’arte per circa quarant’anni, di lui si conosce soltanto un compensato.
“Avevo in casa un imbianchino che per evitare che delle gocce cadessero sul pavimento, aveva messo per terra una tavola di compensato – così ci ha detto Paolo Nuti – . Ebbene alla sera, finita la giornata di lavoro, questo compensato mi apparve tutto macchiato di colore. E fu da quell’osservazione che scattò in me la voglia di trasformare quelle macchie nel porto di Viareggio. Con questo compensato che da macchiato era diventato un dipinto, mi presentai nello studio di Cristoforo Mercati, in arte Krimer, che dopo uno sguardo più o meno interessato, mi disse testualmente ‘io non ti conosco, ma il quadro è molto interessante’. E da quel giudizio partì la svolta che mi ha portato a quello che sono”.
E’ comunque evidente che ciò che è avvenuto dopo deve avere un prima, cioè la scelta di una strada che l’ha portato a ciò che è oggi. “Anche se qualcuno ebbe a dirmi che non sarei mai diventato un pittore, nel 1965 entrati nell’Istituto d’arte ‘Passaglia’ di Lucca dove incontrai – a parte i professori molto validi – dei compagni con cui ho studiato in simbiosi fino al termine del corso”.
A parte questa nota autobiografica che spiega la svolta della sua vita, ci deve essere un perché ha scelto una strada invece di un’altra, come appunto dimostra il fatto di avere dipinto addirittura la strage di Piazza Fontana a Milano. “Per me la luce è un elemento importantissimo perché è un segno di speranza, come nei dipinti di Piero Della Francesca che fra i grandi maestri del Rinascimento è il mio preferito – questa la risposta articolata di Paolo Nuti – . Dal passato nasce il presente e si prefigura il futuro. L’originalità nella pittura sta nella continua ricerca, tanto è vero che è sempre attualissimo ciò che ebbe a dire Rembrandt, e cioè che un quadro può essere ridipinto per tutta la vita. Infatti i giorni che passano sono diversi l’uno dall’altro, perché può cambiare la luce, lo stato d’animo del pittore, l’angolo visuale di chi osserva, anche la scoperta che in alcuni particolari sarebbe stato meglio un colore invece di quello usato in precedenza. Comunque i miei quadri hanno un risvolto metafisico, dove ai fondali descritti nei minimi particolari per inquadrare l’ambiente, contrappongo degli elementi – come barche, uccelli e pesci – che offrono una dimensione tridimensionale ad un insieme che sembra immobile ma che invita ad un futuro movimento”.
Così Paolo Nuti che, quando la sera torna a casa dal suo studio in via Silvio Pellico è contento del lavoro fatto, quando rientra nello studio il giorno successiva non è più dello stesso parere, per cui riprende pennello o spatola per rifare ciò che gli sembrava perfetto. Ed è proprio per questo che la sua è una ricerca continua, quasi ossessiva, fino a che non si ritiene soddisfatto al cento per cento.
Mario Pellegrini