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mercoledì, Agosto 13, 2025

Mallegni: “Turismo, non crisi passeggera ma problema strutturale legato a dinamiche economiche profonde”

“L’estate 2025 si è aperta all’insegna di una crescente preoccupazione per il settore turistico italiano, che appare sempre più in affanno. Non si tratta solo di una crisi passeggera, ma di un problema strutturale legato a dinamiche economiche profonde e di lungo periodo. A soffrire non è soltanto il comparto turistico in sé, ma l’intero ecosistema economico nazionale, fondato su un ceto medio sempre più impoverito, su piccole e medie imprese stremate da oneri e costi insostenibili, e su una pressione fiscale che, invece di alleggerirsi, continua a pesare sulle spalle sbagliate” così Massimo Mallegni in una nota sul rapporto tra turismo ed economia. 

Un ceto medio in difficoltà: meno vacanze, meno spesa, più debiti. 

“L’Italia ha sempre contato sul ceto medio come motore dei consumi, compresi quelli turistici – afferma Mallegni- . Oggi, però, questa fascia sociale fatica a sostenere le spese essenziali, figuriamoci quelle considerate “accessorie”, come le vacanze. Le famiglie italiane devono affrontare un aumento esponenziale del costo della vita: mutui più cari, bollette in aumento, inflazione ancora presente nonostante le strette monetarie della BCE. Secondo i dati di Bankitalia, negli ultimi cinque anni gli interessi passivi sui mutui sono cresciuti in media del 40%, erodendo la liquidità delle famiglie e frenando gli investimenti privati. Il costo del denaro, elevato a seguito delle politiche anti-inflazione, ha avuto effetti collaterali gravi: meno consumi, meno risparmio, meno viaggi. Le vacanze diventano così un lusso per pochi, mentre le famiglie guardano con sempre maggiore attenzione al bilancio mensile”. 

Turismo in crisi: un circolo vizioso. 

“Il turismo soffre questa contrazione di spesa. Le mete tradizionali italiane — dalla Versilia alla Maremma — non sono più prioritarie per le famiglie italiane, che oggi si affidano alle logiche delle compagnie low cost: si parte dove costa meno, si prenota last minute, si rinuncia alla vacanza lunga in favore di brevi fughe. Le compagnie aeree low cost dettano ormai l’agenda dei viaggi, sottraendo valore alle economie locali e costringendo le infrastrutture aeroportuali italiane a pagare per essere scelte come destinazione. In questo scenario, le strutture ricettive italiane lottano con margini sempre più ristretti, stretti tra l’esigenza di non perdere clienti e quella di coprire costi crescenti. Le imprese, infatti, non riescono a contenere i costi operativi: il personale costa troppo, la burocrazia frena gli investimenti, e le tasse locali — dalla TARI all’IMU, passando per imposte regionali e addizionali comunali — soffocano ogni margine di guadagno. Un paradosso, se si considera che molti Comuni italiani chiudono i bilanci con avanzi milionari: come se l’obiettivo della pubblica amministrazione fosse fare profitto, e non fornire servizi”. 

Il cuneo fiscale: timidi passi avanti, ma non per tutti. 

“Il governo ha recentemente varato una riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti, una misura che ha certamente portato un po’ di sollievo, ma che non ha riguardato le imprese. Eppure sono proprio le piccole e medie imprese — che costituiscono oltre il 90% del tessuto produttivo italiano — a subire il carico fiscale più elevato e i costi fissi più gravosi. Secondo i dati di Confcommercio, le PMI italiane pagano una pressione fiscale reale che supera il 60% degli utili, e sono costrette a investire più in adempimenti burocratici che in sviluppo. In questo contesto, molte imprese aumentano i prezzi dei beni e dei servizi per sopravvivere. Ma l’aumento dei prezzi, in un mercato dove i consumatori sono sempre più poveri, non fa altro che peggiorare la situazione. È il classico cane che si morde la coda”. 

Il denaro digitale: spesa invisibile, bilanci in rosso. 

“A complicare il quadro c’è l’uso sempre più diffuso del denaro elettronico. Il pagamento con smartphone e carte, oggi prevalente, ha generato un’illusione di spesa “leggera”. Ma alla fine del mese, il conto arriva, spesso salato. Abbonamenti digitali, piattaforme streaming, acquisti online compulsivi: tutti piccoli costi che, sommati, rappresentano una parte crescente della spesa familiare. Non è raro che le famiglie si trovino a dover scegliere tra un viaggio e l’abbonamento a una piattaforma, tra un week-end fuori e le rate di un servizio digitale”. 

La necessità di un cambio di rotta. 

“Questa fotografia racconta di un’Italia stanca, svuotata, in cerca di una direzione. Un’Italia in cui i figli se ne vanno all’estero, attratti da stipendi più alti e da un sistema fiscale meno oppressivo, e in cui le vacanze si riducono a brevi momenti rubati a un presente incerto. Serve un cambio di paradigma. Bisogna ridurre davvero la pressione fiscale, semplificare la burocrazia, sostenere le imprese, ridare forza al ceto medio. Non basta vantarsi di bilanci pubblici in attivo: è necessario redistribuire, investire, garantire servizi e abbassare le tasse dove possibile. Serve, in altre parole, uno Stato che sia alleato di famiglie e imprese, non un avversario. Forse, come suggerisce una riflessione amara ma realistica, è tempo di tornare a una vita più semplice: meno consumismo digitale, più contatto con la realtà, più attenzione alle spese e un recupero della sobrietà economica. Una sobrietà che non è povertà, ma capacità di vivere bene con ciò che si ha, senza essere schiavi di abbonamenti, algoritmi o pagamenti invisibili”. 

Conclusione 

“Il turismo è lo specchio dell’economia: se le famiglie non possono più permettersi le vacanze, significa che qualcosa nel modello economico si è rotto. E oggi è evidente che quel ‘qualcosa’ ha a che fare con scelte politiche, strutture economiche obsolete e una gestione pubblica che troppo spesso ignora i reali bisogni dei cittadini. Buona estate a tutti. E, per chi può, buone vacanze”, chiude Massimo Mallegni. 

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