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venerdì, Giugno 13, 2025

“Perspicilli Stories”, al Museo Ugo Guidi le “Storie degli Occhiali” dell’artista Clara Mallegni

Il Museo Ugo Guidi – MUG di Forte dei Marmi taglia il traguardo delle 200 mostre e dei 20 anni di attività presentando le opere di Clara Mallegni dal titolo “Perspicilli Stories” – “Storie degli Occhiali”, sia al museo che al Logos Hotel. La mostra, introdotta da Vittorio Guidi, ha una presentazione critica di Massimo Bertozzi. Presenzierà Mario Locatelli, presidente MUG 2 di Massa, con un intervento sugli occhiali.

La rassegna presenta una produzione d’arte legata alla contemporaneità della figura femminile e maschile colti in un’indagine stilistica che si rende patente e necessaria a suggerire nella ricerca della postura, in un gesto o uno sguardo sempre concreto il proprio elemento e soggetto narrativo, di ‘conversazione’.

Caratterizzato da accenni di musicale partitura o senzienti brevi adagi ritmici a ricordare il legame con le affissioni pubblicitarie d’autore, permeate dal senso dell’uso del collage come forma d’espressione -consacrata e legata all’universo artistico delle collocazioni e dalle alternanze di tipo linguistico- le opere di Clara Mallegni ci narrano in chiave moderna di identità e di importanti nessi casuali in un intreccio di Stories, per una mostra d’arte che racchiude somiglianze e confronti dal palpabile contenuto stilistico.

Uno sguardo di interesse per l’estetica anni ‘90, per le produzioni di moda anglo americane dichiaratamente esplicitate e fascinosamente dipinte con cura ravvisabile, le proposte figurazioni -poliedriche e ammiccanti, creazioni di ladies in costante dinamismo e vivace risoluzione estetico- prospettica- o ritratti di personaggi illustri, creati da Clara Mallegni, (artista e direttore del museo dedicato al maestro Ugo Guidi), risolvono e decifrano schemi interpretativi, ponendo degli interrogativi sempre brillanti al loro soggetto di interlocuzione.

Quale sarà il tributo o quesito maggiore di carattere morale legato alla tendenza e alla contemporaneità di una moda di pura classe, in grado di bilanciare tradizione e divertimento, che da sempre ha scelto e discusso il suo protagonismo in ambito creativo?

La risposta è una sfilata di volti noti dell’arte in un omaggio grato alla collettività per un oggetto di lusso che si trasforma in soggetto narrativo, in una cornice di intenso lirismo d’impatto, formalizzata certamente dalle correnti pop moderne ma in primo luogo la trattazione di un lungo concerto di immagini studiate, di uomini e di donne, di visi non stigmatizzati dal tempo, colti piuttosto nelle loro poliedricità e capacità di innovazione;  creazioni compiute e risolte graficamente con la tecnica mista di collage e tempera che ci mostrano le loro capacità di arguire con sottile ironia e celare le doti di savia bellezza e intelleggibile gusto estetico, concretizzato in una scoperta costante e riproposte con vivido tocco e accenti di colore- grazie ai loro ‘sgargianti e sempreverdi’ ‘Occhiali da sole passpartout’.

Un motivo e una scelta della scultrice Clara Mallegni, valorizzata in questa esposizione, a cura di Massimo Bertozzi, che si fa testimonianza di storie di volti d’arte, vere e concrete immersioni, con ragione estetica e tempi e modi di esposizione ‘fotografici’, contenuto necessario per non dimenticare il valore sensibile caro all’oggetto ormai noto e designare l’aspetto plastico e dettame artistico a lui consacrato.

La nota critica di Massimo Bertozzi

“Noi siamo speciali, portiamo gli occhiali…cantava Herbert Pagani in una delle sue strambe escursioni nel versante frivolo del pop nostrano. Già… e chi se ne ricordava più? E ci viene facile dirla stramba proprio perché ricondotta al clima compostamente giovanilista, con cui il mercato culturale cercava di adeguarsi alle turbolente contestazioni che scuotevano le fondamenta delle regole sociali. Stramba soprattutto perché proposta da un “agitatore” della cultura popolare europea, che era, senza darlo ad intendere, un impresto mediterraneo, un meteco di natura, ma senza boria e senza piagnistei: nato in Libia, a Tripoli, un calderone di genti e culture, cacciato ancora bambino perché ebreo, che ebbe una precoce acculturazione europea, tra Svizzera, Austria e Germania, per poi recuperare una patria d’affezione, a Parigi prima e dopo a Milano, “in Lombardia che è casa mia”. Pittore di fantasia e illustratore visionario, e poi autore di teatro prima ancora che chansonnier e animatore radiofonico e televisivo. A lui dobbiamo tra l’altro la conoscenza di Le plat pays di Jaques Brel, “in Lombardia che è casa mia”, e di Les amants d’un jour di Edit Piaf, quell’Albergo a ore che in Italia cantarono un po’ tutti.

