Forte dei Marmi celebra uno dei più grandi maestri dell’arte italiana, Mimmo Rotella, con una grande mostra ordinata negli spazi espositivi di Villa Bertelli. L’artista italiano, amico di Pollock, Rauschenberg e Twombly, conosciuto in tutto il mondo, è stato un vero genio rivoluzionario e grande anticipatore dei tempi.
Oggi la sua arte sta conoscendo un percorso internazionale di riscoperta, a cominciare da questa mostra straordinaria che con 45 opere storiche e capolavori assoluti racconta quel genio poliedrico che fu Mimmo Rotella attraverso le tecniche e i gesti che caratterizzano la sua opera. Mimmo Rotella è stato uno tra i più grandi protagonisti mondiali del secondo Novecento: a New York è in corso una grande mostra che mette in risalto le sue opere, in parallelo a Forte dei Marmi. New York è stata negli anni ’50 e ’60 una seconda casa per Rotella, sempre ospite dei suoi amici Andy Warhol, Jeanne-Claude e Christo.
Mimmo Rotella il genio poliedrico è curata da Edoardo Falcioni, promossa da Villa Bertelli, Comune di Forte dei Marmi, Fondazione Mimmo Rotella e coprodotta con Oblong Contemporary Art Gallery di Dubai e Forte dei Marmi. La rassegna è sotto il Patrocinio di Regione Toscana e Provincia di Lucca, ed è sponsorizzata da Hublot, Bartorelli Gioiellerie, Ciaccio Arte – Broker Insurance Group.
L’autore
Mimmo Rotella ha saputo creare una gamma infinita di sfumature artistiche e innovazioni stilistiche, declinabili in numerosi ambiti adoperati in circa sessanta anni di carriera, mostrandosi così già̀ nell’immediato dopo guerra al pubblico e alla critica come un “grande scopritore di tecniche e tipologie pittoriche”.
Tra queste possiamo annoverare gli esordi con la pittura e il disegno tradizionale di stampo figurativo e poi astratto-geometrico nella seconda metà degli anni Quaranta quando cominciò a frequentare gli esponenti del Gruppo Forma 1, l’invenzione del décollage (forse l’innovazione a cui il Maestro rimarrà̀ più̀ affezionato durate tutta la sua carriera, e che lo consacrerà̀ quale figura di spicco dell’arte contemporanea) e parallelamente quella dei retro d’affiches, i riporti fotografici che rappresentano principalmente reportages socio- politici e ritratti di colleghi e amici, gli artypos realizzati scegliendo in tipografia fogli di stampa utilizzati per gli avviamenti di macchina e sui quali venivano stampate immagini a caso, successivamente trasportate dall’artista su supporti come tela o plastica, i frottages e gli effaçages in cui la cromia delle immagini rappresentate subisce un impoverimento nel primo caso, un vivace decolorimento invece nel secondo, i blanks in cui vengono creati dei vuoti di immagine applicando fogli monocromi sopra i manifesti, le nuove icone che rappresentano un’evoluzione dei blanks in chiave decisamente più Pop, e le sovrapitture su tela o lamiera, senza poi tralasciare tutta una serie di invenzioni che hanno a che fare con l’eredità di matrice prettamente duchampiana del ready- made e della scultura dada.
Rotella è stato in grado, sin dagli esordi negli anni ‘40, di appropriarsi di decennio in decennio di nuovi medium e innovazioni tecnico-stilistiche con cui ha progredito in una crociata artistica del tutto slegata dalla prigionia di una definizione o etichetta: nonostante intorno al 1960/1961 aderisca al Nouveau Réalisme (pur non avendo espresso alcun dissenso verso le prime rassegne organizzate dal critico francese Pierre Restany nel 1960, parteciperà̀ alla prima manifestazione ufficiale della nuova corrente soltanto nel Maggio del 1961, a Parigi), divenendo così l’unico italiano a far parte del movimento, egli passò alla storia come un artista estremamente poliedrico, capace di spaziare tra diversi stilemi artistici: scegliendo di non limitarsi soltanto ad una sola tecnica o ad uno stile specifico, ma al contrario sperimentando sempre nuove strade, egli è riuscito a fondere insieme diversi elementi ed influenze per creare così un linguaggio artistico unico e personale, capace di includere al suo interno tutte le diverse pulsioni creative.
Ed è stato proprio Restany sul finire degli anni ’90 a descrivere Rotella come “mezzo secolo di cultura urbana”, alludendo così all’intervento che l’artista ha saputo compiere nei confronti del proprio tempo portando, fin dalle sue prime ricerche nell’immediato dopo-guerra, un respiro internazionale sulla scena artistica italiana, ancora imbrigliata tra Astrazione e Realismo.
