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domenica, Giugno 30, 2024

Quindici anni fa la strage ferroviaria di Viareggio. Il ricordo di quel tragico 29 giugno 2009 e delle 32 vittime

Sono trascorso quindici anni da quella tremenda notte fra il 29 e il 30 giugno 2009, quando poco prima di mezzanotte un folgorante lampo rosso-arancio illuminò Viareggio nella zona della stazione ferroviaria, mentre un secondo dopo un boato squarciò la notte della città. Con mia moglie stavamo tornando da una visita a degli amici abitanti al Marco Polo e stavamo percorrendo la vecchia Aurelia in direzione della stazione. Giunti alla rotonda che la separa dalla via per Camaiore, quindi nei pressi della stazione ferroviaria fummo accecati da un bagliore irreale subito seguito da un boato che ci rintronò. Credo che fummo tra i pochi – se non addirittura i soli – che in diretta assistemmo immoti a quella che poi sarebbe diventata una tragedia. Invece di rincasare istantaneamente decidemmo di andare verso la stazione, ma giunti all’altezza del piazzale Dante dovemmo tornare subito indietro perché stavamo soffocando dall’aria calda e puzzolente che incombeva. Poi fu un suono ininterrotto di sirene che furono ovviamente sentite da tutta Viareggio.

Prima che ci si rendesse conto della causa effettiva di tutto ciò si pensò ad un attentato quando  invece era esploso un carro merci di un treno merci che, viaggiando a velocità sostenuta, trasportava GPL in direzione di Pisa. L’ondata di fuoco sprigionatosi dal carro ed il susseguente spostamento d’aria incendiarono e in parte parte distrussero le case di via Ponchielli che corre lungo la ferrovia, poi si capì che qui e anche sul lato mare della ferrovia erano morte molte persone, mentre altre avrebbero dovuto subire la stessa sorte nei mesi successivi nei diversi ospedali dopo indicibili sofferenze.

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Fu una tragedia dai contorni apocalittici e che a distanza di quindici anni, malgrado un processo senza fine e condanne certamente inadeguate, difficilmente si riesce ancora a comprendere perché imprevista e imprevedibile, le cui gravi responsabilità, purtroppo, trascorrendo gli anni, si sono andate gradatamente complicando e attenuando contemporaneamente attenuando per rogatorie internazionali e corsi e ricorsi senza fine. Tutto infatti è dipeso dalla complessità della materia, dalla burocrazia, dal rimpallo delle colpe, dalle revisioni e dalla manutenzione dei carri svoltasi anche in altri paesi. Non ultima da elementi fissi lungo la ferrovia che forse non avrebbero dovuto esserci. Purtroppo restano le trentadue vittime, i tanti feriti – più o meno gravi – alcuni dei quali portano ancora gli indelebili segni  e soprattutto il dolore dei congiunti che hanno perduto i loro cari senza un perché.                 

Oggi, a parte il cavalcaferrovia in ferro, presso il quale esplose il carro e che ovviamente è stato demolito, i numerosi  danni materiali sono stati riparati, comprese le case di via Ponchielli che, come si è detto, corre parallela lato monte alla ferrovia e che per l’esplosione e l’incendio che ne conseguì, andarono distrutte, dando ovviamente un nuovo volto alla nuova Via Ponchielli. Resta quindi soltanto il dolore dei congiunti che non potrà certo mai essere cancellato, e che nell’associazione “Il mondo che vorrei” tengono vivo il ricordo di questa tragedia, al di sopra e al di fuori di quella retorica che caratterizza sempre le cerimonie commemorative, anche le più sentite.

Senza dimenticare che l’annoso problema della sicurezza nel trasporto delle merci pericolose è un tema che deve essere ancora risolto, in quanto troppi interessi contrastanti si frappongono alla sua risoluzione definitiva. E’ già stato messo a fuoco diverse volte, senza che per il momento siano stati fatti passi avanti per la costituzione di quel centro permanente che avrebbe dovuto portare ad una seria valutazione dei rischi sul trasporto, appunto, delle merci pericolose. Idee e proposte vennero già avanzate nel 2013, ma siamo nel 2024 e siamo sempre al punto di partenza.

L’inesorabile trascorrere del tempo allontana infatti questa tragedia da chi dovrebbe prendere decisioni appropriate, mentre è sintomatico che ogni anno la sera del 29 giugno venga ricordato l’anniversario con una cerimonia pubblica che è immutata nel tempo: trentadue battiti di campana e trentadue nomi letti presso la “Casina dei ricordi” dopo che il solito corteo avrà attraversato le vie della città. Estremamente significativo è invece il sibilo che i macchinisti dei treni lanciano nel corso della giornata al passaggio della stazione e che da quindici anni si ripete in memoria dei trentadue morti che costituiscono il tragico risultato di un’esplosione che – come si è detto – è stata imprevista ed imprevedibile, a parte le colpe che ancora esistono a monte della tragedia.

Mario Pellegrini

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