È con lui che gli occhiali, da canzonatorio strumento di mortificazione, diventano suggestione poetica e allusione a un altro e diverso modo di guardare il mondo. C’è una sua scultura, Occhiali d’oro, messa su con una vecchia scarpa di cuoio a figurare una faccia, dove l’apertura alla caviglia, riempita di poliuretano, ha funzione di bocca e con sopra la tomaia aperta, che fa da naso per dare appoggio a un paio di occhiali da sole, di platica gialla e senza lenti, e sopra in alto una spazzola a fare da capigliatura: una “performance” in bilico plastica tra ready made e arte povera, insomma la chiara espressione di un’anima pop.

Questa scultura è riemersa dalla memoria guardando il Paese dei balocchi di Clara Mallegni, dove risuona il raglio del somaro, scaturito da un muso che non è propriamente da ciuchino, come quello acquisito da Pinocchio, ma un solenne ghigno d’asino, spudorato e ghignante, che cela la sua sfacciataggine dietro le lenti di un paio di occhiali, costosi e di marca, e anche per questo arroganti e spocchiosi. Dove l’idea pop, che pure è organica alla proposizione figurativa di Mallegni, – il volto plastificato di Marylin è un’icona perpetua di un’epoca – si incarna nella continua riproposizione di un simbolo della modernità: gli occhiali da sole, che nel caso di Miss America proteggono lo sguardo dalla luce ma non mettono al riparo i pensieri dalla preveggenza di disastri futuri, come la tragedia delle due torri. Così che questi occhiali sono in ogni caso una sovrapposizione, sempre un po’ posticci, talvolta fuori posto, oltre che “fuori misura”. Come gli occhiali, troppo grandi e pesanti, della statua più famosa della Madonna, con le lenti che mostrano, specchio di immane dolore, l’immagine della madre di tutte le madri, piegata dalla Pietà per il figlio morto, che mentre conserva il volto di ragazza, rifiuta di mostrare lo sguardo di allora, già appannato da profetiche premonizioni. Lo stesso sguardo di quando di quando, quasi irritata dal richiamo dell’Angelo, pensava di poter rifiutare l’idea stessa della maternità, e con essa il carico di responsabilità e di affanni che gliene sarebbero derivati, come se per scacciare i pensieri bastasse chiudere gli occhi dietro le lenti scure, per non sentire oltre che per non vedere…E così per quanto la piega, unica, lineare, ancora fresca di stiratura, del velo sul capo della Nunziatina di Antonello, sembrerebbe alludere a pensieri limpidi e trasparenti, al contrario dell’avviluppato panneggio sulla testa della madre della Pietà vaticana, quello che accomuna le due figure e il nascondimento dello sguardo, dietro occhiali che non sono più un segno di richiamo, quanto piuttosto il desiderio di prendere le distanze dal mondo.

Così che Monna Lisa si consola con la sua “fuga d’amore”, tra le braccia di Vincenzo Peruggia, e che la Dama dell’Ermellino si inquieta al solo pensiero di un Monumento all’ago e al filo, e qualcun’altra si ammanti di frivolezze, tanto che, vada come vada, anche la vita è un po’ una cavolata.

Insomma, queste immagini non si disegnano ma si impiantano per concetti, per quanto poi non possa esistere una pittura di sole idee e bisogna che a supportarla ci sia sempre un “saper fare”, non solo per assemblare oggetti e materiali diversi, ma soprattutto per impastare e amalgamare tecniche diverse.

Senza pretendere di risolvere le ambiguità dello sguardo, e provando a convivere con altri punti di vista; considerato che stiamo parlando di occhiali, sarà facile accettare che due semplici pezzi di vetro funzionino talvolta come un filtro, riparo alla luce e alle intrusioni da fuori, e tal altra come una lente, un incentivo a vedere il mondo con gli occhi della mente.”

Informazioni

L’esposizione al MUG sarà visitabile in seguito su appuntamento al telefono 348-3020538 o  museougoguidi@gmail.com. Il Museo è in via Matteo Civitali, 33 – Forte dei Marmi. E al Logos Hotel, via Mazzini 153 di Forte dei Marmi con orario continuato.

Info sul sito www.museougoguidi.it

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