Quattro spettacoli, due venerdì e due sabato, nella piazza della chiesa di Sant’Anna di Stazzema. Il Parco nazionale della Pace, per il terzo anno consecutivo, e quest’anno per celebrare anche l’importante anniversario degli ottanta anni dalla strage nazi-fascista del 12 agosto 1944, organizza nel borgo martire una serie di spettacoli teatrali di elevata qualità. Si tratta del festival teatrale “Quassù su questa terra che racconta”, che rientra nell’iniziativa D come Democrazia e nel progetto Narratori erranti. Si avvicenderanno quattro pièce e tanti attori, come Elisabetta Salvatori, Luca Barsottelli, Alessia Cespuglio e Sara Bevilacqua.
Venerdì 16 agosto alle ore 19 il festival apre con “Non c’è mai silenzio. La strage della stazione di Viareggio”. Uno spettacolo di Elisabetta Salvatori che narra della tragedia del 29 giugno 2009, in cui morirono 32 persone. È il racconto della strada prima dell’incendio, della sua storia e della storia delle persone che ci vivevano. È il ricordo di quella notte ingoiata dal fuoco. È un atto di denuncia. La performance è con gli attori Marco Azzurrini, Luca Barsottelli, Fabrizio Brandi, Elisabetta Salvatori. Violino e chitarra Matteo Ceramelli.
Sempre venerdì, alle ore 21.15, Alessia Cespuglio interpreterà “1922 perché non dobbiamo aprire. Siamo gente perbene”. Qui Irma, una giovane donna, protagonista di questa storia, racconta l’avvento del fascismo e la fine di un Paese libero. Attraverso il suo sguardo il pubblico vivrà alcuni eventi come la scissione del partito Socialista, la nascita degli Arditi del Popolo, gli assassini di Pietro e Pilade Gigli nella loro abitazione. Pietro era segretario provinciale del Partito Comunista d’Italia e Pilade un anarchico.
Sabato 17 agosto, alle ore 19, Sara Bevilacqua sarà sul palcoscenico per recitare “Stoc Dio – 10 Sto Qua”. E’ la storia di Michele Fazio, vittima innocente della Mafia, che non ha ancora compiuto sedici anni quando viene colpito per errore durante un regolamento di conti tra clan rivali, ma soprattutto di Lella, la mamma, la cui vita da quella sera muta radicalmente direzione. Giorno dopo giorno, con la sola presenza di madre ferita, impone le esigenze della giustizia ai clan, denunciando, testimoniando, puntando gli occhi negli occhi di chi vuole imporle il silenzio: io non fuggo, e nemmeno chiudo la porta di casa: “Stoc ddo”.
Alle ore 21,15 di sabato si conclude il festival con lo spettacolo “Albania casa mia”, con Aleksandros Memetai che ne è anche il protagonista reale della storia narrata. Nel 25 febbraio 1991, Albania. Il regime comunista è ormai collassato. Il malcontento del popolo si esprime con manifestazioni, distruzione dei simboli dittatoriali ed esodi di massa, per primo quello di Brindisi. I movimenti politici formatisi cominciano ad agitarsi contro il governo. Le Ambasciate vengono aperte dai rispettivi Paesi e inondate di persone richiedenti asilo. Allora il presidente Ramiz Alia concede il diritto di viaggiare fuori dallo Stato, riaprendo i confini e aprendo il mercato nazionale all’economia libera. Migliaia di persone cercano di scappare verso l’Occidente partendo dai porti di Valona e Durazzo con navi, pescherecci e gommoni diretti verso l’Italia.
Tra questi cè anche Alexander Toto, trentenne che scappa da Valona a bordo del peschereccio “Miredita” (“Buon giorno”) e giunge a Brindisi. Su quel peschereccio cè anche Aleksandros Memetaj, bimbo di 6 mesi. “Albania casa mia” è la storia di un figlio che crescerà lontano dalla sua terra natia, in Veneto, luogo che non gli darà mai un pieno senso di appartenenza. Albania casa mia è anche la storia di un padre, dei sacrifici fatti, dei pericoli corsi per evitare di crescere suo figlio nella miseria di uno Stato che non esiste più; nonché il racconto del suo grande amore nei confronti della propria casa, di grande patriottismo, di elevazione di alcuni valori che in Italia non ritrova più.