In questo senso, l’artista non si pone soltanto come un genio rivoluzionario ma anche come un vero e proprio anticipatore: se nella New York degli anni Ottanta sarà̀ dato risalto a un nuovo linguaggio proveniente dai graffiti e dall’arte di strada, già̀ trent’anni prima Rotella fu in grado di appropriarsi del manifesto stradale come simbolo di una coniugazione urbana rappresentativa del boom economico e della crescente euforia di quegli anni per narrare al pubblico una poesia visiva tutta sua, proveniente dalla strada ma arricchita dall’intervento dell’artista stesso nel suo studio.
La mostra
La mostra di Forte dei Marmi si sofferma, in particolare, sulle tecniche utilizzate da Rotella nel corso della sua produzione artistica e della sua ricerca in arte.
Il percorso espositivo parte dai Décollages storici e retro d’affiches, che raccontano l’atto rotelliano di strappare i manifesti dalle strade per poi elaborarli e trasporli su supporti come tele e carte e creare così opere d’arte presentate come pittoriche: il décollage, la cui parabola verrà̀ celebrata nel 1962 presso la Galleria J di Parigi in una mostra dal titolo “Cinecittà”. L’altra grande innovazione concepita durante la prima metà degli anni ’50 è rappresentata dai retro d’affiches: opere realizzate mediante i manifesti strappati dalle strade ma, in questo caso, “manipolati ed elaborati” al retro della carta, spesso caratterizzata dalla presenza di colla, ruggine ed altre imperfezioni capaci di evocare la grandezza della materia così come esaltata da Rotella.
La mostra procede con l’esposizione degli Artypos. L’artypo rappresenta un’innovazione di linguaggio che andrà̀ a costituire “il massimo raggio di esplorazione di tutta l’opera di Rotella”. Le prime opere realizzate con questa innovativa tecnica, nacquero dall’intuizione di utilizzare gli scarti della tipografia nelle arti visive, e vennero esposti per la prima volta al pubblico nella retrospettiva al Teatro La Fenice di Venezia nel 1966, con un successo critico immediato che, oltre a sancire il definitivo superamento della pittura e l’avvento di un nuovo tipo di arte “meccanica” distinta dalle tecniche serigrafiche in auge negli Stati Uniti, questi lavori permettono a Rotella di soffermarsi, come già̀ accaduto con i décollages più figurativi, sul mondo della pubblicità̀ commerciale, qui decomposto per essere successivamente rielaborato e privato del suo significato originale, e per assumere così un nuovo valore estetico.
Ulteriore sezione riguarda le nuove icone: si tratta di opere che prendono forma attraverso la sovrapposizione di ritagli monocromi su immagini pubblicitarie rappresentanti icone del cinema o della cultura popolare, utilizzati qui come veri e propri frammenti da ricomporre in un nuovo contesto. In questo modo, Rotella trasforma gli oggetti di consumo e le icone del suo tempo in veri e propri simboli dell’immaginario collettivo. Con le sovrapitture Rotella ha integrato la sua tecnica originaria iniziando ad eseguire delle sovrapitture su décollage: partendo dagli strappi effettuati sui manifesti, ha implementato nel suo modus operandi la presenza del gesto pittorico puro, andando così a rappresentare figure che richiamano le “tracce della tradizione”, per citare Achille Bonito Oliva, ed instaurare di conseguenza un procedimento dialettico tra décollage e pittura. Per riprendere sempre l’opinione del critico padre della Transavanguardia, è emblematico il paragone tra il graffito e la sovrapittura: se il primo è un gesto forte che parte dall’istintività̀, nel secondo caso possiamo invece riscontrare una “prevalenza della pittura e di un linguaggio espressivo”. L’ultima parte della mostra tratta dei Décollages recenti: le muse ispiratrici di Rotella. L’artista, attento osservatore della società̀ dello spettacolo e del glamour, fino agli ultimi lavori eseguiti poco prima della sua morte, avvenuta nel 2006, vede nel cinema la sua più grande fonte di ispirazione, cui si aggiunge la passione per il mondo della moda e della creatività̀ in generale. Sono opere di matrice decisamente Pop e figurativa che concludono e completano questa mostra e che dimostrano e mettono in risalto la fenomenologia culturale rotelliana con i suoi perenni rimandi al cinema e allo spettacolo in generale.
Informazioni
La mostra è a ingresso libero. È aperta al pubblico tutti i giorni nei seguenti orari:
- maggio, giugno, settembre dalle 16:00 alle ore 19:00;
- luglio e agosto dalle 17:00 alle 22:00
Resta chiusa nei giorni dei concerti di Villa Bertelli Live 2023.