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venerdì, Novembre 22, 2024

Silvio Micheli, scrittore dimenticato. Con stile neorealista ha raccontato in modo straordinario la “sua” Viareggio

Da Viareggio, sua città natale e in cui è vissuto, Silvio Micheli (1911 – 1990) forse si meritava qualcosa di più del semplice ricordo di chi lo conobbe e ne apprezzò, a suo tempo, la produzione letteraria. Non va infatti dimenticato che con “Pane duro”, edito da “Einaudi” nel 1946 si aggiudicò il prestigioso “Premio Viareggio”. Non è che nel centenario  della nascita – il 2011 – si pretendesse che gli fossero fatti ponti d’oro, ma certamente un più sostanzioso ricordo di quelle “Pagine scelte di Silvio Micheli” che, a cura di Manrico Testi, sono state date alle stampe dalla “Pezzini Editore” (con il determinante contributo delle locali “Croce Verde” e “Lega fra maestri d’ascia e calafati”).

Si è senza dubbio trattato di un’encomiabile e apprezzata iniziativa, ma assolutamente insufficiente al fine di riproporre all’attenzione pubblica, quanto meno a quella viareggina, la figura e l’opera di uno scrittore che ebbe a contribuire non poco alla conoscenza delle leggendarie imprese degli ormai famosi palombari dell’Artiglio – “L’Artiglio ha confessato” (Vallecchi Editore 1960) e della marineria viareggina, esaltandone l’operato attraverso la vita dei suoi capitani – con in testa gli Antonini – con “Gran Lasco” prima e “Una famiglia viareggina nei mari del mondo” (Mursia Editori – 1972) dopo.

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Ebbene, dopo la sua morte avvenuta nel 1990, su Silvio Micheli è gradatamente discesa una coltre di nebbia che ne ha quasi fatto dimenticare non solo gli scritti dedicati alla “sua” Viareggio, ma addirittura la sua presenza nella cultura e nella letteratura quanto meno versiliese. Ed a questo proposito ci sembra opportuno sottolineare che, al di là dei titoli sopracitati, il suo attaccamento alla città è testimoniato dalla rivista di carattere culturale “Darsena Nuova” – un titolo che è tutto un programma – che fondò nell’immediato secondo dopo guerra, ed a cui – fra l’altro – fornirono una spontanea collaborazione alcune delle firme letterarie più prestigiose del momento. E qui vale ricordare che se a Mario Tobino va l’indubbio merito di avere esaltato il lavoro e la vita delle darsene, oltre che della marineria viareggina, attraverso un ricordo affidato all’estro poetico, si deve soltanto alla penna neorealistica di Silvio Micheli – come giustamente viene sottolineato da Manrico Testi, curatore della pubblicazione – se gli stessi argomenti hanno avuto una risonanza più aderente alla realtà. Cioè al come e al perché quelle due realtà vennero vissute in un contesto sociale dove il “pane” era veramente “duro”.  

Pertanto possiamo ben dire che i due scrittori si completano a vicenda, mettendo a fuoco con due stili diversi un’epoca di Viareggio pressoché irripetibile, a dimostrazione che si possono descrivere avvenimenti, cose e fatti a seconda della sensibilità e dell’angolo visuale da cui si guarda. Salva e impregiudicata, però, la loro intrinseca sostanza, perché la storia è quella, e soltanto quella.

Mario Pellegrini            

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